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Stanno imparando i nostri economisti? (dal blog di Krugman, 18 giugno 2016)

JUN 18 9:44 AM

 

Is Our Economists Learning?

Bernie is doing his long — very, very, very long — goodbye; Trump appears to be flaming out. So, time to revisit some macroeconomics.

Brad DeLong has an excellent presentation on the sad history of belief in the confidence fairy and its dire effects on policy. One of his themes is the bad behavior of quite a few professional economists, who invented new doctrines on the fly to justify their opposition to stimulus and desire for austerity even in the face of a depression and zero interest rates.

One quibble: I don’t think Brad makes it clear just how bad the Lucas-type claim that government spending would crowd out private investment even at the zero lower bound really was. You see, it didn’t even follow from Ricardian equivalence.

Anyway, two things crossed my virtual desk today that reinforce the point about how badly some of my colleagues continue to deal with fiscal policy issues.

First, Greg Mankiw has a piece that talks about Alesina-Ardagna on expansionary austerity without mentioning any of the multiple studies refuting their results. And wait, there’s more. As @obsoletedogma (Matt O’Brien) notes, he cites a 2002 Blanchard paper skeptical about fiscal stimulus while somehow not mentioning the famous 2013 Blanchard-Leigh paper showing that multipliers are much bigger than the IMF thought.

Second, I see a note from David Folkerts-Landau of Deutsche Bank lambasting the ECB for its easy-money policies, because

by appointing itself the eurozone’s “whatever it takes” saviour of last resort, the ECB has allowed politicians to sit on their hands with regard to growth-enhancing reforms and necessary fiscal consolidation.

Thereby ECB policy is threatening the European project as a whole for the sake of short-term financial stability. The longer policy prevents the necessary catharsis, the more it contributes to the growth of populist or extremist politics.

Yep. That “catharsis” worked really well when Chancellor Brüning did it, didn’t it?

What strikes me is the contrast with the 1970s. Back then the experience of stagflation led to a dramatic revision of both macroeconomics and policy doctrine. This time far worse economic events, and predictions by freshwater economists far more at odds with experience than the mistakes of Keynesians in the past, seem to have produced no concessions whatsoever.

 

Stanno imparando i nostri economisti?

Bernie ci salutando – molto, molto lentamente; Trump sembra perdere di potenza. Dunque, è il momento di tornare a qualche tema macroeconomico.

Brad DeLong pubblica una eccellente presentazione della triste storia della fede nella fata della fiducia e dei suoi effetti tremendi sulla politica. Uno dei suoi soggetti è la pessima prestazione di un bel po’ di economisti di professione, che si inventarono all’impronta nuove dottrine, per giustificare la loro opposizione alle misure di sostegno e per il desiderio di austerità anche dinanzi ad una depressione e a tassi di interesse pari a zero.

Una minuzia: io non penso che Brad chiarisca nel migliore dei modi quanto sia stato proprio negativo l’argomento di individui cime Lucas, secondo il quale la spesa pubblica avrebbe, anche nelle condizioni del limite inferiore dello zero nei tassi, spiazzato gli investimenti privati. Voglio dire che esso non derivava neppure dalla teoria ricardiana dell’equivalenza.

In ogni caso, ci sono due aspetti che oggi incrociano il mio tavolo di lavoro virtuale, che rafforzano l’argomento su quanto negativamente alcuni miei colleghi continuano a trattare i temi della finanza pubblica.

In primo luogo, Greg Mankiw ha un articolo che parla di Alesina-Ardagna sulla austerità espansiva, senza menzionare i molti studi che confutano i loro risultati. E aspettate, perché c’è di più’. Come Matt O’Brien, su @obsoletedogma, osserva, egli [1] cita uno studio del 2002 di Blanchard scettico sulle misure di sostegno della spesa pubblica, mentre in qualche modo non fa cenno al famoso studio di Blanchard e Leigh del 2013, che mostra che i moltiplicatori erano molto più grandi di quanto il FMI aveva pensato.

In secondo luogo, vedo una nota da parte di David Folkerts-Landau della Deutsche Bank che striglia la BCE per le sue politiche del denaro facile, giacché:

“la BCE, nominandosi come il salvatore di ultima istanza, a qualsiasi prezzo, dell’eurozona, ha consentito ai politici di starsene con le mani in mano quanto alle riforme che accrescono la crescita e al necessario consolidamento delle finanze pubbliche.

In tal modo la politica della BCE sta minacciando il progetto europeo nel suo complesso nell’interesse della stabilità finanziaria nel breve termine. La politica a più lungo termine impedisce la necessaria catarsi, per di più contribuisce alla crescita delle politiche dei populisti o degli estremisti.”

Per la miseria. Quella “catarsi” funzionò davvero bene quando il Cancelliere Brüning la mise in atto, non è così?

Quello che mi sbigottisce è il contrasto con gli anni ’70. Allora l’esperienza della stagflazione condusse ad una spettacolare revisione sia della macroeconomia che della dottrina politica. Questa volta eventi economici di gran lunga peggiori, nonché previsioni da parte degli economisti della scuola ‘dell’acqua dolce’ [2] ben più agli antipodi dell’esperienza degli errori dei keynesiani nel passato, sembra non aver prodotto concessioni di sorta.

 

[1] Ovvero, Mankiw.

[2] Vedi sulle note della traduzione, a proposito della scuola “freshwater” e “saltwater”.

 

 

 

 

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