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Paul Ryan, l’infatuazione centrista (dal blog di Krugman, 10 ottobre 2015)

 

Paul Ryan, Centrist Crush

October 10, 2015 11:12 am

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The centrist view of politics

 

If Paul Ryan has any sense of self-preservation — and that is one thing he surely has — he will look for any way possible to avoid becoming Speaker. The hard right is already attacking him, essentially accusing him of not being sufficiently crazy, and they’re right. On policy substance he’s totally an Ayn Rand-loving, reward-the-rich and punish-the-poor guy, but so are lots of other Republicans; what they want is someone willing to go along with kamikaze tactics, and he isn’t. His fall from grace would be swift.

But if Ryan isn’t distinctive in his political positions, why does he loom so large within his party? The answer is that he’s more or less unique among extreme right-wingers in having the approbation of centrists, especially centrist pundits. That is, he’s a big man within the GOP because people outside seem to approve of him. And it’s important to ask why.

What you need to understand about political commentary these days — including the de facto commentary that poses as news analysis, or even reporting — is that most of the people doing it have both a professional and an emotional stake in portraying the two parties as symmetric, equally good or bad on policy issues and general behavior. To stray from this pose of even-handedness is to be labeled a partisan — and to admit that the parties aren’t the same, after all, would mean admitting that you’ve been wrong about the most basic features of the situation for years.

Unfortunately for professional centrists, the parties aren’t remotely symmetric. Compare the policy proposals Hillary Clinton has been releasing with those being put out even by establishment Republican candidates like Rubio and Bush. Whether you like Clinton’s proposals or not, there’s some serious wonkery behind them, and they’re the kind of thing you could easily imagine being put into effect. Meanwhile, even the supposedly moderate GOPers are peddling voodoo, puppies, and rainbows. What’s a professional centrist to do?

The answer is that he or she desperately needs to find conservatives they can take seriously, people who produce policy ideas that, even if you don’t support their priorities, add up and generally make sense. And that’s Paul Ryan’s game: he has put himself forward as the serious, honest conservative of centrists’ dreams, someone they can cite approvingly as a way of showing their centrism and open-mindedness.

And it has been a stunningly successful act. In his heyday, Ryan was the object of an immense, indeed embarrassing, media crush — the word “love” came up a lot.

But Ryan didn’t step into that role by actually being a serious, honest conservative; he just played one on TV. If you knew anything at all about budgeting, you soon realized that his supposedly responsible fiscal proposals were stuffed full of mystery meat. He knew how to game the system, creating the impression that CBO had vetted his plans when it had done no such thing (and in fact hinted broadly that the whole thing was a crock). But there’s never been any indication that he actually knows how to produce a budget — and in any case, giant tax cuts for the rich and fiscal responsibility are fundamentally incompatible.

So Ryan’s current stature is really quite curious, and I’d argue quite fragile. He has been a highly successful con artist, pretending to be the reasonable conservative centrists desperately want to see; he has become a power within his party because of that external achievement. But he’s not a true hero of the crazy right; he’s valued mainly because of his successful con job on the center. So he doesn’t have a reserve of goodwill from the crazies that would let him be, well, not crazy. On the other hand, if he were to be the kind of speaker the crazies want, he would undermine that all-important centrist approbation. Being off to the side, pretending to be dealing thoughtfully with important policy issues, was where he needed to be; moving to the speaker’s chair would be a lose-lose proposition.

 

Paul Ryan, l’infatuazione centrista

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Il punto di vista centrista della politica

 

Se Paul Ryan ha un qualche istinto di autoconservazione – e certamente è qualcosa che possiede – cercherà in ogni modo possibile di evitare di diventare speaker. La destra dura lo sta già attaccando, in sostanza accusandolo di non essere a sufficienza folle, ed ha ragione. Nella sostanza politica egli è anima e corpo un appassionato di Ayn Rand, premiare i ricchi e punire la povera gente, ma tali sono un gran numero di altri repubblicani; quello che la destra vuole è qualcuno che sia disponibile a procedere con tattiche da kamikaze, e lui non è un tipo del genere. La sua caduta in disgrazia sarebbe repentina.

Ma se il tratto distintivo di Ryan non sono le sue posizioni politiche, perché è talmente ingombrante all’interno del suo partito? La risposta è che, tra le persone della destra, egli è più o meno l’unico ad avere l’approvazione dei centristi, specialmente dei commentatori centristi. Ovvero, è una persona importante all’interno del Partito Repubblicano perché, all’esterno, sembra abbia l’approvazione della gente. Ed è importante chiedersi perché.

Quello che c’è bisogno di comprendere nei commenti politici di questi giorni – inclusi i commenti che in sostanza si presentano come analisi di notizie, o persino come resoconti – è che gran parte delle persone che li fanno hanno un interesse sia professionale che psichico nel ritrarre i due partiti come simmetrici, in egual modo buoni o cattivi sui temi della politica o sulla condotta generale. Allontanarsi da questo atteggiamento di imparzialità è destinato ad essere etichettato come fazioso – e ammettere che i partiti non sono gli stessi, dopo tutto, equivarrebbe ad ammettere che si è avuto torto da anni sugli aspetti più rilevanti.

Sfortunatamente per i centristi di professione, i partiti non sono neanche lontanamente simmetrici. Si confrontino le proposte politiche che Hillary Clinton viene rilasciando con quelle rese pubbliche persino dai candidati del gruppo dirigente repubblicano come Rubio e Bush. Che vi piacciano o no le proposte della Clinton, dietro di esse c’è una qualche seria competenza, e si tratta del genere di cose che potete facilmente immaginare siano traducibili in atti. Nel frattempo, anche gli esponenti repubblicani presentati come moderati spacciano “voodoo, cuccioli ed arcobaleni” [1]. Cosa deve fare un centrista di professione?

La risposta è che quel centrista, uomo o donna, ha bisogno disperatamente di trovare conservatori che possano essere presi sul serio, persone che producano idee politiche che, se anche non siete favorevoli alle loro priorità, abbiano una loro logica e in generale abbiano un senso. Ed è quello il gioco di Paul Ryan: egli si propone come il serio, onesto conservatore dei sogni dei centristi, qualcuno che essi possano citare a riprova del loro centrismo e della loro larghezza di vedute.

E quel comportamento ha avuto un successo sbalorditivo. Al suo apice, Ryan è stato oggetto di una immensa infatuazione, persino imbarazzante, da parte dei media – la parola “amore” spuntava in continuazione.

Ma in effetti Ryan non è entrato in quel ruolo come serio ed onesto conservatore; l’ha semplicemente recitato nelle televisioni. Se sapevate qualcosa di bilanci, capivate subito che le sue presunte responsabili proposte di finanza pubblica erano piene zeppe di ingredienti di incerta provenienza. Egli sapeva come prendersi gioco del sistema, creando l’impressione che l’Ufficio Congressuale del Bilancio avesse certificato i suoi programmi quando non aveva fatto niente del genere (di fatto, in termini generali, aveva accennato al fatto che l’intera faccenda era una scemenza). Ma non c’è stata mai alcuna indicazione che egli effettivamente sapesse come produrre un bilancio – e in ogni caso giganteschi sgravi fiscali per i ricchi e responsabilità finanziaria sono due cose fondamentalmente incompatibili.

Dunque la levatura effettiva di Ryan è davvero abbastanza particolare, direi anche abbastanza fragile. Egli è stato un artista dell’inganno di grande successo, fingendo di essere quel ragionevole conservatore che i centristi disperatamente volevano riconoscere; è diventato una potenza all’interno del suo partito a causa di questo risultato esterno. Ma egli non è un vero eroe della destra più stravagante; è apprezzato principalmente per la sua ingannevole prestazione di successo al centro. Dunque egli non gode di una riserva di benevolenza da parte dei pazzi che gli consentirebbe, diciamo così, di non essere pazzo. D’altra parte, se fosse il genere di Presidente della Camera che i pazzi vogliono, manderebbe in frantumi quella indispensabile approvazione centrista. Starsene ai margini, fingendo di misurarsi pensosamente con temi politici importanti, era dove era necessario che si collocasse: spostarsi sulla poltrona di Presidente sarebbe una proposta in pura perdita.

 

[1] “Voodoo” è, come si sa, l’economia voodoo, ovvero principalmente l’idea, da Reagan in poi, che grandi sgravi fiscali ai redditi più alti producano, alla fine, vantaggi per tutti.

I “cuccioli e gli arcobaleni” vengono invece precisamente  da un articolo di Josh Barro sul New York Times del 15 marzo 2015. In quell’articolo, Barro descriveva in tal modo le proposte di sgravi fiscali di Marco Rubio (e del Senatore Mike Lee), in quanto orientate a grandi sgravi fiscali sia sulle famiglie ordinarie che sui redditi più alti. Gli sgravi fiscali sui ceti medi avrebbero facilitato il “regalare un cucciolo ai figli”, quelli sui ricchi avrebbero consentito ai più ricchi di trovare la ‘pentola d’oro’ delle novelle, alle fine dell’arcobaleno.

 

 

 

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