Blog di Krugman

L’esportazione della stagnazione europea (11 marzo 2015)

 

Mar 11 8:06 am

Exporting Europe’s Stagnation

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Watch that plunging euro! Actually, it’s good news for Europe. European growth numbers have been better lately, and the weak euro — which makes EZ manufacturing and other tradables more competitive — is surely a large part of the explanation. Not so good for Japan or the US. But how should we think about this?

It’s more or less standard international macro that with high capital mobility and floating exchange rates, demand shocks in any one country or region will be “shared” with other countries. If you have exceptionally strong demand, your currency will rise, crimping your own growth while boosting growth abroad; if you have exceptionally weak demand, you will get partial compensation via a weaker currency that helps net exports. Such effects can be offset with interest rate changes if you’re not at the zero almost lower bound, but we are.

But how much of a demand shock is shared? I argued about a month ago that it depends on the extent to which the shock is perceived as temporary versus permanent. In an idealized world permanent shocks should be fully shared — that is, permanently weak demand in Europe should hurt the United States just as much as it does Europe.

So, can we say anything about how the recent move in the euro fits into this story? One way, I’d suggest, is to ask how much of the move can be explained by changes in the real interest differential with the United States. US real 10-year rates are about the same as they were in the spring of 2014; German real rates at similar maturities (which I use as the comparable safe asset) have fallen from about 0 to minus 0.9. If people expected the euro/dollar rate to return to long-term normal a decade from now, this would imply a 9 percent decline right now.

What we actually see is almost three times that move, suggesting that the main driver here is the perception of permanent, or at any rate very long term European weakness. And that’s a situation in which Europe’s weakness will be largely shared with the rest of the world — Europe will have its fall cushioned by trade surpluses, but the rest of us will be dragged down by the counterpart deficits.

Now, this is not how most analysts approach the problem. They make a forecast for the exchange rate, then run this through some set of trade elasticities to get the effects on trade and hence on GDP. Such estimates currently indicate that the dollar will be a moderate-sized drag on US recovery, but no more. What the economic logic says, however, is that if that’s really true, the dollar will just keep heading higher until the drag gets less moderate.

 

La esportazione della stagnazione europea

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Guardate che crollo l’euro [1]! Effettivamente, è una buona notizia per l’Europa. I dati sulla crescita europea sono stati migliori di recente, e l’euro debole – che rende il settore manifatturiero dell’eurozona ed altri prodotti commerciabili a livello internazionale più competitivi – costituisce certamente larga parte della spiegazione. Ma cosa dovremmo pensare di tutto questo?

E’ più o meno la normale macroeconomia internazionale che spiega come con un’alta mobilità dei capitali e tassi di cambio fluttuanti, gli shock della domanda in un paese o in una regione sono destinati ad essere “condivisi” con altri paesi. Se si ha una domanda eccezionalmente forte, la valuta sale, da un parte ostacolando la vostra crescita e dall’altra incoraggiando la crescita estera; se si ha una domanda eccezionalmente debole, avrete un parziale compenso attraverso una valuta più debole che aiuta le esportazioni nette. Tali effetti possono essere bilanciati con cambiamenti nei tassi di interesse se non si è ad un limite quasi più basso dello zero nei tassi di interesse, ma noi siamo a quel punto.

Ma quanta parte dello shock della domanda viene condiviso? Come ho sostenuto circa un mesa fa, ciò dipende dalla misura nella quale lo shock è percepito come provvisorio, ovvero come permanente. In un mondo teorico shock permanenti dovrebbero essere pienamente condivisi – vale a dire, una domanda permanentemente debole in Europa dovrebbe danneggiare gli Stati Uniti nello stesso modo in cui danneggia l’Europa.

Possiamo dunque dire qualcosa sul modo in cui i recenti movimenti dell’euro si adattano a questo racconto? Direi che un modo è chiedersi quanto i movimenti possono essere spiegati da mutamenti nel differenziale dei tassi di interesse con gli Stati Uniti. I tassi reali decennali degli Stati Uniti sono grosso modo gli stessi che erano nella primavera del 2014; i tassi reali della Germania con una scadenza simile (che io utilizzo come asset paragonabilmente sicuri) sono caduti dallo 0 al meno 0,9. Se le persone si aspettano che il rapporto tra euro e dollaro torni nel lungo termine normale di qua ad un decennio, questo comporterebbe un declino del 9 per cento a partire da oggi.

Quello che osserviamo è un movimento tre volte superiore, il che indica che il fattore principale, in questo caso, è la percezione di una debolezza europea permanente, o comunque a lunghissimo termine. E quella è una situazione nella quale la debolezza dell’Europa è destinata ad essere ampiamente condivisa dal resto del mondo – l’Europa vedrà la sua caduta attenuata dai surplus commerciali, ma il resto del mondo verrà trascinato dai deficit della controparte.

Ora, non è questo il modo nel quale gran parte degli analisti approcciano il problema. Essi fanno una previsione per il tasso di cambio, poi riprovano qualche serie di elasticità del commercio per ottenere gli effetti sul commercio e di conseguenza sul PIL. Tali stime indicano che il dollaro avrà un effetto di trascinamento di moderata dimensione sulla ripresa statunitense, ma non di più. Quello che la logica economica, tuttavia, ci dice, se ciò è realmente vero, è che il dollaro continuerà a salire sinché il trascinamento non diventa meno moderato.

 

[1] Il diagramma è relativo all’evoluzione del tasso di cambio tra dollaro ed euro.

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Commenti dei Lettori (2)

  1. Alessio says:

    Non sarebbe più corretto tradurre il titolo in “L’esportazione della stagnazione dell’Europa”? O volendo anche “L’esportazione della stagnazione europea”? Ad ogni modo ringrazio chi si cura di questo sito per l’ottima opera di divulgazione che offre.

     
    • mm says:

      Hai ragione! Grazie 2,
      Marco Marcucci

       

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