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Stravaganti al comando, di Paul Krugman (New York Times 22 febbraio 2016)

Cranks on Top

Paul KrugmanFEB. 22, 2016

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If prediction markets (and most hardheaded analysis) are to be believed, Hillary Clinton, having demonstrated her staying power, is the overwhelming favorite for the Democratic nomination. The Republican race, by contrast, has seen a lot of consolidation — it’s pretty much down to a two-man race — but the outcome is still up for grabs.

The thing is, one of the two men who may still have a good chance of becoming the Republican nominee is a scary character. His notions on foreign policy seem to boil down to the belief that America can bully everyone into doing its bidding, and that engaging in diplomacy is a sign of weakness. His ideas on domestic policy are deeply ignorant and irresponsible, and would be disastrous if put into effect.

The other man, of course, has very peculiar hair.

Marco Rubio has yet to win anything, but by losing less badly than other non-Trump candidates he has become the overwhelming choice of the Republican establishment. Does this give him a real chance of overtaking the man who probably just won all of South Carolina’s delegates? I have no idea.

But what I do know is that one shouldn’t treat establishment support as an indication that Mr. Rubio is moderate and sensible. On the contrary, not long ago someone holding his policy views would have been considered a fringe crank.

Let me leave aside Mr. Rubio’s terrifying statements on foreign policy and his evident willingness to make a bonfire of civil liberties, and focus on what I know best, economics.

You probably know that Mr. Rubio is proposing big tax cuts, and may know that among other things he proposes completely eliminating taxes on investment income — which would mean, for example, that Mitt Romney would end up owing precisely zero in federal taxes.

What you may not know is that Mr. Rubio’s tax cuts would be almost twice as big as George W. Bush’s as a percentage of gross domestic product — despite the fact that federal debt is much higher than it was 15 years ago, and Republicans have spent the Obama years warning incessantly that budget deficits will destroy America, any day now.

But not to worry: Mr. Rubio insists that his tax cuts would pay for themselves, by unleashing incredible economic growth. Never mind the complete absence of any evidence for this claim — in fact, the last two Democratic presidents, both of whom raised taxes on the rich, both presided over better private-sector job growth than Mr. Bush did (and that’s even if you leave out the catastrophe of Mr. Bush’s last year in office).

Then there’s Mr. Rubio’s call for a balanced-budget amendment, which, aside from making no sense at the same time he is calling for budget-busting tax cuts, would have been catastrophic during the Great Recession.

Finally, there’s monetary policy. Republicans have spent years inveighing against the Fed’s efforts to stave off economic disaster, warning again and again that runaway inflation is just around the corner — and being wrong all the way. But Mr. Rubio hasn’t changed his monetary tune at all, declaring a few days ago that it’s “not the Fed’s job to stimulate the economy” (although the law says that it is).

In short, Mr. Rubio is peddling crank economics. What’s interesting, however, is why. You see, he’s not pandering to ignorant voters; he’s pandering to an ignorant elite.

Donald Trump’s rise has confirmed something polling data already suggested, namely, that most Republican voters don’t actually subscribe to much of the party’s official orthodoxy. Mr. Trump has said the unsayable on multiple issues, from declaring that we were deceived into war to calling for higher taxes on the wealthy (although his own plan does no such thing). Each time, party insiders have waited to see his campaign collapse as a result, and each time he has ended up paying no political price.

So when Mr. Rubio genuflects at the altars of supply-side economics and hard money, he isn’t telling ordinary Republicans what they want to hear — by and large the party’s base couldn’t care less. He is, instead, pandering to the party’s elite, consisting mainly of big donors and the network of apparatchiks at think tanks, media organizations, and so on.

In the G.O.P., crank doctrines in economics and elsewhere aren’t bubbling up from below, they’re being imposed from the top down.

What this means, in turn, is that Mr. Rubio’s consolidation of establishment support isn’t a testament to his good sense. In fact, it’s almost the opposite, a reward for his willingness to echo party orthodoxy even, or perhaps especially, when it’s nonsense.

So don’t let anyone tell you that the Republican primary is a fight between a crazy guy and someone reasonable. It’s idiosyncratic, self-invented crankery versus establishment-approved crankery, and it’s not at all clear which is worse.

 

Stravaganti al comando, di Paul Krugman

New York Times 22 febbraio 2016

Secondo le previsioni dei mercati delle scommesse (e le analisi più riflettute), Hillary Clinton, avendo dimostrato di saper mantenere la sua forza, è la grande favorita della nomination democratica. All’opposto, la gara tra i repubblicani si è molto consolidata – si è in pratica ridotta ad una competizione tra due soggetti – ma l’esito è ancora in forse.

Il fatto è che uno dei due individui che hanno a questo punto buone possibilità di ottenere la nomina repubblicana ha un carattere allarmante. Le sue idee in politica estera sembrano ridursi alla convinzione che l’America può costringere tutti a stare ai suoi ordini, e che impegnarsi nella diplomazia sia un segno di debolezza. Le sue idee in politica interna sono del tutto inconsapevoli ed irresponsabili, se venissero messe in pratica sarebbero un disastro.

L’altro, come sapete, ha un capigliatura molto originale.

Marco Rubio deve ancora vincere qualcosa, ma avendo perso meno degli altri candidati diversi da Trump, è diventato la scelta obbligata del gruppo dirigente repubblicano. Questo gli dà una possibilità reale di superare l’individuo che probabilmente si è appena aggiudicato tutti i candidati della Carolina del Sud? Non ne ho idea.

Ma quello che so è che non si dovrebbe considerare il sostegno del gruppo dirigente come una indicazione della moderazione e della ragionevolezza del signor Rubio. Al contrario, non molto tempo fa ad avere opinioni politiche come e sue si sarebbe stati considerati come strampalati estremisti.

Consentitemi di mettere da parte le terrificanti dichiarazioni di Rubio in politica estera e la sua evidente disponibilità a fare un falò delle libertà civili, e di concentrarmi su quello che conosco meglio, l’economia.

Probabilmente siete al corrente che Rubio sta proponendo grandi sgravi fiscali, e forse sapete che tra le altre cose egli propone l’eliminazione completa delle tasse sui redditi dagli investimenti – il che comporterebbe, ad esempio, che Mitt Romney finirebbe col dover pagare esattamente niente di tasse federali.

Quello che forse non sapete è che gli sgravi fiscali di Rubio, come percentuale del PIL, sarebbero quasi il doppio di quelli di George Bush – nonostante il fatto che il debito federale sia oggi molto più alto di 15 anni fa, e che i repubblicani in tutti gli anni di Obama non abbiano fatto altro che mettere continuamente in guardia sui deficit federali, che prima o poi avrebbero distrutto l’America.

Ma non vi dovete preoccupare: Rubio ripete in continuazione che gli sgravi fiscali si ripagheranno da soli, scatenando una incredibile crescita dell’economia. Non conta che questa pretesa non disponga di alcuna prova – di fatto, gli ultimi due Presidenti democratici, che hanno entrambi elevato le tasse sui ricchi, hanno governato nel contesto di una crescita dei posti di lavoro nel settore privato migliore di quella di Bush (persino se non considerate la catastrofe dell’ultimo anno della presidenza di Bush).

C’è poi la richiesta di Rubio di un emendamento sul pareggio del bilancio che, a prescindere dalla insensatezza del chiedere contemporaneamente sgravi fiscali che affosserebbero il bilancio, sarebbe stata catastrofica durante la Grande Recessione.

Infine c’è la politica monetaria. Per anni i repubblicani si sono accaniti contro la Fed per i suoi sforzi di prevenire il disastro economico, mettendo in continuazione in guardia sul fatto che una inflazione fuori controllo era proprio dietro l’angolo – ed hanno avuto torto da ogni punto di vista. Ma Rubio non ha modificato affatto il suo ritornello monetario, e pochi giorni fa ha dichiarato che “non è il compito della Fed stimolare l’economia” (sebbene la legge dica che lo è).

In poche parole, Rubio mette in circolazione un’economia da ciarlatani. Quello che è interessante, tuttavia, è perché lo faccia. Vedete, egli non sta compiacendo elettori ignoranti; sta compiacendo una classe dirigente di ignoranti.

La crescita di Donald Trump ha confermato qualcosa che i dati dei sondaggi avevano già indicato, in particolare che la maggioranza degli elettori repubblicani per la verità non concordano granché con l’ortodossia ufficiale del partito. Trump ha detto l’indicibile su molti temi, dal dichiarare che siamo stati condotti con l’inganno in una guerra al pronunciarsi per tasse più elevate sui ricchi (sebbene il suo programma non preveda niente di simile). Ogni volta, gli addetti ai lavori nel partito hanno di conseguenza aspettato il tracollo della sua campagna elettorale, ed ogni volta egli ha finito col non pagare alcun prezzo politico.

Dunque, quando Rubio si genuflette sugli altari dell’economia dal lato dell’offerta e della moneta forte, egli non racconta ai repubblicani comuni quello che vogliono sentirsi dire – in generale, la base repubblicana non gliene potrebbe fregar di meno. Piuttosto cerca di compiacere i gruppi dirigenti del partito, composti principalmente di grandi contribuenti e delle reti degli apparati dei gruppi di ricerca, delle organizzazioni dei media, e così via.

Nel Partito Repubblicano le dottrine economiche pazzesche in economia e in tutto il resto non salgono dal basso verso l’alto, vengono imposte dall’alto in basso.

A sua volta questo significa che il consolidamento del sostegno del gruppo dirigente a Rubio non testimonia del suo buon senso. Nei fatti è quasi l’opposto, è un premio alla sua disponibilità ad essere in sintonia con l’ortodossia del partito anche, o forse specialmente, quando è insensata.

Dunque, non fatevi raccontare che le primarie repubblicane sono una battaglia tra un individuo pazzesco ed uno ragionevole. Uno stravagante estremismo concepito in proprio fronteggia un estremismo approvato dal gruppo dirigente, e tra i due non è chiaro quale sia il peggiore.

 

 

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