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Kavanaugh e la politica della malafede, di Paul Krugman (New York Times, 17 settembre 2018)

 

Sept. 17, 2018

Kavanaugh and the Politics of Bad Faith

By Paul Krugman

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Activists in Maine opposed to the nomination of Brett Kavanaugh to the Supreme Court are trying to put pressure on Susan Collins, the state’s Republican senator. If Collins votes for Kavanaugh, they say, they will donate substantial sums to her opponent in the next election.

Whatever you think of Kavanaugh, this is surely a legitimate tactic: Donors and activists try to influence politicians’ votes all the time, often by warning of adverse electoral consequences if the politicians make what the activists consider the wrong choice. Last year, for example, major Republican donors openly threatened to withhold contributions unless the party gave them a big tax cut.

But now Collins, other Republicans and conservative activists are describing the pressure over Kavanaugh as “bribery,” “extortion” and “blackmail.” And some of those claiming that normal political activism is somehow illegitimate are the very same big donors who warned Republicans to pass tax cuts or else.

Calling this about-face hypocrisy is fair, but feels inadequate. We’re looking at something much bigger and more pervasive than mere hypocrisy: We’re talking about bad faith on an epic scale.

“Bad faith” is, by the way, a legal term, referring to “entering into an agreement without the intention or means to fulfill it, or violating basic standards of honesty.” In politics, it usually means pretending to be committed to principles you abandon the moment they become inconvenient. And bad faith in this sense pervades almost everything the modern G.O.P. says and does.

The very process that brought Kavanaugh to the brink of a lifetime Supreme Court appointment was saturated in bad faith.

Remember, Republicans wouldn’t even give President Barack Obama’s nominee a hearing, claiming that because Obama was late in his second term the process should wait, leaving a court seat vacant for more than a year, to let voters weigh in. Now they’re trying to ram Kavanaugh through in a matter of weeks, despite incomplete vetting of his legal record and major questions about his personal history. (Explosive sexual charges aside, will anyone ask about his huge personal debts?)

Why the rush? Because there’s a chance the G.O.P. will lose the Senate soon. That whole thing about letting the voters have their say was dishonest from the beginning.

And there are many more examples. Remember when Paul Ryan posed as the ultimate guardian of fiscal responsibility, releasing manifestoes warning in dire terms of the “crushing burden of debt”? The moment Republicans found themselves in control of the White House, Ryan helped ram through a huge tax cut that will add $1.5 trillion to the deficit.

Ryan’s hyperventilating about the deficit was focused mainly on social programs; in particular, he proposed large cuts to Medicare, converting it into a voucher program that would eventually receive far less money than the existing program. Some pundits praised his courage in making such a proposal. But now a political action committee tied to Ryan is running ads falsely accusing Democrats of … planning to cut Medicare.

Wait, there’s more. For years, Republicans tarred their opponents as unpatriotic. Remember the whole thing about Obama supposedly apologizing for America? Now we have a president who praises brutal foreign dictators and whose national security adviser and campaign chairman were both undisclosed foreign agents — and it doesn’t seem to bother the G.O.P. at all.

Oh, and let’s not forget that Bill Clinton was impeached over a consensual affair, because Republicans insisted that the president’s personal behavior must be above reproach. Need I say more?

And there are many, many more such stories. In fact, what’s really hard is to come up with significant areas of politics or policy where Republicans are acting in good faith, where their deeds really correspond to the principles they claim to have. Offhand, I can’t come up with any examples.

Why has the G.O.P. become the party of bad faith? Mainly, I suspect, because its core policy agenda of cutting taxes on the rich while slashing social programs is deeply unpopular. So to win elections it must obscure its true policies — like the Republicans now claiming, falsely, that they want to protect Americans with pre-existing medical conditions — and constantly pretend to stand for things it doesn’t actually care about, from fiscal probity to personal responsibility.

The key thing to realize about the G.O.P.’s near-total commitment to bad faith is that voters aren’t the only victims.

It’s true that many Trump supporters will get a rude shock if Republicans hold Congress, imagining that they’re making America great and losing their health care coverage instead. But bad faith takes a moral toll on Republican politicians, too. We keep seeing people who once appeared to have some sense of decency turn into abject apparatchiks. Remember when Lindsey Graham seemed to have some independent conscience?

Is Susan Collins next? Instead of attacking those activists back in Maine, she should be thanking them, for giving her one last chance to save her political soul.

 

Kavanaugh e la politica della malafede,

di Paul Krugman

Gli attivisti del Maine che si oppongono alla nomina di Brett Kavanaugh alla Corte Suprema stanno cercando di fare pressione su Susan Collins, Senatrice repubblicana dello Stato. Se la Collins vota a favore di Kavanaugh, sostengono, doneranno fondi sostanziali al suo avversario nelle prossime elezioni.

Qualsiasi cosa pensiate di Kavanaugh, questa è sicuramente una tattica legittima: da sempre i donatori e gli attivisti cercano di influenzare i voti dei politici, spesso mettendo in guardia per conseguenze elettorali negative se i politici fanno quelle che gli attivisti considerano scelte sbagliate. L’anno scorso, ad esempio, importanti donatori repubblicani minacciarono di rifiutare i loro contributi se il partito non decideva a loro vantaggio un grande sgravio fiscale.

Ma ora la Collins, altri repubblicani e attivisti conservatori stanno descrivendo la pressione su Kavanaugh come “corruzione”, “estorsione” e “ricatto”. E alcuni di coloro che sostengono che l’attivismo politico è in qualche modo illegittimo sono proprio gli stessi grandi donatori che ammonirono i repubblicani ad approvare i tagli alle tasse, altrimenti sarebbe stato peggio per loro. Definire questa come una ipocrita inversione di rotta è giusto, ma sembra inadeguato. Stiamo assistendo a qualcosa di molto più grande e di più pervasivo di una semplice ipocrisia: stiamo parlando di malafede di dimensioni gigantesche.

“Malafede”, per inciso, è un termine legale, che si riferisce a “aderire ad un accordo senza avere l’intenzione o i mezzi di rispettarlo, oppure violando elementari criteri di onestà”. In politica, ciò normalmente comporta di fingere di impegnarsi per principi che si abbandonano nel momento in cui diventano non convenienti. E, in questo senso, la malafede pervade quasi ogni cosa che il Partito Repubblicano odierno dice e fa.

L’effettivo meccanismo che ha portato Kavanaugh sulla soglia di una nomina alla Corte Suprema della durata di un’intera vita era saturo di malafede. Si ricordi, i repubblicani non concessero al nominato del Presidente Barack Obama neppure una audizione, sostenendo che poiché Obama era avanti nel suo secondo mandato la procedura avrebbe dovuto attendere, lasciando un seggio della Corte vacante per più di un anno, per consentire agli elettori di dire la propria opinione. Ora stanno cercando di imporre Kavanaugh in poche settimane, nonostante un esame incompleto delle sue credenziali legali e di importanti quesiti sulla sua storia personale (a parte esplosive accuse sulla condotta sessuale, qualcuno gli chiederà dei suoi grandi debiti personali?).

Perché questa corsa? Perché c’è una possibilità che il Partito Repubblicano perda il Senato. L’intera faccenda di consentire agli elettori di esprimere il loro punto di vista era disonesta sin dall’inizio.

E ci sono molti altri esempi. Ricordate quando Paul Ryan si atteggiava come il massimo guardiano in materia di responsabilità nella finanza pubblica, pubblicando manifesti che ammonivano con espressioni terribili sul “devastante peso del debito”? Appena i repubblicani si sono trovati a controllare la Casa Bianca, Ryan contribuì a far approvare un gigantesco taglio delle tasse che aumenterà il deficit di 1.500 miliardi di dollari.

L’eccitazione di Ryan sul deficit era concentrata principalmente sui programmi sociali; in particolare, aveva proposto ampi tagli a Medicare, convertendolo in un programma di voucher che alla fine avrebbe ricevuto finanziamenti molto inferiori al programma esistente. Alcune commentatori elogiarono il suo coraggio nel fare tale proposta. Ma adesso un comitato di iniziativa politica legato a Ryan sta producendo propaganda che accusa falsamente i democratici di … programmare tagli su Medicare.

Aspettate, c’è di più. Per anni, i repubblicani hanno accusato i loro avversari di essere antipatriottici. Vi ricordate tutta quella faccenda relativa ad Obama secondo la quale si supponeva che si scusasse troppo a nome dell’America? Ora abbiamo un Presidente che elogia brutali dittatori stranieri e il cui Consigliere nazionale per la sicurezza e colui che era a capo della campagna elettorale erano entrambi agenti stranieri segreti – e non sembra che ciò faccia affatto alcuna impressione al Partito Repubblicano.

E infine non dimentichiamo che Bill Clinton venne sottoposto ad impeachment per una vicenda consensuale, perché i repubblicani insistevano che la condotta personale del Presidente non deve essere oggetto di biasimo. Devo aggiungere altro?

E ci sono proprio molte storie simili. Di fatto, quello che è davvero difficile è inventarsi aree significative nelle relazioni e nei programmi politici nelle quali i repubblicani stiano agendo in buonafede, nelle quali le loro azioni corrispondano davvero ai principi che sostengono di avere. Su due piedi, non mi viene in mente alcun esempio.

Perché il Partito Repubblicano è diventato il partito della malafede? Sospetto che principalmente dipenda dal fatto che il centro del suo programma politico, il taglio delle tasse sui ricchi nel mentre si abbattono i programmi sociali, è profondamente impopolare. Dunque, per vincere le elezioni esso deve oscurare le sue politiche effettive – come i repubblicani che adesso sostengono falsamente di voler proteggere gli americani con preesistenti patologie sanitarie – e deve fingere continuamente di battersi per cose delle quali in realtà non si cura, dalla correttezza finanziaria alla responsabilità personale.

La questione cruciale da comprendere sull’impegno praticamente assoluto del Partito Repubblicano alla malafede, è che le sole vittime non sono gli elettori.

È vero che molti sostenitori di Trump avranno un grave trauma se i repubblicani mantengono il controllo del Congresso: si immaginavano di rendere grande l’America e invece perdono la loro assistenza sanitaria. Ma la malafede impone anche un tributo morale ai politici repubblicani. Continuiamo a vedere persone che sembravano avere una qualche dignità che si trasformano in abietti burocrati. Vi ricordate quando Lindsey Graham pareva avere in qualche modo una coscienza indipendente?

Sarà Susan Collins la prossima? Piuttosto che attaccare quegli attivisti nel lontano Maine, dovrebbe ringraziarli, dato che le danno l’ultima possibilità di salvare la sua coscienza politica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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