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L’americano insicuro, di Paul Krugman (New York Times 29 maggio 2015)

 

The Insecure American

MAY 29, 2015

Paul Krugman

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America remains, despite the damage inflicted by the Great Recession and its aftermath, a very rich country. But many Americans are economically insecure, with little protection from life’s risks. They frequently experience financial hardship; many don’t expect to be able to retire, and if they do retire have little to live on besides Social Security.

Many readers will, I hope, find nothing surprising in what I just said. But all too many affluent Americans — and, in particular, members of our political elite — seem to have no sense of how the other half lives. Which is why a new study on the financial well-being of U.S. households, conducted by the Federal Reserve, should be required reading inside the Beltway.

Before I get to that study, a few words about the callous obliviousness so prevalent in our political life.

I am not, or not only, talking about right-wing contempt for the poor, although the dominance of compassionless conservatism is a sight to behold. According to the Pew Research Center, more than three-quarters of conservatives believe that the poor “have it easy” thanks to government benefits; only 1 in 7 believe that the poor “have hard lives.” And this attitude translates into policy. What we learn from the refusal of Republican-controlled states to expand Medicaid, even though the federal government would foot the bill, is that punishing the poor has become a goal in itself, one worth pursuing even if it hurts rather than helps state budgets.

But leave self-declared conservatives and their contempt for the poor on one side. What’s really striking is the disconnect between centrist conventional wisdom and the reality of life — and death — for much of the nation.

Take, as a prime example, positioning on Social Security. For decades, a declared willingness to cut Social Security benefits, especially by raising the retirement age, has been almost a required position — a badge of seriousness — for politicians and pundits who want to sound wise and responsible. After all, people are living longer, so shouldn’t they work longer, too? And isn’t Social Security an old-fashioned system, out of touch with modern economic realities?

Meanwhile, the reality is that living longer in our ever-more-unequal society is very much a class thing: life expectancy at age 65 has risen a lot among the affluent, but hardly at all in the bottom half of the wage distribution, that is, among those who need Social Security most. And while the retirement system F.D.R. introduced may look old-fashioned to affluent professionals, it is quite literally a lifeline for many of our fellow citizens. A majority of Americans over 65 get more than half their income from Social Security, and more than a quarter are almost completely reliant on those monthly checks.

These realities may finally be penetrating political debate, to some extent. We seem to be hearing less these days about cutting Social Security, and we’re even seeing some attention paid to proposals for benefit increases given the erosion of private pensions. But my sense is that Washington still has no clue about the realities of life for those not yet elderly. Which is where that Federal Reserve study comes in.

This is the study’s second year, and the current edition actually portrays a nation in recovery: in 2014, unlike 2013, a substantial plurality of respondents said that they were better off than they had been five years ago. Yet it’s startling how little room for error there is in many American lives.

We learn, for example, that 3 in 10 nonelderly Americans said they had no retirement savings or pension, and that the same fraction reported going without some kind of medical care in the past year because they couldn’t afford it. Almost a quarter reported that they or a family member had experienced financial hardship in the past year.

And something that even startled me: 47 percent said that they would not have the resources to meet an unexpected expense of $400 — $400! They would have to sell something or borrow to meet that need, if they could meet it at all.

Of course, it could be much worse. Social Security is there, and we should be very glad that it is. Meanwhile, unemployment insurance and food stamps did a lot to cushion unlucky families from the worst during the Great Recession. And Obamacare, imperfect as it is, has immensely reduced insecurity, especially in states whose governments haven’t tried to sabotage the program.

But while things could be worse, they could also be better. There is no such thing as perfect security, but American families could easily have much more security than they have. All it would take is for politicians and pundits to stop talking blithely about the need to cut “entitlements” and starting looking at the way their less-fortunate fellow citizens actually live.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’americano insicuro, di Paul Krugman

New York Times 29 maggio 2015

L’America rimane un paese molto ricco, nonostante i danni provocati dalla Grande Recessione e dalle sue conseguenze. Ma molti americani sono economicamente insicuri, hanno poca protezione dai rischi della vita. Frequentemente fanno esperienza di difficoltà finanziarie; molti non prevedono di essere in condizione di godere di una pensione, e se lo saranno avranno poco per vivere, oltre alla Previdenza Sociale.

Spero che molti lettori non trovino sorprendente quello che ho appena detto. Ma anche troppi americani benestanti – e, in particolare, i componenti della nostra classe dirigente politica – sembrano non percepire come vive l’altra metà dei cittadini. E questa è la ragione per la quale la lettura di un nuovo studio sul benessere finanziario delle famiglie americane, a cura della Federal Reserve, dovrebbe essere prescritta negli ambienti della Capitale.

Prima di passare a quello studio, poche parole sulla spietata noncuranza così diffusa nella nostra vita politica.

Non sto parlando, o almeno non solo, del disprezzo della destra per i poveri, sebbene sia impressionante osservare l’influenza di un conservatorismo così insensibile. Secondo il Pew Research Center, più di tre quarti dei conservatori credono che i poveri “se la passino bene” grazie ai sussidi governativi; solo uno su sette crede che i poveri “conducano vite difficili”. E questa mentalità si traduce nella politica. Quello che si capisce dal rifiuto degli Stati governati dai repubblicani ad ampliare Medicaid [1], anche se il conto sarebbe stato pagato dal Governo federale, è che punire i poveri è diventato un obbiettivo in sé, qualcosa che merita di essere perseguito anche se, invece di aiutare, danneggia i bilanci degli Stati.

Ma lasciamo da una parte i conservatori dichiarati ed il loro disprezzo per i poveri. Quello che è realmente sorprendente è il distacco tra il senso comune di coloro che politicamente si collocano al centro e la realtà della vita – e della morte – di gran parte della nazione.

Si prenda, come un primo esempio, la posizione sulla Previdenza Sociale. Per decenni, la volontà esplicita di tagliare i sussidi della Previdenza Sociale, particolarmente elevando l’età del pensionamento, è stata quasi un requisito indispensabile – un distintivo di serietà – per gli uomini politici ed i commentatori che volevano apparire saggi e responsabili. Dopo tutto, le persone vivono più a lungo, dunque dovrebbero lavorare più a lungo, non è così? E la Previdenza Sociale non è un sistema datato, che ha perso i contatti con le realtà economiche odierne?

Nel frattempo, la realtà è che vivere più a lungo nella nostra sempre più ineguale società è in gran parte una faccenda di classe: l’aspettativa di vita ai 65 anni [2] è cresciuta molto tra i benestanti, ma in dimensioni del tutto insignificanti per la metà della popolazione che percepisce salari più bassi, vale a dire per coloro che hanno soprattutto bisogno della Previdenza Sociale. E se il sistema pensionistico che introdusse Franklin Delano Roosevelt può sembrare passato di moda a professionisti ricchi, esso è quasi letteralmente un’ancora di salvezza per molti nostri concittadini. Una maggioranza degli americani sopra i 65 anni ottiene più della metà del proprio reddito dalla Previdenza Sociale, e più di un quarto si affida quasi completamente a quegli assegni mensili.

Alla fine, questi dati di fatto può darsi che stiano in qualche misura entrando nel nostro dibattito politico. Di questi tempi sembra si senta meno parlare di tagli alla Previdenza Sociale, e notiamo che viene prestata una qualche attenzione alle proposte di aumenti dei sussidi, in considerazione della erosione delle pensioni private. Ma la mia sensazione è che a Washington non ci sia ancora alcuna idea delle realtà dell’esistenza di coloro che non sono ancora vecchi. Ed è qua che interviene lo studio della Federal Reserve.

Siamo al secondo anno di tale ricerca, e l’edizione attuale per la verità ritrae una nazione in ripresa: nel 2014, diversamente dal 2013, una sostanziale maggioranza degli intervistati ha affermato di star meglio di cinque anni orsono. Tuttavia è impressionante quanto poco margine di tolleranza ci sia nelle esistenze di molti americani.

Apprendiamo, ad esempio, che tre americani non anziani su dieci hanno affermato di non aver risparmi da parte per l’età pensionabile né pensioni vere e proprie, e che la stessa percentuale ha riferito di aver proceduto senza alcun genere di assistenza sanitaria nell’anno passato giacché non potevano permettersela. Quasi un quarto hanno riferito di aver conosciuto, loro o un altro componente della loro famiglia, difficoltà finanziarie nell’anno passato.

E un’altra cosa mi ha persino spaventato: il 47 per cento ha affermato di non possedere le risorse per far fronte ad una spesa inattesa di 400 dollari – 400 dollari! Avrebbero dovuto vender qualcosa, o indebitarsi per affrontare quel bisogno, ammesso che fossero stati nelle condizioni di farlo.

Naturalmente, potrebbe andare molto peggio. La Previdenza Sociale esiste, e dovremmo esser contenti che ci sia. Nel frattempo, l’assicurazione di disoccupazione ed i sussidi alimentari hanno aiutato molto le famiglie nell’attenuare gli aspetti peggiori della Grande Recessione. E la riforma sanitaria di Obama, per quanto imperfetta, ha grandemente ridotto l’insicurezza, specialmente negli Stati i cui Governi non hanno cercato di sabotare il programma.

Ma se le cose avrebbe potuto essere peggiori, avrebbero anche potuto essere migliori. Non esiste qualcosa come la completa sicurezza, ma le famiglie americane potrebbero facilmente avere maggiore sicurezza di quella che hanno. Tutto quello che servirebbe è che i politici ed i commentatori la smettessero di parlare spensieratamente del bisogno di tagliare i ‘diritti sociali’ e cominciassero ad occuparsi di come effettivamente vivono i loro concittadini meno fortunati.

 

[1] La riforma sanitaria di Obama, come abbiamo riferito altre volte, prevedendo l’obbligatorietà della assicurazione sanitaria per tutti, ha anche previsto sussidi pubblici per coloro che non potevano permettersi tali spese. Un altro modo per aiutare tali soggetti è stato quello di consentire un ‘ampiamento’ del raggio di azione di Medicaid, ovvero dello specifico programma sanitario per i meno abbienti. Ma tale ‘ampiamento’ – pur essendo finanziato dal Governo federale – avrebbe dovuto essere accolta dagli Stati regionali, la qualcosa in genere è stata impedita negli Stati a maggioranza repubblicana. Ovvero, si sono rifiutati i sussidi dello Stato federale, pur di non aiutare la povera gente.

[2] Questo dato, della aspettativa di vita a 65 anni, è importante e da noi se non sbaglio praticamente inutilizzato. L’aspettativa media di vita “a 65 anni” significa quanti anni in media i sessantacinquenni possono pensare ancora di vivere. Quindi non si riferisce alla aspettativa di vita globale che si ha alla nascita, ma alla aspettativa di vita residua che si ha a quell’età. È chiaro che da 65 anni in poi, alcuni fattori demografici che aumentano la vita media rispetto ad alcuni decenni orsono, ad esempio la riduzione della mortalità natale e neonatale, non hanno più effetti statistici. Ma soprattutto, tale dato, se viene incrociato con la condizione sociale del soggetto (cosa che alla nascita non si può stimare, essendo teoricamente possibile che uno diventi povero come miliardario), mostra differenze di classe impressionanti. Si scopre che questa aspettativa di vita, almeno negli USA, è cresciuta in modo insignificante per i più poveri, mentre è cresciuta molto per i benestanti.

 

 

 

 

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