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Trump, le Poste e il disfacimento di ciò che tiene legata l’America, di Paul Krugman (New York Times, 17 agosto 2020)

 

Aug 17, 2020

Trump, the Mail and the Unbinding of America

By Paul Krugman

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In June the independent website Factcheck.org made a dig at Joe Biden, publishing a post titled “Biden Floats Baseless Election Conspiracy.” Biden, you see, had suggested that Donald Trump “wants to cut off money for the post office so they cannot deliver mail-in ballots.” There was, said the post, no evidence that Trump’s “stance toward the U.S. postal system is related to the presidential election.”

A few days ago Factcheck.org conceded that Biden had, in fact, been right. The confirmation? Trump’s own statements.

Nancy Pelosi is calling the House back from summer recess to consider legislation on the issue, and for good reason: There are not one but two possible constitutional crises looming. In one, millions of votes never get counted. In the other, delays in the counting of mail-in votes lead Trump to claim victory in an election he actually lost.

These November nightmares are the reason we need to act urgently to secure the integrity of America’s mail. But there’s also a larger, longer-term aspect to the assault on the postal system. It’s part of a broader attack on the institutions that bind us together as a nation.

There was, after all, a reason the Constitution specifically granted Congress the ability to “establish post offices and post roads.” Clearly, the founders saw some kind of national postal system as one way to help turn the still shaky idea of the United States as a nation into reality. In fact, in its early years one of the post office’s key roles was the delivery of newspapers, as a way to keep Americans informed and connected.

The Postal Service as we know it now didn’t emerge all at once. Instead, it evolved gradually, through an accumulation of both formal legislation and precedents.

Direct delivery of mail to urban homes didn’t begin until 1863, and permanent rural free delivery until 1902. The Parcel Post wasn’t created until 1913; previously, rural customers had to rely on a cartel of private companies that conspired to keep shipping rates high.

All these changes, however, had a common theme: bringing Americans into better contact with one another and the world at large. A key part of the post office’s ethos has long been that it has a “universal service obligation,” “binding the nation together” and “facilitating citizen inclusion.”

For much of America’s history this largely involved bringing remote areas access to the fruits of urban economic progress; it’s hard to overstate how much difference the rise of the mail-order business, made possible by postal expansion, made to the quality of rural life. And postal delivery remains crucial in rural areas, which are poorly (and expensively) served by private delivery companies.

But it’s not just the rural population; the Postal Service remains a lifeline, sometimes literally, for many Americans who for whatever reason have limited ability to, say, visit a pharmacy to pick up prescriptions. The Department of Veterans Affairs delivers about 80 percent of its outpatient prescriptions by mail.

As the mail-in voting crisis has erupted, some of the usual suspects on the right have taken to denouncing the Postal Service as a bad, money-losing business. But the founders didn’t put the postal clause in the Constitution because they saw it as a business opportunity; the Postal Service was supposed to serve broader national goals — and it still does.

But, you may ask, why should this logic apply only to the mail? Shouldn’t we support other institutions that bind the nation together? Yes, we should — and do.

The Rural Electrification Administration, created in the 1930s to bring power to rural areas, was about national integration as well as economic development — and beginning in 1949 it subsidized the expansion of rural telephone networks, too. The Interstate Highway System was justified in part with dubious claims about national security, but it had the effect of reinforcing national unity.

What about the internet? Should we have a policy to ensure that Americans have access to modern telecommunications, too? Actually, yes.

Internet access in America is far more expensive than in other advanced countries, because largely unregulated private providers abuse their market power, much like the private shippers that exploited farmers before the creation of the Parcel Post.

Of course, we don’t expect every service in the modern economy to be subject to a universal service obligation. We don’t all need golf course memberships or private boats to participate fully in our national life.

But most Americans — presumably including most of the 91 percent of the public with a favorable view of the Postal Service — believe that there are some things that should be universally available, even if providing those things isn’t profitable, because they’re important components of full citizenship.

Unfortunately, Trump and those around him don’t share that belief, perhaps because they don’t really buy into this notion of “full citizenship” in the first place. And that’s one reason they might have been trying to cripple the post office even if it weren’t their best hope of stealing this election.

 

Trump, le Poste e il disfacimento di ciò che tiene legata l’America,

di Paul Krugman

 

In giugno l’indipendente sito web Factcheck.org lanciò una stoccata a Joe Biden, pubblicando un articolo dal titolo “Biden parla di una cospirazione elettorale senza fondamento”. Biden, dovete sapere, aveva suggerito che Donald Trump “vuole tagliare i finanziamenti all’ufficio delle Poste perché non possano consegnare i certificati delle elezioni per posta”. Non c’era alcuna prova, diceva l’articolo, che “la presa di posizione (di Trump) verso il sistema postale degli Stati Uniti fosse collegata alle elezioni presidenziali”.

Pochi giorni dopo Factcheck.org ammise che Biden, di fatto, aveva avuto ragione. La conferma? Le stesse dichiarazioni di Trump.

Nancy Pelosi sta convocando la Camera dalla sospensione estiva perché prenda in esame la legislazione sulla materia, e per una buona ragione: incombono non una ma due possibili crisi costituzionali. In un caso, milioni di voti non verrebbero mai scrutinati. Nell’altro, i ritardi nel contare i voti per posta porterebbero Trump a sostenere di aver vinto elezioni che in realtà avrebbe perso.

Queste incubi di novembre sono la ragione per la quale abbiamo bisogno di agire con urgenza per assicurare l’integrità dello Poste americane. Ma c’è anche un aspetto più ampio e più a lungo termine nell’assalto al sistema postale. Esso fa parte di un attacco più generale alle istituzioni che ci tengono assieme come nazione.

Dopo tutto, c’era una ragione per la quale la Costituzione in modo specifico concesse al Congresso la competenza di “istituire gli uffici postali e le strade postali”. Chiaramente, i fondatori consideravano un qualche sistema postale nazionale come un modo per contribuire a tradurre nella realtà la ancora traballante idea degli Stati Uniti come nazione. Di fatto, nei suoi primi anni uno dei compiti fondamentali dell’ufficio delle Poste fu la consegna dei giornali, un modo per tenere gli americani informati e collegati.

Il Servizio Postale come lo conosciamo oggi non emerse tutto a un tratto. Piuttosto, si sviluppò gradualmente, attraverso una sedimentazione sia di formali leggi che di precedenti.

La consegna diretta della posta nelle case delle città non ebbe inizio sino al 1863, e la permanente consegna gratuita nelle aree rurali sino al 1902. Il servizio dei pacchi postali non venne creato fino al 1913; in precedenza, i clienti delle aree rurali dovevano basarsi su un cartello di società private che si mettevano d’accordo per tenere alti i prezzi delle spedizioni.

Tuttavia, tutti questi cambiamenti avevano un aspetto in comune: portare gli americani ad un migliore collegamento, l’uno con l’altro e in generale con il mondo. Una parte fondamentale dell’ethos dell’ufficio postale è stata da sempre che esso ha “il compito di un servizio universale”, “che tiene collegata la nazione” e “facilita l’inclusione dei cittadini”.

Per buona parte della storia americana questo ha in gran parte riguardato il portare le aree difficilmente accessibili ai frutti del progresso economico urbano; è difficile sopravvalutare quanta differenza abbia comportato sulla qualità della vita rurale l’avvento delle vendite per corrispondenza, rese possibili dalla espansione delle Poste. E la consegna della posta resta cruciale nelle aree rurali, che sono modestamente (e costosamente) servite da società private di consegna.

Ma non si tratta soltanto della popolazione rurale; il Servizio Postale resta un’ancora di salvezza, in alcuni casi letteralmente, per molti americani che per un qualsiasi ragione hanno una possibilità limitata, ad esempio, di recarsi alla farmacia e andare a ritirare i farmaci prescritti. Il Dipartimento degli Affari dei Veterani consegna via posta circa l’80 per cento delle sue prescrizioni ambulatoriali.

Quando è scoppiata la crisi del voto per posta, alcuni dei soliti noti della destra hanno cominciato a denunciare il Servizio Postale come una una impresa scadente, che perde soldi. Ma i fondatori non misero la clausola sulle poste nella Costituzione perché la consideravano una opportunità affaristica; il Servizio Postale si pensava avesse obbiettivi nazionali più generale – e li ha ancora.

Eppure, potreste chiedervi, perché dovremmo applicare questa logica solo alle Poste? Perché non dovremmo sostenere altre istituzioni che tengono insieme la nazione? Ebbene, dovremmo farlo – e lo facciamo.

La Amministrazione per la Elettrificazione Rurale, creata negli anni ’30 per portare l’energia elettrica nelle aree rurali, riguardava nello stesso modo l’integrazione nazionale e lo sviluppo economico – e a partire dal 1949 essa finanziò anche l’espansione delle reti telefoniche rurali. Il Sistema Interstatale della Grande Viabilità fu in parte giustificato con dubbi argomenti sulla sicurezza nazionale, ma ebbe l’effetto di rafforzare l’unità nazionale.    

Che dire di internet? Dovremmo avere anche una politica per garantire che gli americani abbiano accesso alle telecomunicazioni moderne? Certamente.

L’accesso ad internet in America è di gran lunga più costoso che in altri paesi avanzati, perché fornitori privati in gran parte privi di regole abusano del loro potere sul mercato, proprio come gli spedizionieri privati che sfruttavano gli agricoltori prima della creazione del Servizio per i pacchi postali.

Naturalmente, non ci aspettiamo che nell’economia moderna ogni servizio sia soggetto all’obbligo di  servizio universale. Non abbiamo un tal bisogno che i membri di un campo di golf o di imbarcazioni private partecipino pienamente alla vita della nazione.

Ma la maggioranza degli americani – che presumibilmente include la maggioranza del 91 per cento che ha una opinione favorevole sul Servizio Postale – crede che ci siano alcune cose che dovrebbero essere universalmente disponibili, persino se quelle cose non sono a fini di lucro, perché sono componenti importanti di una piena cittadinanza.

Sfortunatamente, Trump e quelli che gli stanno attorno non condividono quella convinzione, forse perché anzitutto non credono all’idea della “piena cittadinanza”. E quella è una ragione per la quale può darsi che stiano cercando di azzoppare l’ufficio delle Poste, persino se esso non fosse la loro carta migliore per rubare queste elezioni.

 

 

 

 

 

 

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