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Giorni di paura, anni di blocco, di Paul Krugman (New York Times, 13 settembre 2018)

 

Spet. 13, 2018

Days of Fear, Years of Obstruction

By Paul Krugman

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Lehman Brothers failed 10 years ago. The U.S. economy was already in a recession, but Lehman’s fall and the chaos that followed sent it off a cliff: Six and a half million jobs would be lost over the next year. It was a terrifying time.

Still, we didn’t experience a full replay of the Great Depression, and some have argued that the system worked, in the sense that policymakers did what was needed to avoid catastrophe.

But this is only half right. We avoided utter disaster, but nonetheless experienced a huge, sustained employment slump, one that inflicted immense human and economic cost — and may well have helped set the stage for our current constitutional crisis. Why did the slump go on so long?

There are multiple answers, but the most important factor was politics — cynical, bad-faith obstructionism on the part of the Republican Party.

One crucial point I still don’t think is widely understood is that, scary and damaging though it was, the financial crisis — the disruption of credit markets that followed Lehman’s collapse — was quite brief. Measures of financial stress, which include things like interest rate spreads on risky assets, spiked for a few months, but quickly returned to normal. The purely financial aspect of the crisis was basically over by the summer of 2009.

But the broader economic crisis went on much longer. Unemployment rose to almost 10 percent, then came down with painful slowness; it didn’t get back to 5 percent until seven years after Lehman’s fall. Why didn’t rapid financial recovery lead to rapid economic recovery?

At a basic level, the answer is that the financial crisis was only one symptom of a bigger problem: the collapse of a gigantic housing bubble. The bursting bubble exerted a powerful downdraft on the economy, both because it led to a plunge in residential investment and because it was a huge hit to household wealth, which reduced consumer spending.

What the crisis called for, then, were policies to boost spending, to offset the effects of the housing bust. But the normal response, cutting interest rates, wasn’t available, because rates were already near zero. What we needed, instead, was fiscal stimulus: increased government outlays and tax cuts for lower- and middle-income families, who would be likely to spend them.

And we did indeed get substantial stimulus. But it wasn’t big enough, and even more important, it faded out much too fast. By 2013, with unemployment still above 7 percent, government at all levels was providing barely more economic support than it had in 2007, when the housing boom was still running strong.

Why did the response to a depressed economy fall short? We can debate endlessly whether the Obama administration could have gotten a bigger, more sustained stimulus through Congress; what’s clear is that some officials failed to see the need for stronger policies. When Christina Romer, the administration’s top economist, argued for more stimulus, Tim Geithner, the Treasury secretary, dismissed it as “sugar.”

Beyond that, efforts to fight unemployment had to deal with a bizarre Beltway consensus that despite high unemployment and record low interest rates, debt, not jobs, was the real problem.

But the most important reason the great slump went on so long was scorched-earth Republican opposition to anything and everything that might have helped offset the fallout from the housing bust.

When I say “scorched earth,” I’m not being hyperbolic. Let’s not forget that in the summer of 2011 Republicans in Congress threatened to provoke a new financial crisis by refusing to raise the debt limit. Their goal was to blackmail President Barack Obama into cutting spending at a time when unemployment was still 9 percent and U.S. real borrowing costs were close to zero.

Now, Republicans claimed that their opposition to anything that might limit mass unemployment was driven by a deep commitment to fiscal responsibility. But this was complete hypocrisy — something that was obvious to anyone who looked at the actual content of G.O.P. budget proposals, which gave smoke and mirrors a bad name. You had to be extremely credulous to take fake G.O.P. deficit hawkery seriously; unfortunately, there were a lot of credulous pundits out there.

Anyway, the events of the past two years have made the reality of what happened crystal clear. The very same politicians who piously declared that America couldn’t afford to spend money supporting jobs in the face of a deep, prolonged slump just rammed through a huge, deficit-exploding tax cut for corporations and the wealthy even though the economy is currently near full employment. No, they haven’t abandoned their commitment to fiscal responsibility; they never cared about deficits in the first place.

So if you want to understand why the great slump that began in 2008 went on so long, blighting so many American lives, the answer is politics. Specifically, policy failed because cynical, bad-faith Republicans were willing to sacrifice millions of jobs rather than let anything good happen to the economy while a Democrat sat in the White House.

 

Giorni di paura, anni di blocco,

di Paul Krugman

Dieci anni fa falliva Lehman Brothers. L’economia degli Stati Uniti era già in una recessione, ma la caduta di Lehman e il caos che ne seguì la spedirono giù dal precipizio: nell’anno successivo sarebbero stati persi sei milioni e mezzo di posti di lavoro. Fu un periodo terribile.

Eppure, non conoscemmo una completa riedizione della Grande Depressione, e alcuni hanno sostenuto che il sistema funzionò, nel senso che le autorità fecero quello che era necessario per evitare la catastrofe.

Ma questa è solo una mezza verità. Evitammo un completo disastro, nondimeno conoscemmo una caduta dell’occupazione vasta e prolungata, che provocò un costo umano ed economico immenso – che può bene aver contribuito a preparare la scena per la nostra attuale crisi costituzionale. Perché la recessione durò così a lungo?

Ci sono varie risposte, ma il fattore più importante fu la politica – l’ostruzionismo cinico e in mala fede da parte del Partito Repubblicano.

Un aspetto cruciale che ancora non penso sia generalmente riconosciuto è che la crisi finanziaria – la perturbazione dei mercati del credito che seguì il collasso della Lehman – per quanto sia stata terribile e dannosa, fu abbastanza breve. Gli indicatori dello stress finanziario, che includono cose come la diffusione dei tassi di interesse sugli asset rischiosi, si impennarono per pochi mesi, ma rapidamente tornarono alla normalità. L’aspetto puramente finanziario della crisi venne sostanzialmente superato con l’estate del 2009.

Ma la crisi economica più generale andò avanti molto più a lungo. La disoccupazione salì a quasi il 10 per cento, poi scese con penosa lentezza; non riguadagnò quota 5 per cento se non sette anni dopo la caduta di Lehman. Perché una rapida ripresa finanziaria non portò ad una rapida ripresa economica?

Nella sostanza, la risposta è che la crisi finanziaria fu solo un sintomo di un problema maggiore: il collasso di una bolla gigantesca nel settore immobiliare. L’esplosione della bolla esercitò un potente effetto deprimente sull’economia, sia perché portò ad un crollo degli investimenti abitativi, sia perché costituì un gran colpo sulla ricchezza delle famiglie, che ridussero la spesa sui consumi.

Quello che la crisi allora richiedeva erano politiche per incoraggiare la spesa, per bilanciare gli effetti dello scoppio della bolla delle abitazioni. Ma non era disponibile la normale risposta, il taglio dei tassi di interesse, perché i tassi erano già prossimi allo zero. Era invece necessario uno stimolo della finanza pubblica: spese pubbliche accresciute da parte del Governo e tagli alle tasse per le famiglie con redditi bassi e medi, che probabilmente li avrebbero spesi.

E in effetti avemmo uno stimolo sostanziale. Ma non fu grande abbastanza e, più importante ancora, si dissolse in un tempo troppo breve. Nel 2013, con una disoccupazione ancora sopra il 7 per cento, il Governo a tutti i livelli stava fornendo un sostegno economico appena maggiore di quello che aveva messo in atto nel 2007, quando la bolla immobiliare stava ancora procedendo con energia.

Perché la risposta ad una economia depressa fu insufficiente?  Possiamo discutere all’infinito se l’Amministrazione Obama avrebbe potuto ricevere uno stimolo più prolungato nel tempo dal Congresso; quello che è certo è che alcuni dirigenti non videro la necessità di politiche più energiche. Quando Christina Romer, allora a capo dei consiglieri economici, si pronunciò per uno stimolo maggiore, Tim Geithner, il Segretario al Tesoro, lo liquidò come “zucchero”.

Oltre a ciò, gli sforzi per combattere la disoccupazione dovettero misurarsi con un bizzarro consenso, a Washington, secondo il quale, nonostante una elevata disoccupazione e un primato di bassi tassi di interesse, il reale problema era costituito dal debito, non dai posti di lavoro.

Ma la ragione più importante per la quale la grande recessione proseguì così a lungo fu l’opposizione da terra bruciata dei repubblicani verso ogni e qualsiasi iniziativa che avrebbe potuto bilanciare le conseguenze negative dello scoppio della bolla immobiliare.

Quando dico opposizione ‘da terra bruciata’ non uso un’iperbole. Ricordiamoci che nell’estate del 2011 i repubblicani nel Congresso minacciarono di provocare una nuova crisi finanziaria rifiutando di elevare il tetto del debito. Il loro obbiettivo era costringere il Presidente Barack Obama a tagliare la spesa in un momento nel quale la disoccupazione era ancora al 9 per cento e i costi di indebitamento reali degli Stati Uniti erano vicini a zero.

Ora, i repubblicani sostenevano che la loro opposizione a tutto ciò che potesse limitare la disoccupazione di massa fosse guidata da un profondo impegno per la responsabilità nella finanza pubblica. Ma quella era completa ipocrisia – una cosa che era evidente per chiunque guardasse al contenuto effettivo delle proposte di bilancio del Partito Repubblicano, al punto che definirle fumo negli occhi e specchietti per le allodole era far loro un complimento. Si doveva essere estremamente creduloni per prendere sul serio l’estremismo repubblicano in materia di deficit: sfortunatamente, c’era in circolazione una gran quantità di commentatori creduloni.

In ogni modo, i fatti degli ultimi due anni hanno reso chiara la realtà di quello che accadde, in modo cristallino. Proprio gli stessi politici che avevano piamente dichiarato che l’America non poteva permettersi di spendere soldi per sostenere posti di lavoro a fronte di una profonda e prolungata recessione, hanno da poco imposto un vasto taglio alle tasse alle società ed ai ricchi, tale da far esplodere il deficit, anche se attualmente l’economia è vicina alla piena occupazione. No, non hanno abbandonato i loro propositi di responsabilità in materia di finanza pubblica; anzitutto non si sono mai preoccupati dei deficit.

Se dunque volete capire perché la grande recessione che ebbe inizio nel 2008 durò così a lungo, rovinando tante vite di americani, dovete cercare la risposta nella politica. In particolare, la politica non fu all’altezza, perché repubblicani cinici e in mala fede furono disponibili a sacrificare milioni di posti di lavoro piuttosto che consentire che qualcosa di positivo accadesse all’economia, nel mentre l’inquilino della Casa Bianca era un democratico.

 

 

 

 

 

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