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Trump contro la minaccia socialista, di Paul Krugman (New York Times, 7 febbraio 2019)

 

Feb.7, 2019

Trump Versus the Socialist Menace

By Paul Krugman

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In 1961, America faced what conservatives considered a mortal threat: calls for a national health insurance program covering senior citizens. In an attempt to avert this awful fate, the American Medical Association launched what it called Operation Coffee Cup, a pioneering attempt at viral marketing.

Here’s how it worked: Doctors’ wives (hey, it was 1961) were asked to invite their friends over and play them a recording in which Ronald Reagan explained that socialized medicine would destroy American freedom. The housewives, in turn, were supposed to write letters to Congress denouncing the menace of Medicare.

Obviously the strategy didn’t work; Medicare not only came into existence, but it became so popular that these days Republicans routinely (and falsely) accuse Democrats of planning to cut the program’s funding. But the strategy — claiming that any attempt to strengthen the social safety net or limit inequality will put us on a slippery slope to totalitarianism — endures.

And so it was that Donald Trump, in his State of the Union address, briefly turned from his usual warnings about scary brown people to warnings about the threat from socialism.

What do Trump’s people, or conservatives in general, mean by “socialism”? The answer is, it depends.

Sometimes it means any kind of economic liberalism. Thus after the SOTU, Steven Mnuchin, the Treasury secretary, lauded the Trump economy and declared that “we’re not going back to socialism” — i.e., apparently America itself was a socialist hellhole as recently as 2016. Who knew?

Other times, however, it means Soviet-style central planning, or Venezuela-style nationalization of industry, never mind the reality that there is essentially nobody in American political life who advocates such things.

The trick — and “trick” is the right word — involves shuttling between these utterly different meanings, and hoping that people don’t notice. You say you want free college tuition? Think of all the people who died in the Ukraine famine! And no, this isn’t a caricature: Read the strange, smarmy report on socialism that Trump’s economists released last fall; that’s pretty much how its argument goes.

So let’s talk about what’s really on the table.

Some progressive U.S. politicians now describe themselves as socialists, and a significant number of voters, including a majority of voters under 30, say they approve of socialism. But neither the politicians nor the voters are clamoring for government seizure of the means of production. Instead, they’ve taken on board conservative rhetoric that describes anything that tempers the excesses of a market economy as socialism, and in effect said, “Well, in that case I’m a socialist.”

What Americans who support “socialism” actually want is what the rest of the world calls social democracy: A market economy, but with extreme hardship limited by a strong social safety net and extreme inequality limited by progressive taxation. They want us to look like Denmark or Norway, not Venezuela.

And in case you haven’t been there, the Nordic countries are not, in fact, hellholes. They have somewhat lower G.D.P. per capita than we do, but that’s largely because they take more vacations. Compared with America, they have higher life expectancy, much less poverty and significantly higher overall life satisfaction. Oh, and they have high levels of entrepreneurship — because people are more willing to take the risk of starting a business when they know that they won’t lose their health care or plunge into abject poverty if they fail.

Trump’s economists clearly had a hard time fitting the reality of Nordic societies into their anti-socialist manifesto. In some places they say that the Nordics aren’t really socialist; in others they try desperately to show that despite appearances, Danes and Swedes are suffering — for example, it’s expensive for them to operate a pickup truck. I am not making this up.

What about the slippery slope from liberalism to totalitarianism? There’s absolutely no evidence that it exists. Medicare didn’t destroy freedom. Stalinist Russia and Maoist China didn’t evolve out of social democracies. Venezuela was a corrupt petrostate long before Hugo Chávez came along. If there’s a road to serfdom, I can’t think of any nation that took it.

So scaremongering over socialism is both silly and dishonest. But will it be politically effective?

Probably not. After all, voters overwhelmingly support most of the policies proposed by American “socialists,” including higher taxes on the wealthy and making Medicare available to everyone (although they don’t support plans that would force people to give up private insurance — a warning to Democrats not to make single-payer purity a litmus test).

On the other hand, we should never discount the power of dishonesty. Right-wing media will portray whomever the Democrats nominate for president as the second coming of Leon Trotsky, and millions of people will believe them. Let’s just hope that the rest of the media report the clean little secret of American socialism, which is that it isn’t radical at all.

 

 

Trump contro la minaccia socialista,

di Paul Krugman

Nel 1961, l’America era di fronte a quella che i conservatori consideravano una minaccia mortale: la richiesta di un programma di assicurazione sanitaria che assistesse i cittadini anziani. Nel tentativo di evitare questo destino tremendo, la American Medical Association lanciò quella che chiamò Operazione Tazza di Caffè, un tentativo pionieristico di pubblicità virale.

Ecco come funzionava: si chiedeva alle mogli dei dottori (beh, era il 1961) di invitare le loro amiche ad ascoltare una registrazione nella quale Ronald Reagan spiegava che la medicina socializzata avrebbe distrutto la libertà americana. Si supponeva che, a loro volta, le casalinghe scrivessero lettere al Congresso per denunciare la minaccia di Medicare.

Ovviamente la strategia non funzionò: non solo Medicare entrò in funzione, ma divenne così popolare che di questi tempi i repubblicani normalmente (e falsamente) accusano i democratici di programmare il taglio dei finanziamenti di quel programma. Ma la strategia – che pretende che ogni tentativo di rafforzare le reti della sicurezza sociale o di limitare l’ineguaglianza ci metterebbe sulla brutta china del totalitarismo – persiste.

E così è accaduto che Donald Trump, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, è brevemente passato dalle sue consuete filippiche sulle spaventose persone di colore agli ammonimenti sulla minaccia del socialismo.

Cosa intendono, la gente di Trump o i conservatori in generale, per “socialismo”? La risposta è: dipende.

Talvolta intendono ogni genere di progressismo economico. Quindi, dopo il discorso sullo Stato dell’Unione, Steven Mnuchin, il Segretario al Tesoro, ha elogiato la politica economica di Trump ed ha dichiarato che “non stiamo tornando al socialismo” – vale a dire che parrebbe che la stessa America sino al recente 2016 era un inferno socialista. Chi lo sapeva?

In altre occasioni, tuttavia, esso significa una pianificazione centrale di tipo sovietico, o una nazionalizzazione dell’industria sul modello del Venezuela, e non è importante il fatto che fondamentalmente nessuno nella vita politica americana sostenga cose del genere.

La fregatura – “fregatura” è la parola giusta – consiste nel fare la spola tra questi significati completamente diversi, sperando che la gente non se ne accorga. Dite che volete rette universitarie gratuite? Pensate alla gente che morì nella carestia dell’Ucraina! E si badi che non è una caricatura: leggete quello strano, mellifluo rapporto sul socialismo che gli economisti di Trump hanno pubblicato lo scorso autunno; sostanzialmente la logica è quella.

Parliamo, dunque, di quello che è davvero sul tavolo.

Alcuni politici progressisti statunitensi oggi si descrivono come socialisti, e un numero significativo di elettori, inclusa una maggioranza di quelli che sono sotto i trent’anni, dicono di approvare il socialismo. Ma né i politici né gli elettori stanno reclamando la confisca da parte del Governo dei mezzi di produzione. Piuttosto, hanno preso per buona la retorica conservatrice che descrive tutto ciò che mitiga gli effetti di un’economia di mercato come socialismo, e in sostanza hanno detto: “Ebbene, in quel caso sono un socialista”.

Quello che gli americani che sostengono il “socialismo” effettivamente vogliono è quello che il resto del mondo chiama socialdemocrazia: una economia di mercato, ma con la povertà estrema limitata da un forte rete di sicurezza sociale e l’ineguaglianza estrema limitata da una tassazione progressiva. Vogliono che noi si somigli alla Danimarca o alla Norvegia, non al Venezuela.

E nel caso non ci state stati, i paesi nordici non sono, di fatto, un inferno. Hanno un PIL procapite un po’ più basso di quello che abbiamo noi, ma questo dipende in gran parte dal fatto che hanno maggiori vacanze. A confronto con l’America, hanno una aspettativa di vita più alta, molta minore povertà e risultano nel complesso molto più appagati dalle loro esistenze. Inoltre, hanno livelli elevati di imprenditorialità – giacché le persone sono più disponibili a prendersi il rischio di avviare una impresa sapendo che non perderanno la loro assistenza sanitaria e non finiranno nella povertà più cupa se falliscono.

Gli economisti di Trump hanno chiaramente difficoltà a inquadrare le società nordiche nel loro manifesto antisocialista. Talvolta dicono che i nordici non sono in realtà socialisti; altre volte cercano disperatamente di dimostrare, nonostante le apparenze, che i danesi e gli svedesi patiscono – ad esempio, per loro è costoso mantenersi un camioncino. Non me lo sto inventando [1].

Che dire della brutta china dal progressismo al totalitarismo? Non c’è assolutamente alcuna prova che essa esista. Medicare non distrusse la libertà. La Russia stalinista e la Cina maoista non erano in precedenza socialdemocrazie. Il Venezuela era un stato petrolifero corrotto molto prima che arrivasse Hugo Chavez. Se c’è una strada verso la servitù, non so pensare ad alcuna nazione che l’abbia imboccata.

Dunque, i seminatori di paure sul socialismo, sono sia sciocchi che disonesti. Ma tutto questo sarà efficace politicamente?

Probabilmente no. Dopo tutto, gli elettori sono a favore in modo schiacciante delle politiche proposte dai “socialisti” americani, incluse le tasse più alte sui ricchi e il rendere Medicare disponibile per tutti (sebbene non siano a favore di programmi che costringerebbero la gente a rinunciare alle assicurazioni private – un ammonimento ai democratici a non fare diventare la purezza della soluzione di un unico centro di pagamenti una cartina di tornasole).

D’altra parte, non dovremmo neppure sottovalutare il potere della disonestà. I media della destra dipingeranno chiunque i democratici candideranno alla Presidenza come una reincarnazione di Leone Trotskij, e milioni di persone ci crederanno. Possiamo solo sperare che il resto dei media informi del piccolo segreto pulito del socialismo americano, che consiste nel non essere affatto estremista.

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] Ieri, su Twitter, Krugman ha pubblicato un diagramma piuttosto demenziale – desunto da qualche ricerca dei conservatori, se non proprio dal rapporto degli economisti di Trump sul “socialismo” – nel quale appaiono costi per l’acquisto e il mantenimento dei ‘pickup’ negli Stati Uniti e nei paesi nordici. Costi che sarebbero abbastanza nettamente sfavorevoli ai paesi nordici.

 

 

 

 

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