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Sulla politica monetaria sono tutti matti, di Paul Krugman (New York Times 25 marzo 2016)

 

Crazy About Money

Paul Krugman MARCH 25, 2016

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In this year of Trump, the land is loud with the wails of political commentators, rending their garments and crying out, “How can this be happening?” But a few brave souls are willing to whisper the awful truth: Many voters support Donald Trump because they actually agree with his ideas.

This is not, however, a column about Mr. Trump. It is, instead, about Ted Cruz, who has emerged as the favored candidate of the G.O.P. elite now that less disagreeable alternatives have imploded.

In a way, that’s quite a remarkable development. For Mr. Cruz has staked out positions on crucial issues that are, not to put too fine a point on it, crazy. How can elite Republicans back him?

The answer is the same for Mr. Cruz and the elite as it is for Mr. Trump and the base: Leading Republicans support Mr. Cruz, not despite his policy positions, but because of them. They may not like his style, but they agree with his substance.

This is true, for example, when it comes to Mr. Cruz’s belligerent stance on foreign policy. Establishment Republicans may wince at the candidate’s fondness for talking about “carpet bombing” or his choice of a noted anti-Muslim bigot and conspiracy theorist as an adviser.

But both Jeb Bush and Marco Rubio chose foreign policy teams dominated by the very people who pushed America into the Iraq debacle, and learned nothing from the experience. I know I wasn’t the only observer who looked at those rosters and thought, “They will, in fact, be greeted as liberators.”

And then there’s a subject dear to my heart: monetary policy. You might be surprised to learn that few of the subjects I write on inspire as much passion — or as much hate mail. And it’s a subject on which Mr. Cruz has staked out a distinctive position, by calling for a return to the gold standard.

This is, in case you’re wondering, very much a fringe position among economists. When members of a large bipartisan panel on economic policy, run by the University of Chicago business school, were asked whether a gold standard would be an improvement on current arrangements, not one said yes.

In fact, many economists believe that a destructive focus on gold played a major role in the spread of the Great Depression. And Mr. Cruz’s obsession with gold is one reason to believe that he would do even more economic damage in the White House than Mr. Trump would.

So how can elite Republicans — people who have denounced Mr. Trump in part because they claim that he advocates terrible economic policies — be supporting a candidate with such fringe views? The answer is that many of them are also out there on the fringe.

This wasn’t always true. As recently as 2004, Bush administration economists lauded the very kind of policy activism a return to the gold standard is supposed to prevent, declaring that “aggressive monetary policy can help make a recession shorter and milder.” But today’s leading Republicans, living in their own closed intellectual universe, are a very different breed.

Take, as a not at all arbitrary example, Paul Ryan, the speaker of the House and arguably the de facto leader of the Republican establishment.

As I have pointed out on a number of occasions, Mr. Ryan is fundamentally a con man on his signature issue, fiscal policy. Incidentally, for what it’s worth, Mr. Cruz has been relatively honest by his party’s standards on this issue, openly declaring his intention to raise taxes that hit the poor and the middle class even as he slashes them on the rich.

But Mr. Ryan seems to be a true believer on monetary policy — the kind of true believer whose faith cannot be shaken by contrary evidence. It’s now five years since he accused Ben Bernanke of pursuing inflationary policies that would “debase” the dollar; if the rising dollar and slumping inflation that followed has ever given him pause, he has shown no sign of it.

But what, exactly, is the nature of his monetary faith? The same as the nature of Mr. Cruz’s beliefs: Both men are devotees of Ayn Rand, even if Mr. Ryan now tries to downplay his well-documented Rand fandom.

At one point Mr. Ryan got quite specific about his intellectual roots, declaring that he always goes back to “Francisco d’Anconia’s speech on money” — one of the interminable monologues in Rand’s “Atlas Shrugged” — “when I think about monetary policy.” And that speech is a paean to the gold standard and a denunciation of money-printing as immoral.

The moral here is that we shouldn’t be surprised by the Republican establishment’s willingness to rally behind Mr. Cruz. Yes, Mr. Cruz portrays himself as an outsider, and has managed to make remarkably many personal enemies. But while his policy ideas are extreme, they reflect the same extremism that pervades the party’s elite.

There are no moderates, or for that matter, sensible people, anywhere in this story.

 

Sulla politica monetaria sono tutti matti, di Paul Krugman

New York Times 25 marzo 2016

In quest’anno di Trump, la terra risuona dei pianti dei commentatori politici, che si strappano le vesti e si chiedono a gran voce “Come è possibile che stia accadendo tutto questo?”. Ma qualche anima audace è disponibile a sussurrare la tremenda verità: molti elettori sostengono Donald Trump perché in effetti sono d’accordo con le sue idee.

Questo, tuttavia, non è un articolo su Donald Trump. Riguarda, invece, Ted Cruz, che è emerso come il candidato preferito del gruppo dirigente del Partito Repubblicano, ora che alternative meno sgradevoli sono uscite di scena.

In una certo senso, si tratta di uno sviluppo da sottolineare. Perché il signor Cruz ha rivendicato posizioni su temi cruciali che sono, per esprimersi in modo diretto, pazzesche. Come possono i maggiorenti repubblicani andargli dietro?

La risposta per il signor Cruz e il gruppo dirigente è la medesima di quella per il signor Trump e la base: i dirigenti repubblicani sostengono Cruz non nonostante le sue posizioni politiche, ma a causa di quelle. Possono non gradire il suo stile, ma concordano nella sostanza.

Questo è vero, ad esempio, dinanzi al tema delle posizioni guerrafondaie di Cruz in politica estera. I repubblicani dell’apparato di Partito possono essere imbarazzati per la passione con la quale il candidato discorre di “bombardamenti al tappeto”, o per la sua scelta come consigliere di una noto fanatico anti musulmano nonché teorico della cospirazione [1].

Ma sia Jeb Bush che Marco Rubio avevano scelto in politica estera squadre di consiglieri dominate dagli stessi individui che spinsero l’America nella debacle irakena, senza aver imparato niente da quella esperienza. So di non essere stato l’unico osservatore che osservando quegli elenchi pensò: “In sostanza, saranno salutati come liberatori”.

C’è poi un tema che mi è caro: la politica monetaria. Potrebbe risultarvi sorprendente che pochi dei temi sui quali scrivo provochino altrettanta passione – o altrettanto odio nella corrispondenza. Ed è un tema sul quale Cruz ha rivendicato una posizione peculiare, pronunciandosi per un ritorno al gold standard.

Nel caso ve lo stiate chiedendo, si tratta di una posizione di una frangia estrema di economisti. Quando ai componenti di un ampio raggruppamento di tutti gli orientamenti in materia di politica economica, promosso dalla Università della Chicago Business School, venne chiesto se il gold standard avrebbe configurato un miglioramento rispetto alle attuali soluzioni, nessuno rispose positivamente.

Di fatto, molti economisti credono che una distruttiva concentrazione sull’oro giocò una ruolo importante nella diffusione della Grande Depressione. E l’ossessione di Cruz per l’oro è un motivo per credere che egli, alla Casa Bianca, farebbe un danno persino maggiore di Trump.

Come è possibile dunque che il gruppo dirigente repubblicano – persone che hanno denunciato Trump in parte con l’argomento del suo sostegno a politiche economiche terribili – sostenga un candidato con tali punti di vista estremisti? La risposta è che anche molti di loro sono collocati in quelle posizioni estreme.

Non è sempre stato così. Non più tardi del 2004, economisti della Amministrazione Bush elogiavano proprio quel genere di attivismo politico che il gold standard si suppone serva ad impedire, dichiarando che “una politica monetaria aggressiva può aiutare a rendere la recessione più breve e più leggera”. Ma i dirigenti repubblicani odierni, vivendo nel loro universo intellettuale chiuso, sono una genia assai diversa.

Si prenda, come un esempio niente affatto peregrino, Paul Ryan, il Presidente della Camera dei Rappresentanti e, probabilmente, il leader di fatto del gruppo dirigente repubblicano.

Come ho sottolineato in un certo numero di occasioni, sul suo tema distintivo, la politica della finanza pubblica, il signor Ryan è fondamentalmente un esperto in raggiri. Tra parentesi, per quello che vale, Cruz è stato su questo tema relativamente onesto rispetto alle posizioni consuete nel suo Partito, dichiarando apertamente la sua intenzione di elevare le tasse che colpiscono i poveri e la classe media anche se le taglierà sui ricchi [2].

Eppure Ryan sembra essere uno che crede nella politica monetaria – il genere di effettivo credente la cui fede non può essere scalfita da prove contrarie. Sono passati cinque anni dal momento in cui egli accusava Ben Bernanke di perseguire politiche inflazionistiche che avrebbero “disgregato il valore” del dollaro; se l’ascesa del dollaro e il crollo dell’inflazione che ne seguì gli dettero mai motivo di ripensamento, di certo non lo mostrò in alcun modo.

Ma quale è, esattamente, la natura della sua fede monetaria? La stessa natura delle convinzioni di Cruz: sono entrambi cultori di Ayn Rand [3], anche se adesso Ryan cerca di minimizzare la sua ben documentata appartenenza a quella setta.

Ci fu un momento nel quale Ryan disse qualcosa di abbastanza preciso sulle sue origini intellettuali, dichiarando di essersi sempre ispirato, quando pensa alla politica monetaria, al “discorso di Francisco d’Anconia sul denaro” – uno degli interminabili monologhi del libro della Rand “La rivolta di Atlante” [4]. E quel discorso è un inno al gold standard e una denuncia dello stampare moneta come immorale.

In conclusione, non dovremmo essere sorpresi della volontà del gruppo dirigente repubblicano di andar dietro a Cruz. É vero, Cruz si presenta come uno sconosciuto ed ha cercato di farsi un numero considerevole di nemici personali. Ma, per quanto le sue idee politiche siano estreme, esse riflettono lo stesso estremismo che pervade il gruppo dirigente del Partito.

In questa storia non ci sono da nessuna parte moderati, e neanche, per dirla tutta, persone sensate.

 

 

[1] I teorici della cospirazione della destra americana utilizzano argomenti ‘cospiratori’ in molte circostanze: si va dall’idea che il cambiamento climatico sia una invenzione di una lobby mondiale di scienziati, a quella per la quale i dati sull’inflazione siano truccati dal Governo Federale o che la Fed abbia lanciato la ‘facilitazione quantitativa’ per coprire il debito federale, sino a quella – nei casi più estremi – secondo la quale sarebbero stati nascosti i dati anagrafici di Obama, per non far conoscere che non sarebbe nato in uno Stato americano, ma in Kenya.

[2] Onesto, nel senso che ammette questa ingiustizia come inevitabile, mentre Ryan con dati inverosimili ha sempre cercato di nascondere questo dato di fatto.

[3] Una scrittrice russo-americana degli inizi del secolo (vedi le note sulla Traduzione) che per i repubblicani incarna, tra l’altro, il radicalismo liberista in economia.

[4] Al libro si trovano riferimenti nella stessa nota sulla scrittrice Ayn Rand. Leggendo la nota ed altre connessioni con l’icona del conservatorismo americano ed il suo libro, si può comprendere abbastanza bene la singolarità culturale del fenomeno conservatore americano.

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