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I repubblicani non credono nella democrazia, di Paul Krugman (New York Times, 16 settembre 2019)

 

Sept. 16, 2019

Republicans Don’t Believe in Democracy

By Paul Krugman

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Item: Last week Republicans in the North Carolina House used the occasion of 9/11 to call a surprise vote, passing a budget bill with a supermajority to override the Democratic governor’s veto. They were able to do this only because most Democrats were absent, some of them attending commemorative events; the Democratic leader had advised members that they didn’t need to be present because, he says, he was assured there would be no votes that morning.

Item: Also last week, Representative Adam Schiff, the Democratic chairman of the House Intelligence Committee, issued a subpoena to the acting director of national intelligence, who has refused to turn over a whistle-blower complaint that the intelligence community’s inspector general found credible and of “urgent concern.” We don’t know what the whistle-blower was warning about, but we do know that the law is clear: Such complaints must be referred to Congress, no exceptions allowed.

On the surface, these stories may seem to be about very different things. The fight in North Carolina is basically about the G.O.P.’s determination to deny health care to low-income Americans; the governor had threatened to veto any budget that didn’t expand Medicaid. The whistle-blower affair probably involves malfeasance by high government officials, quite possibly President Trump, that in some way threatens national security.

What the stories have in common, however, is that they illustrate contempt for democracy and constitutional government. Elections are supposed to have consequences, conveying power to the winners. But when Democrats win an election, the modern G.O.P. does its best to negate the results, flouting norms and, if necessary, the law to carry on as if the voters hadn’t spoken.

Thus, in 2016 the voters of North Carolina chose a Democrat to govern the state; the immediate G.O.P. response was to try to strip away most of the governor’s power. Last year Democrats won a majority of the votes for the state legislature, too, although Republicans retained control thanks to extreme gerrymandering. But they no longer have a veto-proof majority — hence last week’s power grab.

Similarly, last year America’s voters chose to give Democrats control of the House of Representatives. This still leaves Democrats without the ability to pass legislation, since Republicans control the Senate and the White House. But the House, by law, has important additional powers — the right to be informed of what’s going on in the executive branch, such as complaints by whistle-blowers, and the right to issue subpoenas demanding information relevant to governing.

The Trump administration, however, has evidently decided that none of that matters. So what if Democrats demand information they’re legally entitled to? So what if they issue subpoenas? After all, law enforcement has to be carried out by the Justice Department — and under William Barr, Justice has effectively become just another arm of the G.O.P.

This is the context in which you want to think about the latest round of revelations about Brett Kavanaugh.

First of all, we now know that the F.B.I., essentially at Republican direction, severely limited its investigation into Kavanaugh’s past. So Kavanaugh was appointed to a powerful, lifetime position without a true vetting.

Second, both Kavanaugh’s background and the circumstances of his appointment suggest that Mitch McConnell went to unprecedented lengths to create a Republican bloc on the Supreme Court that will thwart anything and everything Democrats try to accomplish, even if they do manage to take both Congress and the White House. In particular, as The Washington Post’s Greg Sargent notes, it seems extremely likely that this court will block any meaningful action on climate change.

What can Democrats do about this situation? They need to win elections, but all too often that won’t be sufficient, because they confront a Republican Party that at a basic level doesn’t accept their right to govern, never mind what the voters say. So winning isn’t enough; they also have to be prepared for that confrontation.

And surely the first step is recognizing the problem exists. Which brings me to the Democratic presidential primary race.

The leading candidates for the Democratic nomination differ considerably in both their personalities and their policy proposals, but these pale beside their differences from Donald Trump and his party. All of them are decent human beings; all would, if given the chance, move America in a notably more progressive direction.

The real chasm between the candidates is, instead, in the extent to which they get it — that is, the extent to which they understand what they’re facing in the modern G.O.P.

The big problem with Joe Biden, still the front-runner, is that he obviously doesn’t get it. He’s made it clear on many occasions that he considers Trump an aberration and believes that he could have productive, amicable relations with Republicans once Trump is gone.

Which raises the question: Even if Biden can win, is he too oblivious to govern effectively?

 

 

I repubblicani non credono nella democrazia,

di Paul Krugman

 

Oggetto: la scorsa settimana i repubblicani della Camera della Carolina del Nord hanno utilizzato l’occasione dell’anniversario dell’11 settembre per convocare una votazione a sorpresa, approvando una proposta di bilancio con una super maggioranza allo scopo di scavalcare il veto del Governatore democratico. Hanno potuto farlo soltanto perché la maggioranza dei democratici erano assenti, alcuni di loro partecipando agli eventi commemorativi; il leader dei democratici aveva consigliato i membri che non avrebbero avuto bisogno di essere presenti perché, ha detto, gli era stato assicurato che quel mattino non ci sarebbero state votazioni.

Oggetto: sempre la scorsa settimana, il Rappresentante Adam Schiff, Presidente democratico del Comitato dei Servizi Segreti della Camera, ha emesso un mandato di comparizione al facente funzione di direttore dei servizi segreti nazionali, che ha rifiutato di consegnare la denuncia di un informatore che l’ispettore generale della comunità dei servizi segreti aveva trovato credibile e di “urgente interesse”. Non sappiamo da che cosa l’informatore stesse mettendo in guardia, ma sappiamo che la legge è chiara: tali proteste debbono essere riferite al Congresso, senza eccezione alcuna.

In apparenza, queste storie può sembrare che riguardino cose molto diverse.  Lo scontro nella Carolina del Nord riguarda fondamentalmente la determinazione del Partito Repubblicano a negare l’assistenza sanitaria agli americani con bassi redditi; il Governatore aveva minacciato di mettere il veto a qualsiasi bilancio che non ampliasse il programma Medicaid. La faccenda dell’informatore riguarda probabilmente un illecito di alti dirigenti del Governo, abbastanza probabilmente lo stesso Presidente Trump, che in qualche modo minaccia la sicurezza nazionale.

Quello che le storie hanno in comune, tuttavia, è che esse dimostrano il disprezzo per la democrazia e per il governo costituzionale. Si supponeva che le elezioni avessero conseguenze, trasmettendo il potere ai vincitori. Ma quando i democratici vincono una elezione, il Partito Repubblicano fa del suo meglio per negare i risultati, facendosi beffa delle regole e, se necessario, della legge per andare avanti come se gli elettori non si fossero espressi.

Pertanto, nel 2016 gli elettori della Carolina del Nord scelsero un democratico per governare lo Stato; l’immediata risposta del Partito Repubblicano fu di rimuovere gran parte dei poteri del Governatore. L’anno scorso i democratici si aggiudicarono anche una maggioranza di voti per la legislatura dello Stato, sebbene i repubblicani mantenessero il controllo grazie ad una organizzazione molto truffaldina dei distretti elettorali. Ma non hanno più una maggioranza tale da superare i veti del Governatore – da qua il colpo di mano della scorsa settimana.

Similmente, l’anno scorso gli elettori scelsero di dare ai democratici il controllo della Camera dei Rappresentanti. Questo ancora non dà ai democratici la possibilità di approvare leggi, dato che i repubblicani controllano il Senato e la Casa Bianca. Ma la Camera, per legge, ha importanti poteri aggiuntivi – il diritto di essere informata su quello che accade al settore esecutivo, come le denunce da parte di informatori, e il diritto di emettere mandati di comparizione chiedendo informazioni rilevanti per governare.

L’Amministrazione Trump, tuttavia, ha evidentemente deciso che niente di questo è importante. Dunque, cosa accade se i democratici chiedono informazioni alle quali hanno legalmente diritto? Cosa accade se emettono mandati di comparizione? In fin dei conti, la messa in funzione della legge deve essere effettuata dal Dipartimento della Giustizia – e sotto William Barr, la Giustizia è effettivamente diventata solo un’altra arma nelle mani del Partito Repubblicano.

È questo il contesto nel quale potreste riflettere sull’ultima serie di rivelazioni a riguardo di Brett Kavanaugh [1].

Prima di tutto, sappiamo che l’FBI, essenzialmente a direzione repubblicana, ha gravemente limitato le sue indagini sul passato di Kavanaugh. Dunque Kavanaugh è stato nominato in un incarico potente, della durata di una intera vita, senza alcun effettivo esame delle sue credenziali.

In secondo luogo, sia il passato di Kavanaugh che le circostanze della sua nomina mostrano che Mitch McConnell ha fatto tutto il possibile, come mai in precedenza, per creare un blocco repubblicano presso la Suprema Corte che impedisca tutto quello che i democratici cercano di realizzare, anche se riuscissero a conquistare sia entrambi i rami del Congresso che la Casa Bianca. In particolare, come osserva Greg Sargent sul Washington Post, sembra estremamente probabile che questa Corte bloccherà ogni iniziativa significativa sul cambiamento climatico.

Cosa possono fare i democratici in una situazione del genere? Essi hanno bisogno di vincere le elezioni, ma anche troppo spesso ciò non sarà sufficiente, dato che si misurano con un Partito Repubblicano che fondamentalmente non accetta il loro diritto a governare, a prescindere da quello che dicono gli elettori. Dunque vincere non è sufficiente; debbono anche essere preparati a quello scontro.

E certamente il primo passo è riconoscere che il problema esiste. La qual cosa mi porta alla competizione delle primarie democratiche per la Presidenza.

I principali candidati per la nomination democratica sono considerevolmente diversi sia nelle loro personalità che nelle loro proposte politiche, ma questi aspetti perdono di rilievo a confronto delle loro differenza da Donald Trump e dal suo Partito. Sono tutti esseri umani dignitosi; tutti, se ne avessero la possibilità, sposterebbero l’America verso una direzione considerevolmente più progressista.

Il vero divario tra i candidati è, invece, nel modo in cui capiscono la situazione – ovvero, la misura nella quale comprendono con cosa stanno misurandosi nel Partito Repubblicano odierno.

Il grande problema con Joe Biden, che è ancora il favorito, è che egli evidentemente non lo capisce. Ha reso chiaro in molte occasioni che egli concepisce Donald Trump come una aberrazione e crede che potrebbe avere relazioni produttive e amichevoli con i repubblicani, una volta che Trump se ne fosse andato.

Il che solleva la domanda: persino se Biden vincesse, non sarebbe troppo inconsapevole, per governare con efficacia?

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] Brett Michael Kavanaugh (Washington12 febbraio 1965) è uno dei nove giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, nominato dal Presidente Donald Trump. Mesi orsono ci fu uno scontro assai aspro sulla possibile nomina di Kavanaugh, ma la sua nomina fu ineluttabile, a conferma che si trattava di una nomina essenziale per i repubblicani.

 

 

 

 

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