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La sostanza del carattere del Partito Repubblicano, di Paul Krugman (New York Times 19 febbraio 2018)

 

The Content of the G.O.P.’s Character

Paul Krugman FEB. 19, 2018

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Even those who have long since accepted the premise that Donald Trump is corrupt, self-centered and dishonest seem a bit shocked by his tirades over the Presidents’ Day weekend. Using the Parkland, Fla., massacre as an excuse to attack the F.B.I. for investigating Russian election intervention on his behalf — while lying about his own past denials that such intervention took place — took vileness to a new level, which is truly impressive given Trump’s previous record.

Yet if you step back a bit and think about it, Trump’s latest outbursts were very much in character — and I don’t just mean his personal character. When did you last see a member of the Trump administration, or for that matter any prominent Republican, admit error or accept responsibility for problems?

Don’t say that it has always been that way, that it’s just the way people are. On the contrary, taking responsibility for your actions — what my parents called being a mensch — used to be considered an essential virtue in politicians and adults in general. And in this as in so many things, there’s a huge asymmetry between the parties. Of course not all Democrats are honest and upstanding; but as far as I can tell, there’s almost nobody left in the G.O.P. willing to take responsibility for, well, anything.

And I don’t think this is an accident. The sad content of modern Republican character is a symptom of the corruption and hypocrisy that has afflicted half of our body politic — a sickness of the soul that manifests itself in personal behavior as well as policy.

Before I talk about that sickness, consider a few non-Trump examples of the lack of character that pervades this administration.

At the trivial but still telling end of the scale, we have the tale of Scott Pruitt, head of the Environmental Protection Agency, who keeps flying first class at taxpayers’ expense. The money isn’t the important issue here, although his spending violates federal guidelines. The revealing thing, instead, is the supposed reason he needs to fly premium — you see, ordinary coach passengers have been known to say critical things to his face.

Remember this story the next time someone talks about liberal “snowflakes.”

More seriously, consider the behavior of John Kelly, Trump’s chief of staff, whose record of slandering critics and refusing to admit error is starting to rival his boss’s. Remember when Kelly made false accusations about Representative Frederica Wilson and refused to retract those accusations even after video showed they were false?

More recently, Kelly insisted that he didn’t know the full details about domestic abuse allegations against Rob Porter until, a White House staff member said, “40 minutes before he threw him out” — a claim that seems at odds with everything we know about this story. Even if this claim were true, an apology for his obliviousness seems in order. But these guys don’t apologize.

Oh, and by the way: Roy Moore still hasn’t conceded.

So it’s not just Trump. And it didn’t start with Trump. In fact, way back in 2006 I wrote about the “mensch gap” in the Bush administration — the unwillingness of top officials to accept responsibility for the botched occupation of Iraq, the botched response to Hurricane Katrina, and more.

Nor, by the way, are we only talking about politicians. In my neck of the woods, I remain amazed by the unwillingness of right-leaning economists to admit that they were wrong in predicting that the Fed’s efforts to rescue the economy would cause runaway inflation. Being wrong is one thing — it happens to everyone, myself very much included. Refusing to admit and learn from error is something different.

And let’s be clear: Personal responsibility isn’t dead everywhere. You can ask, for example, whether Hillary Clinton apologized sufficiently for her initial support of the Iraq war or her missteps in 2016 — but she did admit to making mistakes, which nobody on the other side ever seems to do.

So what happened to the character of the G.O.P.? I’m pretty sure that in this case the personal is, ultimately, political. The modern G.O.P. is, to an extent never before seen in American history, a party built around bad faith, around pretending that its concerns and goals are very different from what they really are. Flag-waving claims of patriotism, pious invocations of morality, stern warnings about fiscal probity are all cover stories for an underlying agenda mainly concerned with making plutocrats even richer.

And the character flaws of the party end up being echoed by the character flaws of its most prominent members. Are they bad people who chose their political affiliation because it fits their proclivities, or potentially good people corrupted by the company they keep? Probably some of both.

In any case, let’s be clear: America in 2018 is not a place where we can disagree without being disagreeable, where there are good people and good ideas on both sides, or whatever other bipartisan homily you want to recite. We are, instead, living in a kakistocracy, a nation ruled by the worst, and we need to face up to that unpleasant reality.

 

La sostanza del carattere del Partito Repubblicano, di Paul Krugman

New York Times 19 febbraio 2018

Persino coloro che da tempo hanno accettato la premessa che Donald Trump sia corrotto, egocentrico e disonesto, sembrano un po’ scandalizzati dalle sue filippiche nel fine settimana del Giorno dei Presidenti [1]. Utilizzando il massacro di Parkland (Florida) come un pretesto per attaccare l’FBI per le indagini sull’intervento russo a suo vantaggio nelle elezioni – nel mentre mentiva rispetto ai suoi precedenti dinieghi che tale intervento ci fosse mai stato – ha portato l’abiezione ad un nuovo livello, il che è effettivamente impressionante considerati i suoi precedenti primati.

Tuttavia se fate per un momento un passo indietro e ci riflettete, le ultimissime esplosioni di Trump erano molto in carattere – e non intendo semplicemente nel suo personale carattere. Quando mai avete visto nel passato un componente della sua Amministrazione, o peraltro qualsiasi eminente repubblicano, ammettere un errore o accettare la responsabilità dei problemi?

Non dite che è sempre stato così, che è soltanto il modo in cui sono fatte le persone. Al contrario, prendervi responsabilità per le vostre azioni – quello che i miei genitori chiamavano essere un uomo rispettabile – una volta era considerata una virtù negli uomini politici e in generale nelle persone adulte. E in questo, come in tante altre cose, c’è una vasta asimmetria tra i partiti. Ovviamente, non tutti i democratici sono onesti e virtuosi; ma per quanto posso dire, non c’è rimasto quasi nessuno nel Partito Repubblicano disponibile a prendersi la responsabilità di alcunché.

E non penso sia un caso. La triste sostanza del carattere dei repubblicani contemporanei è un sintomo della corruzione e dell’ipocrisia che ha contaminato la metà della nostra organizzazione politica – una malattia dell’anima che si manifesta sia nella condotta personale che in quella politica.

Prima di parlare di questa malattia, si considerino gli esempi della mancanza di carattere che pervade, oltre il caso di Trump, questa Amministrazione.

Nella parte banale, seppure istruttiva, dell’elenco, abbiamo il racconto di Scott Pruitt, capo della Agenzia della Protezione Ambientale, che continua a volare in prima classe a spese dei contribuenti. In quel caso i soldi non sono l’aspetto principale, sebbene le sue spese violino le linee guida federali. La cosa rivelatrice, piuttosto, è la presunta ragione per la quale egli ha bisogno di questi voli sovrapprezzo – sapete, i normali passeggeri della seconda classe sono noti per fare considerazioni critiche sulla sua persona.

Ricordatevi questo la prossima volta che qualcuno parla di progressisti come “fiocchi di neve” [2].

In modo più serio si consideri il comportamento di John Kelly, a capo dello staff di Trump, il cui primato nelle diffamazioni e nei rifiuti di ammettere i propri errori comincia a reggere il confronto con quello del suo capo. Vi ricordate quando Kelly avanzò accuse false sulla congressista Frederica Wilson e rifiutò di ritrattare tali accuse persino dopo che un video aveva dimostrato che erano false?

Più recentemente, Kelly ha insistito di non conoscere i dettagli completi sulle accuse di abusi domestici contro Rob Porter [3] finché un componente dello staff della Casa Bianca non glieli riferì “40 minuti prima che lo buttassi fuori” – una pretesa che sembra incompatibile con tutta quella storia. Persino se questa pretesa fosse vera, una scusa per tale trascuratezza parrebbe dovuta. Ma questa gente non si scusa.

Inoltre, sia detto per inciso: Roy Moore non ha ancora fatto nessuna ammissione [4].

Dunque, non si tratta solo di Trump. E non è cominciato tutto con Trump. Infatti, nel passato 2006 io scrissi sulla “mancanza di persone rispettabili” nella Amministrazione Bush – la indisponibilità di massimi dirigenti ad accettare responsabilità per la raffazzonata occupazione dell’Iraq, la risposta abborracciata all’uragano Katrina, e altro ancora.

Né per inciso stiamo solo parlando di uomini politici. Dalle mie parti, resto sbigottito per la indisponibilità di economisti con orientamenti di destra a riconoscere di aver sbagliato nel prevedere che gli sforzi della Fed per salvare l’economia avrebbero provocato una inflazione fuor controllo. Aver torto è una cosa – succede a tutti, compreso in buona misura il sottoscritto. Rifiutarsi di ammetterlo e di imparare dagli errori è qualcosa di diverso.

E siamo chiari: la responsabilità personale non è scomparsa dappertutto. Ad esempio potete chiedervi se Hillary Clinton si scusò a sufficienza per il suo iniziale sostegno alla guerra in Iraq o per i suoi errori nel 2016 – ma ella ammise di aver fatto errori, cosa che nessuno nell’altro schieramento sembra mai fare.

Dunque, cosa è accaduto al carattere del Partito Repubblicano? Sono abbastanza convinto che, in questo caso, il personale sia politico. Il Partito Repubblicano odierno è, in una misura mai vista in precedenza nella storia americana, un partito costruito sulla malafede, attorno alla finzione che le sue preoccupazioni e suoi obbiettivi siano molto diversi da quello che realmente sono. La pretesa di sventolare il patriottismo, le pie invocazioni di moralità, gli austeri ammonimenti di correttezza nella finanza pubblica sono tutte coperture di un sottostante programma principalmente preoccupato di rendere i plutocrati ancora più ricchi.

E i difetti di carattere del partito finiscono con l’essere richiamati dai difetti di carattere dei suoi membri più eminenti. Sono persone mediocri che scelgono la loro appartenenza politica perché calza alla perfezione con le loro inclinazioni, oppure persone potenzialmente per bene corrotte dalle compagnie che frequentano? Probabilmente sono un po’ entrambe le cose.

In ogni caso, è bene esser chiari: l’America del 2018 non è un posto nel quale si possa non essere d’accordo senza essere sgradevoli, dove ci sono persone per bene e idee buone in entrambi gli schieramenti, o qualsiasi altro luogo comune vogliate recitare. Viviamo piuttosto in una cachistocrazia, una nazione governata dai peggiori, e dobbiamo fare i conti con questa sgradevole realtà.

 

 

 

 

 

 

[1] Il Presidents’ Day (in italiano Giorno dei presidenti) è una festività degli Stati Uniti d’America nata per commemorare il compleanno di George Washington e celebrata a livello federale il terzo lunedì di febbraio. Denominata ufficialmente Compleanno di Washington (Washington’s Birthday), è comunemente nota come giorno dei Presidenti (Presidents’ Day), e con questo nome o quello originario è celebrata in parallelo nello stesso giorno anche in numerosi singoli Stati. Tale festa fu istituita dal governo federale statunitense nel 1880, e inizialmente riguardava solo gli uffici governativi della capitale; dal 1885 include tutti gli uffici federali del paese. Essa veniva celebrata il 22 febbraio, ovvero il giorno della nascita di Washington, ma dal 1971, per effetto dello Uniform Monday Holiday Act, essa venne spostata al terzo lunedì di febbraio. (Wikipedia)

[2] L’espressione deriva dal film “Fight club” e significa che qualcuno – in questo caso i progressisti – avrebbe ‘la puzza sotto il naso’. La citazione è la seguente: “Tu non sei speciale. Non sei un meraviglioso ed unico fiocco di neve. Sei fatto della stessa materia destinata a decomporsi come tutti gli altri”.

[3] Rob Porter è stato capo dello staff di Trump dal gennaio 2017 al 7 febbraio 2018. Si è dimesso dopo essere stato accusato dalle sue precedenti due mogli di abusi domestici. Membro di una Chiesa mormonica.

[4] Roy Moore era il candidato repubblicano alle elezioni per un seggio di Senatore in Alabama, che, alla vigilia delle elezioni, venne accusato da nove donne di abusi sessuali, anche con minorenni. In quel caso alcuni repubblicani si espressero per depennarlo dalla candidatura, tra l’altro anche Mitch McConnell, leader della maggioranza repubblicana al Senato. Ma non Donald Trump, che lo sostenne. Anche Moore era un componente di una chiesa evangelica e nella sua vicenda continuò ad avere il sostegno di molti suoi esponenti.

 

 

 

 

 

 

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