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Manichini per scontri simulati come candidati repubblicani alla Presidenza, (di Paul Krugman 28 agosto 2015)

 

Crash-Test Dummies as Republican Candidates for President

AUG. 28, 2015

Paul Krugman

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Will China’s stock crash trigger another global financial crisis? Probably not. Still, the big market swings of the past week have been a reminder that the next president may well have to deal with some of the same problems that faced George W. Bush and Barack Obama. Financial instability abides.

So this is a test: How would the men and women who would be president respond if crisis struck on their watch?

And the answer, on the Republican side at least, seems to be: with bluster and China-bashing. Nowhere is there a hint that any of the G.O.P. candidates understand the problem, or the steps that might be needed if the world economy hits another pothole.

Take, for example, Scott Walker, the governor of Wisconsin. Mr. Walker was supposed to be a formidable contender, part of his party’s “deep bench” of current or former governors who know how to get things done. So what was his suggestion to President Obama? Why, cancel the planned visit to America by Xi Jinping, China’s leader. That would fix things!

Then there’s Donald Trump, who likes to take an occasional break from his anti-immigrant diatribes to complain that China is taking advantage of America’s weak leadership. You might think that a swooning Chinese economy would fit awkwardly into that worldview. But no, he simply declared that U.S. markets seem troubled because Mr. Obama has let China “dictate the agenda.” What does that mean? I haven’t a clue — but neither does he.

By the way, five years ago there were real reasons to complain about China’s undervalued currency. But Chinese inflation and the rise of new competitors have largely eliminated that problem.

Back to the deep bench: Chris Christie, another governor who not long ago was touted as the next big thing, was more comprehensible. According to Mr. Christie, the reason U.S. markets were roiled by events in China was U.S. budget deficits, which he claims have put us in debt to the Chinese and hence made us vulnerable to their troubles. That almost rises to the level of a coherent economic story.

Did the U.S. market plunge because Chinese investors were cutting off credit? Well, no. If our debt to China were the problem, we would have seen U.S. interest rates spiking as China crashed. Instead, interest rates fell.

But there’s a slight excuse for Mr. Christie’s embrace of this particular fantasy: scare stories involving Chinese ownership of U.S. debt have been a Republican staple for years. They were, in particular, a favorite of Mitt Romney’s campaign in 2012.

And you can see why. “Obama is endangering America by borrowing from China” is a perfect political line, playing into deficit fetishism, xenophobia and the perennial claim that Democrats don’t stand up for America! America! America! It’s also complete nonsense, but that doesn’t seem to matter.

In fact, talking nonsense about economic crises is essentially a job requirement for anyone hoping to get the Republican presidential nomination.

To understand why, you need to go back to the politics of 2009, when the new Obama administration was trying to cope with the most terrifying crisis since the 1930s. The outgoing Bush administration had already engineered a bank bailout, but the Obama team reinforced this effort with a temporary program of deficit spending, while the Federal Reserve sought to bolster the economy by buying lots of assets.

And Republicans, across the board, predicted disaster. Deficit spending, they insisted, would cause soaring interest rates and bankruptcy; the Fed’s efforts would “debase the dollar” and produce runaway inflation.

None of it happened. Interest rates stayed very low, as did inflation. But the G.O.P. never acknowledged, after six full years of being wrong about everything, that the bad things it predicted failed to take place, or showed any willingness to rethink the doctrines that led to those bad predictions. Instead, the party’s leading figures kept talking, year after year, as if the disasters they had predicted were actually happening.

Now we’ve had a reminder that something like that last crisis could happen again — which means that we might need a repeat of the policies that helped limit the damage last time. But no Republican dares suggest such a thing.

Instead, even the supposedly sensible candidates call for destructive policies. Thus John Kasich is being portrayed as a different kind of Republican because as governor he approved Medicaid expansion in Ohio, but his signature initiative is a call for a balanced-budget amendment, which would cripple policy in a crisis.

The point is that one side of the political aisle has been utterly determined to learn nothing from the economic experiences of recent years. If one of these candidates ends up in the hot seat the next time crisis strikes, we should be very, very afraid.

 

 

 

 

Manichini per scontri simulati come candidati repubblicani alla Presidenza, di Paul Krugman

28 agosto 2015

Il crollo azionario cinese farà da innesco ad un’altra crisi finanziaria globale? Probabilmente no. Eppure, le grandi oscillazioni del mercato della settimana scorsa ci hanno ricordato che il prossimo Presidente potrebbe ben misurarsi con qualcuno degli stessi problemi che hanno affrontato George W. Bush e Barack Obama. L’instabilità finanziaria continua.

Dunque, questo è un test: come risponderebbero gli uomini e le donne che potrebbero essere alla presidenza, se scoppiasse una crisi durante il loro mandato?

E la risposta, almeno per lo schieramento repubblicano, pare essere: con sbruffonate e botte sulla Cina. Non c’è il minimo segno che nessuno dei candidati repubblicani comprenda il problema, o le iniziative che potrebbero essere necessarie se l’economia del mondo inciampasse in un’altra buca.

Si prenda, ad esempio, Scott Walker, il Governatore del Wisconsin. Il signor Walker si pensava fosse un concorrente formidabile, un componente di quella “ricca panchina” di Governatori attuali o passati, che sanno dove metter le mani. Quale è stato, dunque, il suo suggerimento al Presidente Obama? Che domanda, cancellare la visita programmata in America da parte del leader cinese Xi Jinping. Questo avrebbe sistemato ogni cosa!

Poi c’è Donald Trump, il quale non disdegna di prendersi una pausa occasionale dalle sue invettive contro gli immigrati per lamentare il fatto che la Cina sta approfittando della debole leadership dell’America. Potreste pensare che una economia cinese che perde i sensi si adatti malamente a quella concezione del mondo. Niente affatto, ha semplicemente dichiarato che i mercati degli Stati Uniti sembrano in difficoltà perché Obama ha consentito alla Cina di “dettare l’agenda”. Cosa significa? Io non ne ho idea – ma non ce l’ha neppure lui.

Per inciso, cinque anni fa c’erano ragioni reali per lamentarsi della sottovalutata moneta cinese. Ma l’inflazione in Cina e la ascesa di nuovi competitori ha largamente eliminato quel problema.

Tornando alla “ricca panchina”: Chris Christie, un altro Governatore che non molto tempo fa veniva pubblicizzato come il prossimo astro nascente, è stato più comprensibile. Secondo il signor Christie, la ragione per la quale i mercati statunitensi sono stati messi in subbuglio dagli eventi in Cina sono stati i deficit di bilancio degli Stati Uniti, che secondo lui ci hanno messo in debito verso la Cina e di conseguenza ci hanno reso vulnerabili alle loro difficoltà. La qualcosa quasi si eleva al livello di una spiegazione economica coerente.

Il mercato statunitense ha avuto una caduta perché si sono interrotti i crediti agli investitori cinesi? Per la verità, no. Se il problema fosse stato il nostro debito verso la Cina, avremmo visto i tassi di interesse degli Stati Uniti avere un’impennata, al momento del crollo cinese. Invece i tassi di interesse sono caduti.

C’è però una leggera scusante al fatto che il signor Christie abbia sposato questa particolare fantasia: da anni i racconti terribili sulla proprietà cinese dei titoli del debito statunitense sono stati una costante dei repubblicani. Furono in particolare il tema favorito della campagna elettorale di Mitt Romney nel 2012.

E se ne capiscono le ragioni. “Obama sta mettendo in pericolo l’America indebitandosi con la Cina” è una linea politica perfetta, che sfrutta il feticismo sul deficit, la xenofobia e l’eterna pretesa secondo la quale i democratici non difendono l’America. Niente di meno! Anche questo non ha la minima logica, ma non sembra avere importanza.

In sostanza, dire cose insensate sulle crisi economiche è una credenziale obbligata per chiunque speri di ottenere la nomination alla presidenza nel campo repubblicano.

Per comprendere il motivo dovete tornare alla situazione politica del 2009, quando la nuova Amministrazione Obama stava cercando di fare i conti con la crisi più terribile dagli anni ’30. L’Amministrazione uscente di Bush aveva già architettato il salvataggio delle banche, ma la squadra di Obama rafforzò questo sforzo con un programma provvisorio di spesa pubblica in deficit, mentre la Federal Reserve cercava di sostenere l’economia acquistando una grande quantità di asset.

Ed i repubblicani previdero un disastro a tutto campo. La spesa in deficit, sostennero in continuazione, avrebbe spinto i tassi di interesse alle stelle e provocato la bancarotta: gli sforzi della Fed avrebbero “tolto valore al dollaro” e generato una inflazione fuori controllo.

Non accadde niente del genere. I tassi di interesse rimasero molto bassi, lo stesso fece l’inflazione. Ma il Partito Repubblicano, dopo sei anni pieni di sbagli su tutto, non ha mai riconosciuto che quelle cose negative non sono accadute, e non ha neppure mostrato alcuna disponibilità a ripensare le dottrine che lo portarono a quelle pessime previsioni. Invece, i personaggi che dirigono quel partito hanno continuato a parlare, anno dopo anno, come se i disastri che avevano previsto stessero effettivamente avvenendo.

Ora abbiamo avuto un promemoria che qualcosa come quell’ultima crisi potrebbe rimanifestarsi – il che significa che potremmo aver bisogno di ripetere le politiche che hanno contribuito a limitare il danno, l’ultima volta. Ma nessun repubblicano oserebbe suggerire una cosa del genere.

Persino i candidati ai quali viene attribuito maggior senno, si pronunciano per politiche distruttive. Cosicché, John Kasich viene descritto come un repubblicano diverso perché come Governatore ha approvato nello Stato dell’Ohio l’ampiamento di Medicaid, ma la sua iniziativa caratterizzante è la proposta di un emendamento per il pareggio di bilancio, che in caso di crisi paralizzerebbe il governo.

Il punto è che una parte dello schieramento politico non ha avuto alcuna esitazione nel rifiutare ogni insegnamento dalle esperienze economiche degli anni recenti. Se uno qualsiasi di questi candidati si ritrovasse nel posto cruciale la prossima volta che scoppia una crisi, ci sarebbe davvero da avere molta paura.

 

 

 

 

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