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Inflazione, interesse e il paradosso abitativo, di Paul Krugman (dal blog di Krugman, 19 aprile 2022)

 

April 19, 2022

Inflation, Interest and the Housing Paradox

By Paul Krugman

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One of the occupational hazards of my profession is having people ask me what’s going to happen to the market. I’m never sure whether to give the answer attributed to various famous financial titans — it will fluctuate — or to reply, more accurately, “God knows.” But some predictions seem safe. Clearly, the Federal Reserve will raise interest rates repeatedly over the months ahead, continuing that process until there are clear signs that inflation is coming down to tolerable levels.

But isn’t the Fed far behind the curve? Inflation is at a 40-year high, yet the Fed has only begun to hike. Shouldn’t it greatly raise rates now now now?

Well, no. We need to talk about how monetary policy actually works. And when we do, we’ll see that there’s a troubling paradox about current policy. The Fed must hike: Inflation must be curbed, and as a practical matter, interest rates are the only game in town. Yet higher rates will operate largely by hitting the housing market — and over the longer term, one big problem with America is that we aren’t building enough housing.

One reason discussions of monetary policy can be confusing is that the interest rates the Fed controls don’t really matter in any direct sense to the average consumer. The Fed can effectively determine very short-term interest rates — in fact, its normal target is the interest rate at which banks lend to one another overnight. But no important, real-world decisions depend on that interest rate.

What matters, instead, are longer-term rates, because monetary policy mainly affects the demand for long-lived assets. A business considering whether to invest in software that will be superseded in two years, or even a machine that will wear out or become obsolete in three or four years, doesn’t care much about what interest rate it has to pay. But interest costs are crucial when you’re deciding whether to buy something that will last for decades, like a house. In fact, the most important interest rates for the economy are, you guessed it, home mortgage rates.

And here’s the thing: Although the Fed doesn’t directly determine mortgage rates, banks deciding how much to charge for loans pay a lot of attention to what they think the Fed will do in the future. If they expect short-term rates to go up, they’ll start charging more for home loans right away because they don’t want to tie up their money, since they’ll be able to get more later.

Sure enough, with everyone expecting the Fed to keep raising short-term interest rates several times over the next year, mortgage rates — and long-term rates for business borrowers — have already shot up more or less to prepandemic levels, even though the Fed has just begun to hike:

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Bad times for borrowers.Credit…FRED

So tight money is already here. This will almost surely cool off the economy; whether it will cool things enough to control inflation — or cool them off too much, leading to recession — is something we’ll have to wait to see.

In any case, I don’t see any alternatives for the Fed. I don’t think inflation has gotten entrenched in the economy; markets and consumers both expect it to come down a lot in a year or so. But we don’t want to take the chance that it might get entrenched. So hike the Fed must.

There is, however, a problem. The Fed’s efforts to control inflation will work mainly through the housing market, driving down sales and construction. Which wouldn’t be so bad if it weren’t for the fact that America hasn’t been building enough houses over the long term.

Since about 2014, the cost of shelter, as estimated by the Bureau of Labor Statistics, has been rising considerably faster than the overall cost of living. I’m not talking about house prices; I’m talking about rental rates for apartments and “owner’s equivalent rent,” the bureau’s estimate of what houses would rent for. Here’s the picture:

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Home sweet expensive home.Credit…FRED

What’s going on here? The answer is that after the housing bubble and bust of the 2000s, housing construction plunged and never fully recovered:

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The long shadow of the housing bust.Credit…FRED

Some of this can be attributed to Nimbyism in places like California and New York, but housing construction has lagged, and shelter costs have soared even in places like Texas, where zoning is very, um, liberal. So we really need to build more housing in this country.

You see the problem. We need higher interest rates, at least for a while, to bring inflation down. But higher rates will work largely by depressing housing construction, which was already too low.

For now, I don’t see an alternative. We could, in principle, try to cool off the economy by, say, raising taxes (good luck with that). Maybe more to the point, a gradual pullback by consumers, as the effects of pandemic aid recede, plus falling inflation may eventually let us get interest rates back down.

For now, however, the Fed looks set to solve one pressing problem in part by making another, less pressing but still real, problem worse.

 

Inflazione, interesse e il paradosso abitativo,

di Paul Krugman

 

Uno dei rischi del mestiere della mia professione è quando le persone mi chiedono cosa sta per accadere al mercato. Non so mai se dare la risposta che viene attribuita a vari famosi giganti della finanza – il mercato fluttuerà – oppure se replicare, più precisamente, “Lo sa Iddio”. Ma alcune previsioni sembrano sicure. Chiaramente, nei prossimi mesi la Federal Reserve alzerà ripetutamente i tassi di interesse, continuando quel processo finché non ci saranno segni chiari che l’inflazione sta tornando a livelli tollerabili.

Ma la Fed non è in forte ritardo? L’inflazione è a un livello che non si vedeva da 40 anni, tuttavia la Fed ha solo cominciato a rialzare. Non dovrebbe alzare pesantemente i tassi, senza aspettare altro tempo?

In effetti, no. Dobbiamo ragionare di come effettivamente funziona la politica monetaria. Quando lo facessimo, scopriremmo che c’è una fastidioso paradosso nella politica attuale. La Fed deve rialzare: l’inflazione deve essere tenuta e freno e, da un punto di vista pratico, i tassi di interesse sono l’unico strumento utilizzabile. Tuttavia tassi più elevati agiranno in gran parte dando un colpo al mercato delle abitazioni – e nel più lungo termine, un grande problema dell’America è che non stiamo costruendo abbastanza abitazioni.

Una ragione per la quale le discussioni di politica monetaria possono confondere è che i tassi di interesse che la Fed controlla non sono in realtà importanti, in alcun senso diretto, per il consumatore medio. La Fed può effettivamente determinare  i tassi di interesse davvero a breve termine – di fatto, il suo normale obbiettivo è il tasso di interesse al quale le banche si fanno prestiti l’una con l’altra da un giorno all’altro [1]. Ma nessuna decisione importante del mondo reale dipende da quel tasso di interesse.

Quello che è importante, invece, sono i tassi di interesse a più lungo termine giacché la politica monetaria influenza principalmente la domanda per gli asset a lunga scadenza. Una impresa che stia valutando se investire in software che nel giro di due anni sarà sostituito, o persino in un macchinario che sarà consumato o diverrà obsoleto in tre o quattro anni, non si preoccupa granché di quale tasso di interesse debba pagare. Ma i costi dell’interesse sono fondamentali se state decidendo di acquistare qualcosa che durerà per decenni, come una casa. Di fatto, i più importanti tassi di interesse per l’economia sono, l’avrete indovinato, i tassi dei mutui per le abitazioni.

E qua è il punto: sebbene la Fed non determini direttamente i tassi dei mutui, le banche che decidono quanto caricare sui prestiti prestano molta attenzione a quello che ritengono la Fed farà nel futuro. Se si aspettano che i tassi di interesse a breve termine salgano, esse cominceranno da subito a caricare maggiormente i prestiti per le abitazioni perché non vogliono tenere impegnato il loro denaro, dal momento che saranno nelle condizioni di ottenerne di più successivamente.

Come previsto, con l’aspettativa di tutti che la Fed continui ad elevare i tassi di interesse a breve termine varie volte nel corso del prossimo anno, i tassi sui mutui – e i tassi a lungo termine per le imprese che si indebitano – sono già risaliti più o meno ai livelli prepandemici, anche se la Fed ha appena cominciato a rialzarli:

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Tempi cattivi per chi si indebita. Fonte: FRED [2]

Dunque, la stretta monetaria è già qua. Questo quasi certamente raffredderà l’economia; se essa raffredderà le cose a sufficienza per controllare l’inflazione – o le raffredderà troppo, portando alla recessione – è qualcosa che dobbiamo aspettare di vedere.

In ogni caso, io non vedo alcuna alternativa per la Fed. Non penso che l’inflazione si sia incorporata nell’economia; sia i mercati che i consumatori si aspettano che essa scenda molto nel giro di un anno o giù di lì. Ma non vogliamo correre il rischio che essa possa mettere radici. Dunque la Fed deve rialzare.

C’è, tuttavia, un problema. Gli sforzi della Fed per controllare l’inflazione funzioneranno principalmente attraverso il mercato delle abitazioni, spingendo in basso le vendite e le costruzioni. Il che non sarebbe così negativo se non fosse per il fatto che l’America da lungo tempo non sta costruendo abbastanza abitazioni.

A partire dal 2014, le spese abitative, come stimate dall’Ufficio delle Statistiche del Lavoro, sono cresciute in modo considerevolmente più veloce del costo complessivo della vita. Non sto parlando dei prezzi delle case; sto parlando delle aliquote degli affitti degli appartamenti e dell’ “equivalente dell’affitto per il proprietario”, ovvero quanto l’Ufficio stima quello che sarebbe l’affitto delle case. Ecco la tabella:

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Casa, dolce costosa casa. Fonte: FRED [3]

Cosa sta accadendo, in questo caso? La risposta è che dopo la bolla immobiliare e il suo scoppio nei primi anni 2000, la costruzione di abitazioni è crollata e non si è più ripresa:

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La lunga ombra della bolla immobiliare. Fonte: FRED

Una parte di questo può essere attribuita al ‘nimbysmo’ [4] in luoghi come la California e New York, ma la costruzione delle abitazioni è ristagnata, e le spese abitative sono salite alle stelle, anche in luoghi come il Texas, dove la pianificazione territoriale è, per così dire, liberale. Dunque, abbiamo davvero bisogno di costruire più abitazioni in questo paese.

Comprendete il problema. Abbiamo bisogno di tassi di interesse più elevati, almeno per un po’, per abbassare l’inflazione. Ma i tassi più elevati funzioneranno in gran parte deprimendo la costruzione di abitazioni, che è già troppo bassa.

Per il momento, io non vedo una alternativa. Potremmo, in linea di principio, cercar di raffreddare l’economia, ad esempio, elevando le tasse (buona fortuna a chi ci provasse). Forse più attinente, una graduale ritirata da parte dei consumatori, quando gli effetti degli aiuti per la pandemia svaniscono, in aggiunta ad una diminuzione dell’inflazione potrebbero alla fine riportare indietro i tassi di interesse.

Per adesso, tuttavia, la Fed sembra occupata a risolvere un problema pressante in parte creando un altro meno pressante, ma pur reale, problema peggiore.

 

 

 

 

 

[1] Ovvero, i tassi di interesse che la Fed determina sono per definizione quelli a “ breve termine”, in quanto sono quelli che riguardano i normali prestiti e crediti reciproci delle banche, che hanno una durata brevissima. Si dice che sono operazioni “overnight”, ovvero che avvengono ‘nottetempo’. In genere sono operazioni che servono a regolare sul momento la condizione di liquidità delle banche, in particolare in riferimento agli obblighi di legge sulla liquidità disponibile. Disposizioni ordinarie e quasi quotidiane, un po’ come le iniezioni di insulina per un diabetico.

Quello che è un po’ stupefacente è che si sono letti per mesi pareri secondo i quali la Fed avrebbe dovuto alzare i tassi ma solo leggermente e in più occasioni, e poi, al primo piccolo ritocco, i tassi che contano davvero – mutui e macchinario – sono saliti dal 3 al 6 per cento in pochi giorni.

[2] La Tabella mostra all’estrema destra il picco di queste settimane – da gennaio 2022 – del tasso medio fisso sui mutui trentennali (riga verde) e i rendimenti dei mutui delle obbligazioni delle società secondo Mody’s (riga blu). I primi indicano la situazione nel settore abitativo, mentre l’emissione delle obbligazioni corrisponde in genere a decisioni di investimenti a lungo termine da parte delle imprese più importanti. Entrambi i valori sono saliti alle stelle, appena sono iniziati i rialzi dei tassi stabiliti dalla Fed sui prestiti interbancari; ovvero sono saliti molto di più dei primi modesti ritocchi della Banca Centrale americana sui tassi di interesse di sua competenza.

[3] In blu l’evoluzione negli ultimi 20 anni degli affitti e delle stime del valore di affitto in una città media statunitense; il rosso l’evoluzione dei prezzi di tutti gli altri generi di consumo.

[4] Da una nota di Fataturchina del gennaio 2022:

“Pare che la italianizzazione di “NymbYism” sia ormai ammessa. È il fenomeno per il quale i residenti sono in genere ostili alla espansione, nelle località dove risiedono, di nuovi quartieri popolari, o anche alla realizzazione di infrastrutture pubbliche. Nimby è l’acronimo di “Not in my backyard”: “non nel mio giardino”, “non vicino a casa mia”. Ma la questione è un po’ più complessa. Mentre il “nimbismo” è facilmente comprensibile, ad esempio, nell’opporsi ad una discarica o a un depuratore, il suoi effetti sulla disponibilità di alloggi a prezzi ragionevoli ha un’origine diversa. Molte volte la pianificazione territoriale (“zoning”)  inibisce, nelle zone residenziali, l’edificazione di edifici che non siano unifamiliari. Non si tratta affatto di realizzare edifici di centinaia di piani, ma anche semplicemente di costruire quelle che chiameremmo “case popolari” – ovvero edifici multifamiliari – in aree caratterizzate da villette singole. Tanto è vero che le modifiche che alcune città, ad esempio in California, stanno considerando è semplicemente quella di permettere anche in quelle aree semplicemente edifici a più piani. Ma il “nimbismo” americano è ostile anche a queste soluzioni. Evidentemente questo è anche il problema di New York, dove certo i “grattacieli” certo non mancano; quello che forse manca sono le case popolari nelle aree libere residenziali della “middle class”.

 

 

 

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