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Il paradosso della faziosità pandemica, di Paul Krugman (New York Times, 25 febbraio 2021)

Feb 25, 2021

The Paradox of Pandemic Partisanship

By Paul Krugman

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President Biden’s Covid-19 relief proposal remains incredibly popular; if anything, it’s getting more popular as it barrels through Congress. Multiple polls show that something like 70 percent of Americans approve of the $1.9 trillion plan. It’s almost twice as popular as the Republican tax cut of 2017; it’s more popular than the Obama stimulus of 2009; it’s hard to believe now, but the Biden plan is more popular than Medicare was in the months before it passed in 1965.

Big business has also come on board: More than 150 senior executives at major companies have written congressional leaders urging enactment of Biden’s plan.

It’s not too hard to see why Democrats and independents like the plan. What I’m trying to understand is something that seems like a political paradox. Namely, how is it possible that so many Republicans approve of the plan?

Why is Republican support for Biden’s economic plans a puzzle? Because most of the Republican rank and file believe (based on nothing but lies) that the election was stolen. So we’re in a peculiar position where a substantial number of voters don’t believe Biden has the right to be running the country, but effectively approve of the way he’s running it, at least in terms of economic policy.

A recent Economist/YouGov poll makes the point. According to that poll, only 16 percent of self-identified Republicans believe that Biden won the election fairly, while 71 percent believe that it was stolen from Donald Trump. Yet 39 percent of Republicans favor Biden’s $1.9 trillion spending proposal. A Morning Consult poll puts Republican support for the plan at 60 percent!

OK, believing that the presidency was stolen and supporting the policies of the man on whose behalf you think it was stolen isn’t literally a contradiction. But it’s still very strange.

It’s also in stark contrast to what went down under President Obama. What those of us who participated in economic debates during the early Obama years remember was the constant drumbeat of warnings that the new president’s policies would produce disaster. The Obama stimulus was considerably smaller than the Biden plan (indeed, much too small, but that’s another story). Yet not a week went by without loud claims that hyperinflation and a debt crisis were just around the corner.

And Republicans also spent years denouncing Obamacare as a tyrannical job-killer, while they’ve barely mentioned the significant expansion in Obamacare that is contained within the Biden proposal.

So what’s different this time?

There are probably several reasons Republicans are having a hard time making the case against Biden’s policies. I’ve written before that pandemic relief may simply be an easier, more intuitive sell than Keynesian economic stimulus. And Republicans may be paying a price for their past hypocrisy, moving from calling debt an existential threat under Obama to ignoring it under Trump.

I also suspect, although I don’t have solid evidence, that the Republican Party is finally paying a price for its wonk gap — its disdain for expertise on, well, everything, which has effectively driven experts out of the party.

The truth is that Republicans haven’t listened to experts for a long time. Just ask Dr. Fauci. But the party used to have people who could at least act the part.

Remember Paul Ryan, former speaker of the House? He wasn’t actually a fiscal policy wonk — he was, in fact, an obvious flimflam man if you looked closely — but he was pretty good at playing a policy wonk on TV. It’s hard to think of anyone in the contemporary Republican Party who can even do that.

In fact, it’s even hard to think of anyone, aside from some Democratic policy wonks (!), who’s really hammering the case against Bidenomics. Who’s the face of Republican opposition to the American Rescue Plan? Nobody comes to mind.

Put it this way: Republicans appear to be losing the economic argument in part because they aren’t even bothering to show up.

One further thought: An unintended consequence of the Big Lie about the election may be that it undercuts Republican opposition to Democratic policy priorities. The right-wing media complex, vast as it is, has to deal with its viewers’ and listeners’ limited attention spans. Every hour spent promulgating conspiracy theories about election fraud and false-flag Antifa operations is an hour not spent frightening audiences about the imminent death of the dollar at the hands of Democratic big spenders.

So I guess the spectacle of widespread Republican support for the policies of a man they consider an usurper makes a weird kind of sense. But it has to involve a lot of cognitive dissonance; surely it can’t be sustainable over the years ahead.

What nobody knows is which way the dissonance collapses. Most private-sector economists now expect rapid economic recovery over the next year, probably combined with a vast sense of relief as the pandemic fades away. Will positive developments bring Republicans over to Biden’s side? Or will Republicans decide that all the good things happening are fake news?

The political future of America hinges on the answer.

 

Il paradosso della faziosità pandemica,

di Paul Krugman

 

La proposta degli aiuti per il Covid-19 del Presidente Biden resta incredibilmente popolare; semmai lo sta diventando ancora di più nel mentre procede velocemente nel Congresso. Vari sondaggi mostrano che qualcosa come il 70 per cento degli americani approva il programma dei 1.900 miliardi di dollari. È quasi due volte popolare rispetto a tagli delle tasse del 2017; è più popolare dello stimolo di Obama del 2009; adesso è difficile crederci, ma il piano di Biden è più popolare di quanto lo fosse Medicare nei mesi prima che fosse approvata nel 1965.

Anche le grandi imprese hanno aderito: più di 150 dirigenti di importanti società hanno scritto ai leader del Congresso facendo pressione per il varo del piano di Biden.

Non è difficile capire perché ai democratici ed agli indipendenti il piano piaccia. Quello che sto cercando di comprendere è qualcosa che assomiglia ad un paradosso politico. Precisamente, come è possibile che così tanti repubblicani approvino il piano?

Perché il sostegno repubblicano per i piani economici di Biden è un mistero? Perché molti degli ordinari iscritti repubblicani credono (basandosi su niente se non sulle bugie) che le elezioni siano state rubate. Siamo dunque nella situazione peculiare per la quale un numero sostanziale di elettori non crede che Biden abbia diritto a governare il paese, ma di fatto approva il modo in cui lo sta governando, almeno per gli aspetti della politica economica.

Un recente sondaggio di Economist/YouGov chiarisce bene la situazione. Secondo quel sondaggio, solo il 16 per cento di coloro che si definiscono repubblicani credono che Biden abbia vinto correttamente le elezioni, mentre il 71 per cento crede che siano state rubate a Donald Trump. Tuttavia il 39 per cento dei repubblicani è a favore della proposta di spesa di 1.900 miliardi di Biden. Un sondaggio di Morning Consult colloca il sostegno repubblicano al piano al 60%!

È vero, credere che la presidenza sia stata rubata e sostenere le politiche di colui nell’interesse del quale si pensa sia stata rubata non è letteralmente una contraddizione. Ma tuttavia è molto strano.

È anche in netto contrasto con quanto accadde con il Presidente Obama. Ciò che ricordano quelli di noi che parteciparono ai dibattiti economici durante i primi anni di Obama era la costante grancassa di ammonimenti sul disastro che sarebbe stato provocato dalle politiche del nuovo Presidente. Lo stimolo di Obama fu considerevolmente più piccolo del programma di Biden (in effetti, anche troppo piccolo, ma questa è un’altra storia). Tuttavia non passava un settimana senza chiassosi proclami secondo i quali l’iperinflazione e una crisi del debito erano proprio dietro l’angolo [1].

E i repubblicani passarono anche anni nel denunciare la riforma sanitaria di Obama come un tirannico attacco ai posti di lavoro, mentre hanno appena fatto riferimento alla significativa espansione di quella riforma che è contenuta nella proposta di Biden.

Dunque, cosa c’è di diverso questa volta?

Ci sono probabilmente varie ragioni per le quali i repubblicani hanno difficoltà a impegnarsi contro le politiche di Biden. Ho scritto in precedenza che gli aiuti nella pandemia possono essere vendibili in modo più semplice e più intuitivo di uno stimolo economico keynesiano. E i repubblicani stanno forse pagando il prezzo della loro ipocrisia passata, quando sono passati dal definire il debito come una minaccia esistenziale sotto Obama sino ad ignorarlo sotto Trump.

Ho anche il sospetto, anche se non ho prove solide, che il Partito Repubblicano stia finalmente pagando un prezzo per il suo vuoto intellettuale – il suo disprezzo per la competenza praticamente su tutto, che ha di fatto allontanato le persone esperte dal partito.

La verità è che i repubblicani non ascoltano gli esperti da molto tempo. Basta chiederlo al Dr. Fauci. Ma il partito era solito avere persone che potevano almeno recitare la parte.

Ricordate Paul Ryan, il passato Presidente della Camera? In realtà non era un esperto di politica delle finanze pubbliche – se lo osservavate da vicino, era, di fatto, un evidente imbroglione – ma era abbastanza bravo nell’atteggiarsi nelle televisioni ad esperto di amministrazione. È difficile nell’odierno Partito Repubblicano pensare a qualcuno che possa fare persino quello.

Di fatto, è persino difficile trovare qualcuno, a parte qualche raffinato esperto di politica democratico (!), che stia effettivamente picchiando sull’argomento della politica economica di Biden. Chi è che rappresenta l’opposizione repubblicana  al Programma Americano di Salvataggio? Non me ne viene in mente uno.

Diciamo così: i repubblicani sembra stiano in parte rinunciando all’argomento economico in una certa misura perchè non si danno neppure la pena di metterci la faccia.

Un pensiero ulteriore: una conseguenza non voluta della Grande Bugia sulle elezioni può essere che essa invalida l’opposizione repubblicana sulle priorità democratiche. Il complesso dei media della destra, per quanto grande esso sia, deve misurarsi con i limitati indici di attenzione dei suoi telespettatori ed ascoltatori. Ogni ora passata diffondere teorie della cospirazione sulla frode elettorale e sulle operazioni sotto mentite spoglie degli Antifa [2] è un’ora persa nel terrorizzare il pubblico sull’imminente collasso del dollaro nelle mani dei grandi spendaccioni democratici.

Dunque, suppongo che lo spettacolo del generalizzato sostegno repubblicano alle politiche dell’uomo che considerano un usurpatore abbia una sua bizzarra sensatezza. Ma deve comportare un bel po’ di dissonanza cognitiva [3]; certamente non è sostenibile negli anni avvenire.

Quello che nessuno sa è in che modo la dissonanza collassi. La maggioranza degli economisti del settore privato adesso si aspettano una rapida ripresa dell’economia nel corso del prossimo anno, probabilmente in conseguenza di un ampio senso d rilassamento per lo svanire della pandemia. Gli sviluppi positivi porteranno i repubblicani dalla parte di Biden? Oppure i repubblicani decideranno che tutte le cose buone che stanno accadendo sono false notizie?

Il futuro politico dell’America dipende dalla risposta a questa domanda.

 

 

 

 

 

 

 

[1] In inglese si dice che qualcosa è “attorno all’angolo”, noi diciamo “dietro l’angolo”, forse perché abbiamo meno il gusto dell’ignoto.

[2] La pretesa di vari settori della destra secondo la quale l’assalto al Campidoglio sarebbe stato opera di estremisti della sinistra. Per quanto stupida è molto diffusa.

[3] “La dissonanza cognitiva è una teoria della psicologia sociale introdotta da Leon Festinger nel 1957 (e ripreso in seguito da Milton Erickson nell’ambito della psicologia clinica) per descrivere la situazione di complessa elaborazione cognitiva in cui credenze, nozioni, opinioni esplicitate contemporaneamente nel soggetto in relazione ad un tema si trovano in contrasto funzionale tra loro; esempi ne sono la “dissonanza per incoerenza logica“, la dissonanza con le tendenze del comportamento passato, la dissonanza relativa all’ambiente con cui l’individuo si trova a interagire (dissonanza per costumi culturali).

Un’applicazione esemplificativa di tali processi si può avere, ad esempio, quando un soggetto che disprezza esplicitamente i ladri si trova a comprare un oggetto a un prezzo troppo esiguo per non intuirne la provenienza illecita. Per ridurre questa contraddizione, secondo Festinger, lo stesso individuo potrà, ad esempio, smettere di disprezzare i ladri (modificando quindi l’atteggiamento), oppure rifiutarsi di acquistare l’oggetto proposto (modificando quindi il comportamento).” (Wikipedia)

 

 

 

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