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Il crimine e la punizione politica, di Paul Krugman /New York Times, 9 giugno 2022)

 

June 9, 2022

Crime and Political Punishment

By Paul Krugman

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Results from Tuesday’s primaries in California suggest that crime may be a big issue in the midterm elections. In San Francisco, a progressive prosecutor was ousted in a recall vote. In Los Angeles, a businessman and former Republican who has run for mayor on the promise to be a big crime fighter made a strong showing.

It’s not hard to see why crime has moved up on the political agenda. Murders surged nationwide in 2020 and ticked up further in 2021, although we don’t really know why. Right-wingers blame Black Lives Matter, because of course they do. A more likely explanation is the stress caused by the pandemic — stress that, among other things, led to a large increase in domestic violence.

Despite the recent surge, the overall homicide rate is still well below its peak in 1991, and the geography of the political backlash doesn’t seem closely correlated with actual crime rates: San Francisco and Los Angeles both have less violent crime than, say, Houston. But rising crime is real, and voter concern is understandable.

But will the public backlash against crime lead to positive results? I wish I could be optimistic.

At the very least, we’ll need to get past some widespread misconceptions. And even then, talking about cracking down on crime is easy; actually doing something about it isn’t.

First, we need to get past the idea that crime is mainly a big-city problem — an idea that is still very much out there, even though it has long since stopped being true. Last year J.D. Vance, now the Republican nominee for senator from Ohio — and definitely in the running for one of America’s most cynical politicians — tweeted to his followers: “I have to go to New York soon, and I’m trying to figure out where to stay. I hear it’s disgusting and violent there.” I think that was sort of a joke, but one that he knew perfectly well that many of his followers wouldn’t get.

The truth, as Bloomberg’s Justin Fox recently documented, is that New York is remarkably safe, not just compared with other large U.S. cities, but also compared with small towns and rural areas. In particular, New York City has a substantially lower homicide rate than that of Ohio as a whole.

This doesn’t mean that everything is fine in the Big Apple; Eric Adams was elected mayor in part because crime has risen sharply, and he took a get-tough-on-crime stance. But in a rational world, politicians from the heartland wouldn’t be sneering at New York; they’d be looking at our biggest city, which also happens to be one of the safest places in America, and trying to figure out what it’s doing right.

Another misconception we need to get past is the idea that rising crime is all about immigration. Vance, in particular, has based his campaign largely on demagoguery about immigration, and especially about immigrant crime — demagoguery that seems to work best in places with very few immigrants: Less than 5 percent of Ohio’s population is foreign-born, compared with 38 percent in New York City.

Even if we can avoid the misconceptions, however, what can politicians actually do about crime?

It would help if we knew what caused crime to fall so much between the early 1990s and the mid-2010s — a decline, by the way, that was accompanied every step of the way by Gallup polls showing a plurality, and usually a large majority, of Americans asserting that crime was rising. But my reading is that there’s no consensus on why that decline — which took place all across the nation, in red states and blue — took place.

It would also help if there were a clear pattern to the crime wave of 2020-21. But like the earlier decline, it was pretty much universal across America; it hit states and cities run by conservative Republicans, centrists and liberal Democrats with more or less equal force.

So complaining about crime is easy, but actually bringing it down is hard; in fact, New Yorkers already seem deeply disillusioned with Adams’s efforts.

One thing that might help is better policing; the available evidence suggests that severe sentences for convicted criminals don’t do much to deter crime, but that an increased probability of being caught does. So “defund the police” was a stupid (and politically destructive) slogan; we probably need to devote more, not less, resources to law enforcement. But of course we also need the police who do their job — the story from Uvalde just keeps getting worse — and don’t abuse their position. If fear of crime is a real issue, so is minority groups’ fear of being abused by the people who are supposed to protect them, and we can’t simply trust the police to always do the right thing.

Oh, and it would help matters if criminals weren’t equipped with military-grade weapons and body armor — and no, having everyone else heavily armed isn’t the answer. New York has a low crime rate by American standards, but that’s not because it’s full of good guys with guns.

Anyway, like it or not, crime will be an issue in November. As I said, I wish I could be optimistic. But my fear is that the beneficiaries of the new focus on crime will be politicians who have nothing to offer but tough talk.

 

Il crimine e la punizione politica,

di Paul Krugman

 

I risultati di martedì delle primarie in California indicano che il crimine può essere una grande tema nelle elezioni di medio termine. A San Francisco, un pubblico ministero progressista è stato sollevato in un voto di revoca [1]. A Los Angeles, un impresario dal passato repubblicano che era in corsa come sindaco sulla promessa di essere un grande combattente contro il crimine ha realizzato una forte prestazione.

Non è difficile comprendere perché il crimine abbia messo scompiglio nell’agenda della politica. Gli omicidi sono cresciuti al livello nazionale nel 2020 e sono ulteriormente aumentati nel 2021, sebbene in realtà non conosciamo di quanto. La destra dà la colpa al Black Lives Matter, come se fosse una cosa scontata. Una spiegazione più probabile è la tensione provocata dalla pandemia – tensione che, tra le altre cose, ha portato ad un ampio incremento della violenza domestica.

Nonostante la crescita recente, il tasso complessivo degli omicidi è ben al di sotto del suo picco nel 1991, e la geografia del contraccolpo politico non sembra strettamente correlata con i tassi effettivi del crimine: sia San Francisco che Los Angeles hanno meno crimini violenti che, ad esempio, Houston. Ma la crescita dei crimini è reale, e la preoccupazione degli elettori è comprensibile.

Ma il contraccolpo nell’opinione pubblica porterà a risultati positivi? Vorrei poter essere ottimista.

Come minimo, avremo bisogno di andare oltre alcuni generali pregiudizi. Ed anche in quel caso, parlare su come dare un giro di vite sul crimine sarà facile; fare per davvero qualcosa su di esso non lo sarà.

Anzitutto, abbiamo bisogno di andare oltre l’idea che il crimine sia principalmente un problema delle grandi città – un’idea che è ancora molto in circolazione, anche se da tempo ha smesso di essere vera. L’anno scorso, J. D. Vance, al momento candidato repubblicano per il posto di senatore dell’Ohio – e sicuramente uno dei politici più cinici dell’America nella competizione – twittava ai suoi seguaci: “Dovrò andare presto a New York e sto cercando di immaginare dove andare a stare. Sento parlare di cose disgustose e violente in quel posto.” Suppongo che fosse una specie di scherzo, ma che lui sapesse perfettamente che molti dei suoi sostenitori non  l’avrebbero capito.

La verità, come ha documentato di recente Justin Fox di Bloomberg,  è che New York è una città considerevolmente sicura, non solo a confronto con altre grandi città statunitensi, ma anche con le piccole città e le aree rurali. In particolare, New York City ha un tasso di omicidi più basso di quello dell’Ohio nel suo complesso.

Questo non significa che tutto vada bene nella Grande Mela; Eric Adams è stato eletto sindaco in parte perché il crimine è cresciuto bruscamente, e lui ha assunto una posizione di estrema durezza sul crimine. Ma in un mondo razionale, i politici che provengono dal cuore dell’America non sogghignerebbero su New York; guarderebbero con attenzione la nostra città più grande, che si dà il caso sia anche uno dei posti più sicuri dell’America, e cercherebbero di immaginare cosa in essa si stia facendo di giusto.

Un altro pregiudizio di cui abbiamo bisogno di liberarci è l’idea che i crimini in crescita riguardino tutti l’immigrazione. In particolare Vance, ha basato a sua campagna elettorale in buona parte sulla demagogia sull’immigrazione, e specialmente sui crimini degli immigrati – demagogia che sembra funzionare nel modo migliore nei luoghi con pochissimi immigrati: meno del 5 per cento della popolazione dell’Ohio è nato all’estero, al confronto con il 38 per cento di New York City.

Tuttavia, persino se potessimo evitare i pregiudizi, cosa potrebbero fare effettivamente i politici sul crimine?

Aiuterebbe sapere che cosa abbia provocato una tale caduta del crimine tra i primi anni ’90 e la metà del primo decennio del 2000 – un declino, per inciso, che è stato accompagnato ad ogni passo da sondaggi Gallup che mostravano un notevole numero, e di solito una larga maggioranza, di americani che sostenevano che i crimini stessero crescendo. Ma da quanto leggo non c’è consenso sulle ragioni per le quali quel declino ebbe luogo – declino che interessò l’intera nazione, negli Stati repubblicani e democratici.

Aiuterebbe anche conoscere se ci sia stato un modello chiaro nell’ondata di crimini del 2020-21. Ma come per il declino precedente, esso ha riguardato in gran parte l’America intera; ha colpito Stati e città governati da repubblicani conservatori, da centristi e da democratici progressisti, più o meno con la stessa intensità.

Dunque, lamentarsi per i crimini è facile, ma di fatto abbatterli è davvero difficile, i newyorchesi sembrano già profondamente delusi dagli sforzi di Adams.

Una cosa che aiuterebbe sarebbero migliori servizi di polizia; le prove disponibili indicano che le severe sentenze per i criminali condannati non fanno granché nello scoraggiare i crimini, ma un certo effetto lo fa una maggiore probabilità di catturarli. Quindi “togliere i finanziamenti alla polizia” è stato uno slogan stupido (e politicamente distruttivo); abbiamo probabilmente bisogno di dedicare più risorse, non meno, alle forze dell’ordine. Ma naturalmente abbiamo anche bisogno di una polizia che faccia il suo lavoro – i racconti da Uvalde [2] diventano sempre peggiori – e che non abusino della loro posizione. Se la paura per il crimine è una tema reale, lo è altrettanto la paura dei gruppi delle minoranze di subire abusi da parte di coloro che dovrebbero proteggerli, e non possiamo avere fiducia che la polizia faccia sempre la cosa giusta.

Infine, sarebbe di grande aiuto se i criminali non fossero attrezzati con armi di livello militare e con giubbotti antiproiettile – e la risposta non è certo che tutti siano pesantemente armati. New York ha un basso tasso di crimini per gli standard americani, ma quello non dipende dal fatto che sia piena di brava gente armata di fucili.

In ogni modo, piaccia o no, il crimine sarà un tema a novembre. Come ho detto, vorrei poter essere ottimista. Ma il mio timore è che chi trarrà beneficio dalla nuova attenzione al crimine saranno i politici che non hanno niente da proporre ma parlano con durezza.

 

 

 

 

 

[1] Il ‘voto della rimozione’ (“recall vote”) consiste nel porre agli elettori due domande: la prima riguarda il consenso o il dissenso alla rimozione della persona eletta in carica; la seconda il candidato preferito per succedergli, se prevalesse il voto per la rimozione. Nel caso in questione, si trattava di una possibile revoca in una votazione per l’incarico di procuratore del democratico Chesa Boudin.

[2] La località nella quale è recentemente avvenuta una strage in una scuola americana.

 

 

 

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