Letture e Pensieri sparsi, di Marco Marcucci

Una storia dal vivo dell’eccezionalismo americano. Aprile 2015

Una storia dal vivo dell’eccezionalismo americano.

z 641Il sottotitolo di questo bel libro è “Viaggi senza John” e John è Steinbeck, che nel 1960 intraprese – su un camper che chiamò Rocinante e con il suo cagnetto Charley, ma anche con qualche interruzione vacanziera con la moglie, che ogni tanto lo soccorreva nelle località più attraenti – un lungo viaggio dentro gli Stati Uniti, dal New England, dove abitava, a nord, quindi attraverso la regione dei laghi, poi attraversando tutti gli Stati al confine col Canada, scendendo sulla costa del Pacifico sino a Los Angeles, e infine riattraversando l’intero paese dal lato degli Stati meridionali. L’idea di Geert Max è stata, cinquanta anni dopo, nel 2010, di ripetere quel viaggio, ma il dialogo con il libro Steinbeck di solito non è molto più che un pretesto. Semmai il dialogo è con l’America degli anni ’60 (evento di partenza prescelto: il famoso confronto televisivo tra Kennedy e Nixon, passato alla storia perché viene considerata la prima occasione nella quale la televisione esercitò il suo immenso potere, in quel caso ai danni di un Nixon stanco e sudaticcio); ma in generale l’autore ci conduce per un sentiero assai più lungo, e interessante, che è insieme geografico, storico e socio economico. Se c’è un filo rosso di questo viaggio, direi, è quello delle ragioni e dei pretesti dell’ “eccezionalismo” americano. E l’autore sembra dialogare forse più con Alexis Tocqueville che con Steinbeck.

Si tratta, come si intuisce, di una complicata architettura multipla. In essa si salta in continuazione di palo in frasca, dalla personale storia letteraria di Steinbeck a quella della Guerra Civile e delle meno note ragioni dell’altra guerra minore del 1812, allorquando Stati Uniti e Canada presero due strade diverse; dal crollo incredibile di città come Detroit – che aveva 2 milioni di abitanti all’epoca del viaggio di Steinbeck, e 700 mila all’epoca del viaggio di Geert Max – all’impressionante fenomeno sociale della migrazione della popolazione nera dal sud alle grandi città del nord (che si prolungò ben dopo la fine della Guerra Civile, in fondo perché le speranze che la sua conclusione aveva prodotto al Sud non vennero mantenute, ma fu forse più decisiva della Guerra stessa, perché cambiò la cultura, la lingua, il modo di vestire, di cantare e di ballare …. Si consideri che nel 1910 viveva al nord il 10% della popolazione nera, nel 1970 era diventato quasi la metà); dagli episodi inauditi della storia della persecuzione razziale (tra il 1882 ed il 1959 furono linciati 3.446 neri, 154 donne, due terzi dei quali negli Stati meridionali), al clima di formidabile conferma delle aspirazioni di una società della “classe media” che seguì alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con l’impennata demografica del baby-boom e con una prolungata tendenza alla maggiore eguaglianza sociale, che in fondo fornì la base alla modernità americana di quei decenni ed a tutta la laicità ed al senso di libertà che l’America tornò a rappresentare per il mondo intero (salvo riperderle nei vari episodi di vera e propria incomprensione imperiale del mondo, dal Vietnam all’America centrale all’Iraq, e riacquistarle nella favola del “primo Presidente di colore” Barack Obama). E, in mezzo a tutto questo, la rivisitazione di personaggi dell’intellettualità e della politica americana, come Sinclair Lewis oppure Theodor Roosevelt e il successivo marito della sua nipote prediletta, Franklin Delano, riscoperti nei contesti dei luoghi dove erano nati ed avevano vissuto.

Un libro che si vorrebbe studiare, in conclusione, perché ogni due pagine scoperchia intuizioni e notizie che aprono l’intelligenza, ma che non si può studiare, per la natura avvincente del racconto e la quantità smisurata di storie che racconta. E, alla fine, si resta con la sensazione che l’ “eccezionalismo” americano sia in fondo questo: una ricchezza difficilmente esprimibile di opportunità, bastante a superare tutte le sfide, salvo la difficoltà, in tanta ricchezza, di capirsi ed anche la difficoltà, talora ancora più maligna, a capire le storie degli altri.

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