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Siamo al ritorno della stagflazione? Di Paul Krugman (dal blog di Krugman, 20 maggio 2022)

 

May 20, 2022

Is Stagflation Making a Comeback?

By Paul Krugman

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When I talk to business groups these days, the most commonly asked question is, “Are we headed for stagflation?” I’m pretty sure they find my response unsatisfying, because I tell them it depends on their definition of the term.

If they understand it to mean a period of rising unemployment combined with inflation that’s still too high, the answer is that there’s a very good chance that we’ll suffer from that malady for at least a few months. But if they’re referring to something like the extreme pain we suffered to close out the 1970s, it looks unlikely.

To explain the difference, consider two historical episodes.

First, look at 1979 to ’80, which illustrates what I suspect most people have in mind when they talk about stagflation. At the beginning of 1979 the United States already had 9 percent annual inflation; the surge in oil prices after the Iranian revolution sent inflation well into double digits. The Federal Reserve, under Paul Volcker, responded with drastically tighter monetary policy, leading to a recession and a sharp rise in unemployment:

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The stagflation we remember.Credit…FRED

The recession brought inflation down but not enough, so the Fed tightened the screws further, sending the economy into a double dip (not shown on the chart). This finally did bring inflation down to around 4 percent, considered acceptable at the time, but at immense cost: Unemployment peaked at 10.8 percent in 1982 and didn’t get back down to 1979 levels until 1987.

Now look at the period from 2007 to the fall of 2008, just before the demise of Lehman Brothers. On the surface it looks somewhat similar, with uncomfortably high inflation, brought on by rising oil and other commodity prices, and surging unemployment:

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This time was different.Credit…FRED

And a fair number of influential people worried about runaway prices more than the recession. According to the transcript of the August 2008 meeting of the Federal Open Market Committee, which sets monetary policy, there were 322 mentions of inflation and only 28 of unemployment.

Yet inflation subsided quickly. And while there was a severe recession — still generally known as the Great Recession — it had nothing to do with squeezing inflation out of the economy and everything to do with the fallout from a severe financial crisis.

What was the difference between these episodes? At the beginning of the 1980s, inflation was deeply entrenched in the economy, in the sense that everyone expected high inflation not just in the near term but also for the foreseeable future; companies were setting prices and negotiating wage deals on the assumption of continued high inflation, creating a self-fulfilling inflationary spiral. It took a huge, sustained uptick in unemployment to break that spiral.

In 2008, by contrast, while people expected high inflation in the near future — probably because they were extrapolating from higher gasoline prices — their medium-to-long-term expectations about inflation remained fairly low:

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Inflation, not entrenchedCredit…University of Michigan 

So there wasn’t any inflationary spiral to break.

Where are we now? As that last chart shows, consumer inflation expectations now look a lot like those of 2008 and nothing at all like those of 1979 to ’80: The public now expects high inflation for the near term but a return to normal inflation after that. Financial markets, where you can extract implied inflation expectations from the spread between yields on bonds that are and aren’t indexed to consumer prices, are telling the same story: inflation today but not so much tomorrow.

In short, inflation doesn’t seem to be entrenched; 2022 isn’t 1980.

Nonetheless, I do expect to see some rise in unemployment. While we don’t seem to be in an inflationary spiral, many indicators suggest that the economy is currently running too hot to be consistent with price stability. Higher wages are good, but they seem to be rising at an unsustainable pace; unlike in 2008, inflation isn’t confined to a few areas, so that even measures that exclude the extremes are running high.

So the Fed has to do what it’s doing, raising interest rates to cool things down, and it’s hard to see how that cooling happens without at least some increase in the unemployment rate. Will the slowdown be sharp enough to be considered a recession? I don’t know, and the truth is nobody does. But it doesn’t really matter. We’re probably headed for a period of weakening labor markets while inflation is still elevated, and many commentators will surely proclaim that we’re experiencing stagflation.

But such proclamations, while technically true, will be misleading. When people hear “stagflation,” most think of the late 1970s and early ’80s — but there’s no evidence that we’re facing anything comparable now.

 

Siamo al ritorno della stagflazione?

Di Paul Krugman

 

Quando di questi tempi parlo a gruppi di imprese, la domanda che viene più frequentemente posta è: “Andiamo verso la stagflazione?” Sono quasi certo che costoro trovino la mia risposta insoddisfacente, perché dico loro che ciò dipende dalla loro definizione del termine.

Se essi lo intendono nel senso di un periodo di disoccupazione crescente combinata con un’inflazione ancora troppo alta, la risposta è che c’è una ottima possibilità che soffriremo di questa malattia almeno per pochi mesi. Ma se si riferiscono a qualcosa di simile alla sofferenza estrema che patimmo per venire fuori dagli anni ‘70, ciò appare improbabile.

Per spiegare la differenza, si considerino due episodi storici.

Per il primo, si guardi al periodo tra il 1979 e il 1980, che illustra quello che io sospetto le persone abbiano in mente quando parlano di stagflazione. Agli inizi del 1979 gli Stati Uniti avevano già una inflazione annuale del 9 per cento; la crescita dei prezzi del petrolio dopo la rivoluzione iraniana spedì l’inflazione ad un valore di due cifre. La Federal Reserve, sotto Paul Volcker, rispose con una drastica restrizione della politica monetaria, portando ad una recessione e ad una brusca crescita della disoccupazione:

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La stagflazione che ricordiamo. Fonte: FRED [1]

La recessione abbatté l’inflazione ma non a sufficienza, cosicché la Fed strinse le viti ulteriormente, spedendo l’economia in una recessione a due cifre (dalla tabella, non si vede). Questo finalmente fece calare l’inflazione a circa il 4 per cento, a quei tempi considerato accettabile, ma con un costo immenso: la disoccupazione arrivò ad un massimo del 10,8 per cento nel 1982 e non tornò ai livelli del 1979 fino al 1987.

Ora si osservi il periodo tra il 2007 e l’autunno del 2008, appena prima della caduta della Lehman Brothers. In apparenza, sembra qualcosa di simile, con una inflazione  sgradevolmente elevata, provocata dai prezzi crescenti del petrolio e di altre materie prime, e con una disoccupazione in crescita:

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Questa volta è stato diverso. Fonte.FRED

E un discreto numero di persone influenti si preoccupavano più dei prezzi fuori controllo che della recessione. Secondo il verbale dell’incontro dell’agosto 2008 della Commissione Federale a Mercato Aperto [della Fed], che stabilisce la politica monetaria, ci furono 322 menzioni del tema dell’inflazione e soltanto 28 di quello della disoccupazione.

Tuttavia, l’inflazione recedette in modo rapido. E mentre ci fu una grave recessione – ancora generalmente conosciuta come la Grande Recessione – essa non ebbe niente a che fare con il cacciar fuori l’inflazione dall’economia ed ebbe molto a che fare con le ricadute di una grave crisi finanziaria.

Quale fu la differenza tra quei due episodi? Agli inizi degli anni ’80 l’inflazione era profondamente radicata nell’economia, nel senso che ognuno si aspettava una inflazione elevata non solo nel breve termine, ma anche in un futuro prevedibile; le società fissavano prezzi e negoziavano accordi salariali sull’assunto della prosecuzione di un’inflazione elevata, creando un spirale inflazionistica che si auto avverava. Per rompere quella spirale, ci volle un grande, sostenuto aumento della disoccupazione.

All’opposto, nel 2008, mentre le persone si aspettavano nel prossimo futuro una inflazione elevata – probabilmente perché la deducevano dai prezzi più alti della benzina – le loro aspettative a medio-lungo termine sull’inflazione rimasero abbastanza basse:

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Una inflazione che non mette radici. Fonte: Università del Michigan [2]

Dunque, non ci fu alcuna spirale inflazionistica da interrompere.

A che punto siamo oggi? Come mostra l’ultima tabella, le aspettative di inflazione al consumo oggi appaiono molto simili a quelle del 2008 e per niente simili a quelle del 1979-1980: l’opinione pubblica oggi si aspetta alta inflazione nel breve termine ma, dopo quella, un ritorno ad una inflazione normale. I mercati finanziari, dove si possono dedurre le aspettative implicite di inflazione dalla differenza nei rendimenti sulle obbligazioni che sono o non sono indicizzate ai prezzi al consumo, raccontano a stessa storia: inflazione per l’oggi ma non altrettanto per domani.

In breve, l’inflazione non sembra radicata: il 2022 non è il 1980.

Ciononostante, mi aspetto in effetti di vedere una qualche crescita nella disoccupazione. Mentre non sembra siamo in una spirale inflazionistica, molti indicatori indicano che l’economia è attualmente troppo surriscaldata per essere compatibile con una stabilità dei prezzi. I salari più alti sono una cosa positiva, ma essi sembrano crescere ad un ritmo insostenibile; diversamente dal 2008, l’inflazione non è confinata a pochi settori, cosicché anche le misurazioni che escludono i dati estremi stanno correndo in alto.

Dunque, la Fed deve fare quello che sta facendo, elevare i tassi di interesse per raffreddare la situazione, ed è difficile vedere come quel raffreddamento possa avvenire senza almeno un qualche incremento del tasso di disoccupazione. Il rallentamento sarà talmente brusco da essere considerato [3] una recessione? Non lo so, e la verità è che non lo sa nessuno. Ma in realtà non è importante. Probabilmente ci stiamo indirizzando verso un periodo di indebolimento dei mercati del lavoro con l’inflazione che resta elevata, e molti commentatori di sicuro proclameranno che stiamo facendo i conti con la stagflazione.

Ma tali proclami, se anche tecnicamente veri, saranno fuorvianti. Quando le persone sentono parlare di “stagflazione”, la maggioranza pensa agli ultimi anno 70 ed ai primi anni ’80 – ma non c’è alcuna prova che adesso siamo di fronte a niente di paragonabile.

 

 

 

 

 

[1] Nel periodo dall’inizio del 1979 alla fine del 1980,  in rosso l’andamento della disoccupazione e in blu quello della crescita dei prezzi al consumo.

[2] La tabella mostra l’inflazione ‘attesa’ – in blu quella attesa entro un anno, in giallo quella attesa entro 5-10 anni – in tre periodi: a febbraio del 1980, a luglio del 2008 e ad aprile del 2022. Come si vede nei due episodi del 2008 – crisi finanziaria globale – e in quello attuale, l’attesa inflazionistica è minore ma soprattutto è assai diversa tra il breve termine e il termine medio-lungo.

[3] “Da essere considerato” perché tecnicamente una situazione di recessione si misura sulla base di alcuni dati oggettivi. Questi dati potrebbero registrare l’ingresso in una fase recessiva, anche se non fossero tali da mostrare un fenomeno duraturo o rilevante come in altre recessioni.

 

 

 

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