Letture e Pensieri sparsi, di Marco Marcucci

Lutero e gli albori della nazione germanica – 2 luglio 2017

Lutero e gli albori della nazione germanica

zz 411Questo bel libro su Martin Lutero, l’autore Adriano Prosperi lo definisce “una semplice, elementare ricognizione sulle fonti del pensiero intellettuale e religioso che portò Lutero alla polemica col papato sulla questione delle indulgenze e alla definitiva frattura dell’unità del mondo cristiano europeo”, fatta “sfogliando e leggendo i suoi testi” ed anche utilizzando “la grande erudizione tedesca dell’Ottocento (che) ha predisposto gli strumenti a ciò indispensabili” e la “fittissima foresta di studi storici” che ha accompagnato il “monumento editoriale della pubblicazione delle opere di Lutero”.

Non saprei dire se tale ricognizione sia ‘elementare’; sicuramente è appassionante e molto chiara. Lutero nacque nel 1483 ad Eisleben, dove morì per una malattia cardiaca a 63 anni. Forse non è improprio considerare che gli anni nei quali si concentrò la sua attività religiosa, politica ed editoriale erano però già arrivati al culmine nel 1520, l’anno della scomunica e della pubblicazione dei suoi tre “grandi scritti della Riforma” (‘Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca, sull’emendamento della Cristianità”, in tedesco; ‘Della cattività babilonese della Chiesa’, in latino; ‘Della libertà del cristiano’, in latino e tedesco). A 37 anni, dunque, i suoi argomenti principali erano già stati tutti avanzati, la Chiesa Romana aveva attivato i suoi dotti accusatori, aveva avviato i suoi processi e li aveva conclusi, ma aveva anche dovuto constatare il muro di incomprensione e di rancore che si era alzato tra i principi e le popolazioni tedesche. La (presunta e forse leggendaria) affissione delle sue 95 Tesi sul portone del castello di Wittemberg era avvenuta nel 1517; nel 1510, appena ventisettenne, aveva fatto il suo unico viaggio europeo, a Roma, dove certamente era rimasto impressionato “dal fasto della città e dalla vita spesso dissoluta dei prelati romani” (dalla nota biografica in premessa ai suoi scritti politici, a cura di Luigi Firpo). Nei ventisei anni successivi alla scomunica, dunque, si concentra una seconda fase della sua esperienza politica e intellettuale, segnata soprattutto da una conferma delle sue idee, dalla protezione che aveva ricevuto da parte di quasi tutti i principi tedeschi, a cominciare dal breve soggiorno nel castello di Wartburg, dalla ‘gestione’ del vastissimo credito e della influenza intellettuale nel mondo germanico, in particolare insidiata dalle nuove correnti del Protestantesimo, nel contesto aspro della ribellione contadina. In estrema sintesi: dieci anni per assurgere ad un ruolo politico e religioso principale di dimensioni continentali come campione della ‘libertà dei cristiani’, i decenni successivi per prendere le distanze da presunti fraintendimenti di tale libertà e per marcare gli ‘obblighi’ dei cristiani in quanto sudditi.

Questi, se ben capisco, furono i due versanti della sua esperienza, e la lettura della storia del primo decennio è quella che mi ha particolarmente appassionato, probabilmente perché ricostruita sulla base dei suoi scritti e dei suoi pensieri, che alla fine appaiono singolarmente lucidi e profetici degli eventi. Ci colpiscono alcune storie di santi, di quegli individui che divengono per la loro esistenza miti, che incarnano sentimenti del popolo profondi e diffusi che magari non preesistevano chiaramente, ma divengono chiari per molti nella stessa esistenza di quegli uomini; individui che non si collocano spontaneamente al centro della vicenda politica collettiva, ma che in un certo senso si isolano nella loro testimonianza e dai loro villaggi diventano poi paradigmi. Ad esempio Francesco, che Lutero amava molto. Ma non è questa, mi pare, la storia di Lutero.

La storia di Lutero è una storia profondamente politica, nella quale le idee religiose aderiscono perfettamente alla sua intuizione di una possibile indipendenza del popolo germanico, e viceversa. La sua ribellione al sistema delle ‘indulgenze’, al prepotere della Chiesa Romana, allo stravolgimento morale ed anche al significato economico di quel sistema, si presenta da subito pienamente connessa con la sua ricerca religiosa di un nuovo fondamento. E, nel suo caso, il nuovo fondamento non consiste principalmente nella sua umanità, negli esempi per quanto fulgidi e ‘mitici’ della sua esistenza; piuttosto nel suo ruolo di educatore. Come scardinare l’egemonia romana? La sua risposta fu: sostituendo alle religiosamente inconsistenti pretese del potere della Chiesa, una dottrina verificata incessantemente semplicemente nella lettura e nella comprensione delle Scritture: Antico Testamento, Vangeli, lettere di San Paolo. Superare secoli di un primato arbitrario, riconducendo tutto al fondamento letterale ed originario. Nella convinzione che questo ruolo di educatore fosse provocato da due fenomeni potentissimi che spingevano in un’unica direzione: la crisi morale della Chiesa e il bisogno di autonomia del popolo germanico. E non arretrando mai in questa sfida, non solo non aderendo a alcun invito alla sottomissione, ma addirittura gradualmente maturando l’opinione che quel potere romano potesse essere espressione di una entità prevista dalle Scritture, l’Anticristo. Infine, come Prosperi mostra in vari passaggi, utilizzando con energia e continuità gli strumenti nuovi dell’educare: anzitutto la possibilità di stampare, pubblicare e diffondere i suoi pensieri. In realtà, strumenti talmente nuovi che ci vorranno ancora secoli per cominciare ad essere usati pienamente.

Come ho detto, forse un po’ arbitrariamente, c’è poi il secondo versante, quello degli altri due decenni e più, nei quali Lutero credette soprattutto di dover prendere le distanze da alcune conseguenze del fuoco che si era acceso. Sono gli anni del feroce contrasto con l’insurrezione dei contadini tedeschi ed anche di alcuni scritti e prediche antiebraiche, che nel Novecento vennero addirittura prese a pretesto dal nazismo. Nella premessa, Prosperi ricorda queste parole di Thomas Mann su Lutero: “Un eroe di libertà, ma in stile tedesco, giacché non capiva nulla della libertà. E intendo con ciò non la libertà del cristiano, bensì la libertà politica, la libertà del cittadino”. Un eroe, dunque, di qualcosa che non poteva ancora intendere e poteva fortemente contribuire a fraintendere. Un giudizio ‘per contrasto’, problematico eppure singolarmente equanime.

Alla ricerca delle nostre comuni ragioni ‘europee’, di frequente andiamo alla ricerca di fonti luminose e al tempo stesso rassicuranti per il futuro. Non a caso privilegiamo Erasmo, con il quale Lutero ebbe sempre un rapporto complicato. In un certo senso utilizziamo il passato per sperar bene nel futuro. Lutero è la storia di una frattura, e della conseguente profondità e difficile composizione delle storie nazionali. In fondo la sua storia è appassionante anche perché un po’ aiuta a capire l’oggi.

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