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Il mio problema con l’unicorno (dal blog di Krugman, 16 febbraio 2016)

 

My Unicorn Problem

February 16, 2016 10:01 am

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It has been an interesting few months on the progressive side of the political debate, and I mean that in the worst way. A significant number of progressives are very, very excited by the unexpected support for Bernie Sanders, and are shocked and horrified to find many — I think most — liberal policy wonks rather skeptical. For me this is somewhat familiar territory: I was skeptical about Barack Obama’s promises of transcendence back in 2008, too. And then as now a fair number of enthusiasts took no time at all to declare that I was a corrupt villain, a tool of the oligarchs, desperate for a job with Hillary etc.. OK, this too shall pass. But I thought it might be worth saying a bit more about where people like me find ourselves.

First of all, to say what should be but sometimes apparently isn’t obvious, what you would ideally want and what you think can be achieved — and even what you think should be an election platform — aren’t the same thing. What I and most of my wonk friends would like to see is what the late Robert Heilbroner used to call Slightly Imaginary Sweden — or these days, maybe Diversified Denmark. That is, a strong social safety net that protects everyone against avoidable misery, workers with substantial bargaining power, strong environmental policy; not an equalized society, not a Utopia, but someplace where basic decency is a fundamental principle.

But nothing like that is going to happen in America any time soon. If we’re going to have any kind of radical change in the next few years and probably the next couple of decades, it will come from the right, not the left.

As Matt O’Brien rightly said recently, even the incremental changes Hillary Clinton is proposing are very unlikely to get through Congress; the radical changes Bernie Sanders is proposing wouldn’t happen even if Democrats retook the House. O’Brien says that the Democratic primary is “like arguing what’s more real: a magical unicorn or a regular unicorn. In either case, you’re still running on a unicorn platform.” This is, alas, probably true: the platforms of the candidates are better seen as aspirational than as programs at all likely to happen.

But in that case, why not go for the magical unicorn? A couple of reasons.

One is that there are degrees of realism: a program that could be implemented in part if Democrats retake the House might turn out to be a useful guide relatively soon, while a program that requires a political revolution won’t.

Another is that, perhaps inevitably, the Sanders insistence on the need for magical unicorns has led to invocations of economic as well as political magic. I warned a while back that even Sanders wasn’t willing to level with voters about what his ideals would require — that, in particular, he was assuming unrealistic savings in order to gloss over the reality that quite a few middle-class Americans would be net losers from a transition to single payer. I’m not alone in raising such concerns, and not just about the health plan.

And this could matter a lot in a general election. For sure the Republican, whoever he is, will be offering plans that are obvious nonsense; but if the Democrat is also offering a plan that doesn’t add up, you know that the media will portray the situation as symmetric, even if it isn’t. (And it wouldn’t be: whatever is problematic about the Sanders platform, GOP fantasies are in a whole other league.) This is why it’s important to bring up the criticisms of Sanders now, not wait until later — and it’s also why the campaign’s knee-jerk response of attacking the messengers is such a bad one. It might work in the primary, but it definitely won’t work later on.

OK, so I’m not happy with magical unicorns as a campaign strategy. But I understand the problem, which is also the problem Clinton faces: among young people in particular, being a wet blanket is no way to be hugely popular. “No, we can’t — at best, maybe a little” isn’t all that inspiring to people who want uplift. Realistically, the slogan should actually be “They shall not pass”, which actually could be inspiring. But that’s probably for the general.

This poses an interesting problem for Clinton — who will, if nominated, be pretty good at portraying herself as the defender of Obama’s achievements, but needs to get to that point. Can she try to match Sanders in uplift? Probably not, because it would be insincere and come off that way. She’s a veteran of many years of partisan trench warfare, of personal vilification, of seeing how hard positive change is (and yes, some of that applies to me too, although not to remotely the same degree.) She’s not going to be able to promise magic without being obviously false. Sanders, on the other hand, probably believes what he’s saying; the rude awakening still lies ahead.

Now, Clinton will probably get the nomination — in part because African-American voters, much more than young whites, know all too well how hard it is to achieve change. So far, at least, polls don’t show Sanders making major inroads in the minority vote. And, as I said, she’s actually pretty well-positioned for the general.

But you see the problem. It’s a rough time for progressives who don’t believe in magic.

 

Il mio problema con l’unicorno

Sono stati mesi notevoli per il dibattito politico sul versante dei progressisti, e lo dico nel senso peggiore. Un significativo numero di progressisti sono moltissimo eccitati dall’inaspettato sostegno a Bernie Sanders, e sono sbigottiti ed atterriti nel trovare molti – io penso la maggioranza – degli esperti politici liberal piuttosto scettici. Per me, si tratta di una esperienza familiare: anche nel passato 2008 fui scettico sulle promesse di cose straordinarie di Barack Obama. Ed allora come adesso ad un discreto numero di entusiasti non ci volle niente per dire che io ero un perfido corrotto, uno strumento delle oligarchie, alla ricerca disperata di un posto di lavoro con Hillary etc. Va bene, tutto questo passerà. Eppure ho pensato che poteva valere la pena di dire qualcosa di più sulle cose nelle quali la gente come me si riconosce.

Prima di tutto, per dire quello che dovrebbe essere ma in apparenza non è ovvio, che quello che si vorrebbe idealmente e quello che si pensa sia possibile realizzare – persino quella che si pensa dovrebbe essere una piattaforma elettorale – non sono la stessa cosa. Quello che io e la maggioranza dei miei amici esperti in vari campi vorrebbero vedere è quello che l’ultimo Robert Heilbroner [1] era solito chiamare una Svezia Leggermente Immaginaria – oppure, di questi tempi, una Danimarca un po’ più varia. Cioè, una forte rete di sicurezza sociale che protegga tutti contro la miseria che si può evitare, lavoratori con un potere contrattuale vero, una forte politica ambientale; non una società egualitaria, non una Utopia, ma un qualche luogo nel quale una dignità di fondo sia un principio fondamentale.

Eppure niente del genere è destinato ad accadere in America, in breve tempo. Se nei prossimi anni, forse nel prossimo ventennio, ci toccherà un qualche genere di mutamento radicale, esso verrà da destra, non da sinistra.

Come Matt O’Brien ha giustamente detto di recente, persino i cambiamenti progressivi che Hillary Clinton sta proponendo è molto improbabile che passino dal Congresso; i cambiamenti radicali che Bernie Sanders sta proponendo non si avrebbero neppure se i democratici riconquistassero la Camera dei Rappresentanti. O’Brien sostiene che le primarie democratiche sono come “dibattere di cosa sia più realistico: un unicorno magico oppure un unicorno normale. In ogni caso, si sta andando avanti con una piattaforma dell’unicorno”. Questo, ahimè, è probabilmente vero: le piattaforme dei candidati si possono considerare più come aspirazioni che come programmi di cose destinate ad accadere.

Ma in quel caso, perché non indirizzarsi sull’unicorno magico? Per un paio di motivi.

Uno è che ci sono diversi gradi di realismo: un programma che potrebbe essere realizzato in parte se i Democratici riconquistano la Camera potrebbe rivelarsi in un tempo relativamente breve un indirizzo utile, mentre un programma che richiede una rivoluzione politica non sarà tale.

Un altro motivo è che, forse inevitabilmente, l’insistenza di Sanders sul bisogno di magici unicorni ha portato alla invocazione di magie, sia economiche che politiche. Ho messo in guardia un po’ di tempo fa che persino Sanders non era disponibile ad essere sincero con gli elettori su quello che i suoi ideali richiederebbero – che, in particolare, stava ipotizzando risparmi irrealistici allo scopo di sorvolare sulla realtà per la quale un buon numero di americani di classe media sarebbero nettamente perdenti, con una transizione ad un sistema centralizzato di spesa sanitaria. Non sono solo ad avanzare preoccupazioni simili, e non solo a riguardo dei programmi sanitari.

E questo potrebbe avere molta importanza nelle elezioni generali. Di sicuro il repubblicano, chiunque egli sia, offrirà programmi evidentemente insensati; ma se anche il democratico offre un programma che non torna, i media come è noto descriveranno la situazione come simmetrica, anche se non lo è (e non lo sarebbe: qualunque cosa ci sia di problematico nella piattaforma di Sanders, le fantasie del Partito Repubblicano appartengono ad una categoria completamente diversa). Questa è la ragione per la quale è importante parlare adesso dei punti critici di Sanders, non aspettare a farlo dopo – ed è anche la ragione per la quale la inconsulta risposta elettorale dell’attaccare chi segnali i problemi [2], è talmente negativa. Potrebbe funzionare nelle primarie, ma non funzionerà assolutamente dopo.

Va bene, dunque io non sono entusiasta dei magici unicorni come strategie elettorali. Ma capisco il problema, che è anche il problema dinanzi al quale si trova la Clinton: tra i giovani in particolare, fare il guastafeste non è certamente molto popolare. “No, non si può – al massimo, forse un pochino” non è una posizione attraente per individui che vogliono risollevarsi. Realisticamente, lo slogan dovrebbe in effetti essere “Non passeranno”, che in realtà potrebbe essere motivante. Ma quello sarebbe più verosimile per le elezioni generali.

Questo pone un interessante problema per la Clinton – la quale, se sarà nominata, sarà abbastanza convincente nel presentarsi come colei che difende le realizzazioni di Obama, ma deve arrivare a quel punto. Può provare ad eguagliare Sanders nel dare motivazioni? Probabilmente no, perché sarebbe insincera e in quel modo uscirebbe di scena. Ella è una veterana di molti anni di guerra di trincea, di denigrazioni personali, del constatare quanto sia arduo un cambiamento positivo (e, in effetti, qualcosa del genere si applica anche a me, sebbene neppure lontanamente nella stessa misura). Ella non è destinata a promettere magie senza essere evidentemente insincera. D’altra parte, Sanders probabilmente crede in quello che dice; il brusco risveglio è ancora da venire.

Ora, la Clinton probabilmente otterrà la nomina – in parte perché gli elettori afro-americani, molto di più che non i giovani bianchi, sanno anche troppo bene quanto sia difficile ottenere cambiamenti. Sino ad ora, almeno, i sondaggi non indicano che Sanders stia facendo importanti progressi nel voto della minoranza [3]. E, come ho detto, ella è effettivamente in una posizione abbastanza buona per le elezioni generali.

Ma voi capite il problema. Sono tempi duri per i progressisti che non credono nelle magie.

 

 

 

[1] Robert L. Heilbroner (1919-2005) è stato un economista ed uno storico del pensiero economico. Il suo libro fondamentale fu “I filosofi della vita materiale: le vite, i tempi e le idee dei grandi pensatori economici” (1953), un saggio sulle vite ed il pensiero di economisti come Adam Smith, Karl Marx e John Maynard Keynes.

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[2] Suppongo che “messengers” abbia il senso di ‘ambasciatori’, nello stesso significato che ha il detto “ambasciator non porta pene”. Ovvero, i seguaci di Sanders fanno uno sbaglio grave attaccando chi segnala problemi alla stregua di un nemico, o di un ‘venduto’.

[3] É interessante il sondaggio che viene presentato nella connessione su NBCNews. Esso mostra che gli orientamenti degli elettori democratici non si sono spostati molto nel corso dell’ultimo mese, e dunque non hanno molto risentito dell’influenza della vittoria di Sanders nel New Hampshire. Ma è particolarmente interessante il sondaggio che pubblichiamo qua sotto, relativo alla molto diversa situazione tra i due candidati nell’elettorato bianco e in quello afro americano:

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