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La stupidaggine strutturale rivisitata (dal blog di Krugman, 8 febbraio 2016)

 

Feb 8 8:05 am

Structural Humbug Revisited

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Bryan Caplan reports that he has just won a bet with Tyler Cowen over whether unemployment would ever drop below 5 percent. It might be worth remembering the context.

You see, when the Great Recession struck — a demand-side shock if ever there was one — it took no time at all for a strange consensus to develop in elite opinion, to the effect that a large part of the rise in unemployment was “structural,” and could not be reversed simply by a recovery in demand. Workers just didn’t have the right skills, you see. Many of us argued at length that this was foolish. If skills were the problem, where were the occupations with rapidly rising wages? I pointed out that people said the same thing during the Great Depression, only to see it disproved when we finally got a big fiscal stimulus called World War II.

But the doctrine somehow just got stronger and stronger in elite circles, because it sounded serious and judicious, unlike the seemingly flighty proposition that all we needed was more spending. In fact, the notion that our unemployment problem was mainly structural began to be presented as a simple fact rather than as a hypothesis most professional economists rejected.

And here we are.

 

La stupidaggine strutturale rivisitata

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Bryan Caplan riferisce di aver proprio vinto una scommessa con Tyler Cowen sul fatto che la disoccupazione sarebbe mai scesa al di sotto del 5 per cento. É il caso di ricordare il contesto.

Vedete, quando arrivò il colpo della Grande Recessione – uno shock dal lato della domanda, come nessun altro – non ci volle affatto molto tempo perché si sviluppasse uno strano consenso nella opinione delle classi dirigenti, nel senso che una ampia parte della crescita della disoccupazione venne giudicata “strutturale” e non poteva essere invertita semplicemente con una ripresa della domanda. Sapete, i lavoratori semplicemente non avevano le competenze giuste. Molti di noi sostennero esaurientemente che era una sciocchezza. Se il problema erano le competenze professionali, dove erano gli impeghi con salari rapidamente crescenti? Io misi in evidenza che la gente diceva la stessa cosa durante la Grande Depressione, solo per vederla smentita quando alla fine si ebbe un grandi stimolo della finanza pubblica chiamato Seconda Guerra Mondiale.

Na quel concetto divenne proprio in qualche modo sempre più forte nei circoli delle classi dirigenti, perché sembrava serio e giudizioso, diversamente dalla apparentemente inaffidabile proposizione secondo la quale tutto quello di cui avevamo bisogno era maggiore spesa pubblica. Di fatto, l’idea che il nostro problema di disoccupazione fosse principalmente strutturale cominciò ad essere presentato come un semplice fatto, piuttosto che come una ipotesi che la maggioranza degli economisti di professione rigettava.

E adesso ci siamo [1].

 

[1] Ovvero, come indica la tabella, adesso siamo al punto che il tasso di disoccupazione americano è tornato a collocarsi sotto il 5 per cento, come prima del 2008 (quando, però, si giovava di una notevole bolla nel settore immobiliare e delle costruzioni).

Il tasso di disoccupazione somma le persone che non hanno lavoro, o che lo stanno attivamente cercando, in rapporto alla forza lavoro totale degli Stati Uniti. Viene definita “civilian” perché dal calcolo vengono esclusi i militari o i cosiddetti “institutionalized”, ovvero coloro che sono in galera, in istituti di cura etc.

 

 

 

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