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La guerra, l’inflazione e la credibilità dilapidata, di Paul Krugman (New York Times, 22 settembre 2022)

 

Sept. 22, 2022

War, Inflation and Squandered Credibility

By Paul Krugman

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What does Jerome Powell, chair of the Federal Reserve, understand that Vladimir Putin doesn’t?

OK, I know that may sound like a trick question, or a desperate effort to offer a counterintuitive take on recent events. We may say that the Fed has gone to war against inflation, but that’s just a metaphor. Russia’s war on Ukraine, unfortunately, is all too real, leading to tens of thousands of deaths among both soldiers and civilians.

Yet the Fed and the Putin regime have this in common: Both took major policy actions this week. The Fed raised interest rates in an attempt to curb inflation. While Putin announced a partial mobilization in an attempt to rescue his failed invasion. Both actions will inflict pain.

One important difference, however — aside from the fact that Powell is not, as far as I know, a war criminal — is that the Fed is acting to maintain its credibility, while Putin seems determined to squander whatever credibility he might still have.

About the Fed: I’m worried about the effects of rate hikes. There is a serious risk that the Fed’s actions will push America and the world into a gratuitously severe recession, especially because it isn’t just the Fed — central banks are raising rates around the world, and there could all too easily be a sort of destructive synergy from this worldwide monetary tightening.

Yet if I were in Powell’s shoes, I would probably have done the same thing. For the Fed is anxious to preserve its credibility on inflation.

Notice that I said “preserve.” The Fed — like yours truly — failed to predict the 2021-22 inflation surge. But neither financial markets nor the public lost faith that inflation would, in fact, come down in the fairly near future.

That’s an important asset. Subdued inflation expectations are the best reason to believe that the Fed can engineer a relatively soft landing — an economic slowdown for sure, maybe a recession, but not the kind of sustained era of extremely high unemployment that it took to end the inflation of the 1970s.

And the Fed is acting to preserve this asset, trying to bring current inflation down soon enough that the public retains its faith in low future inflation. I don’t like it. I’ll be calling for a monetary pivot as soon as we have clear evidence that inflation is, in fact, coming down. But the Powell Fed is, I’m afraid, right to believe that retaining credibility is important.

Putin obviously doesn’t have similar concerns.

His Wednesday speech was full of apocalyptic rhetoric, portraying Russia as a nation under attack by the whole West. But he didn’t announce the kind of full-scale mobilization that rhetoric would seem to imply. Instead, he announced a series of half-measures that defense experts doubt will do much to change Russia’s downward military trajectory. I have no reason to question their judgment.

What struck me, however, was that the new policies amount, in effect, to a betrayal of Russians who believed Putin’s past promises. Notably, contract soldiers — people who volunteered to serve for a limited time — have suddenly found themselves stuck in service for the indefinite future. This may shore up Russian numbers for the next few months; but who, in the future, will be foolish enough to volunteer for Putin’s army?

Putin’s clumsy efforts at economic warfare are, in a way, creating similar credibility issues. Russia has largely cut off the flow of natural gas to Europe, hoping to bully Western democracies into stopping their military and economic aid to Ukraine. He is succeeding in creating a lot of economic pain; energy prices have soared, and a nasty European recession seems highly likely.

Yet the West isn’t going to abandon Ukraine, especially given Ukrainian success on the battlefield. So Putin’s attempted economic bullying, like his partial mobilization, probably won’t change the course of the war. What it’s doing, instead, is showing how dangerous it is to do business with an erratic, authoritarian regime. This means that even if and when the Ukraine war ends, Russia’s trade relations won’t return to normal: As long as Putin or someone like him remains in power, Europe will never again allow itself to become so reliant on Russian energy.

In short, Putin is engaged in what we might call a bonfire of the credibilities — his desperate short-run efforts to rescue his war of aggression are undermining Russia’s future, by making it clear that he can’t be trusted. Looking forward, Russian citizens won’t volunteer to serve in the military, lest they end up trapped in a kill zone; European companies won’t sign contracts with Russian suppliers, lest they find their businesses stranded by economic blackmail.

Credibility can seem squishy, and it can be abused as a rationale for objectively bad policies. And being too rigid about obeying rules that have been overtaken by events can do a lot of damage.

But maintaining credibility — demonstrating that you will, in fact, honor your promises within reason — is nonetheless important. Putin apparently doesn’t get that, and his contempt for past promises may be his downfall.

 

La guerra, l’inflazione e la credibilità dilapidata,

di Paul Krugman

 

Cosa capisce il Presidente della Fed Jerome Powell, che Vladimir Putin non capisce?

È vero, può sembrare una domanda a trabocchetto, o uno sforzo disperato di offrire un giudizio illogico rispetto agli eventi recenti. Quello che possiamo dire è che la Fed è entrata in guerra contro l’inflazione, ma quella è solo una metafora. La guerra della Russia in Ucraina, sfortunatamente, è anche troppo vera, comportando decine di migliaia di morti tra i soldati ed i civili.

Tuttavia la Fed e il regime di Putin hanno questo in comune: questa settimana hanno entrambi assunto importanti iniziative politiche. La Fed ha alzato i tassi di interesse in un tentativo di tenere a freno l’inflazione. Mentre Putin ha annunciato una mobilitazione parziale nel tentativo di mettere in salvo la sua fallita invasione. Entrambe le iniziative porteranno sofferenze.

Una differenza importante, tuttavia – a parte il fatto che Powell, per quanto ne so, non è un criminale di guerra – è che la Fed sta agendo per mantenere la sua credibilità, mentre Putin sembra determinato a sperperare quella credibilità che ancora potrebbe avere.

Sulla Fed: io sono preoccupato degli effetti dei rialzi dei tassi. C’è il serio rischio che le iniziative della Fed spingano il mondo in una ingiustificata grave recessione, in particolare perché non si tratta solo della Fed – le banche centrali stanno alzando i tassi in tutto il mondo, e anche troppo facilmente ci potrebbe essere una sinergia distruttiva in questa restrizione monetaria su scala mondiale.

Tuttavia, se fossi al posto di Powell, probabilmente avrei fatto la stessa cosa. Perché la Fed è preoccupata di conservare la sua credibilità sull’inflazione.

Si noti che ho detto “conservare”. La Fed – come il sottoscritto – non è riuscita a prevedere l’impennata dell’inflazione del 2021-22. Ma neppure i mercati finanziari o l’opinione pubblica hanno perso la fiducia che l’inflazione, di fatto, scenda in un futuro abbastanza prossimo.

Quello è un asset importante. Aspettative contenute di inflazione sono la migliore ragione per credere che la Fed possa rendere possibile un atterraggio relativamente morbido – di certo un rallentamento dell’economia, forse una recessione, ma non il genere di prolungato periodo di disoccupazione estremamente elevata che condusse alla fine dell’inflazione degli anni ’70.

E la Fed sta operando per conservare questo asset, cercando di abbassare l’attuale inflazione in tempi abbastanza rapidi, in modo che l’opinione pubblica mantenga la sua fiducia su una inflazione futura bassa. Tutto questo non mi piace. Prenderò posizione per una svolta monetaria non appena avremo le prove che l’inflazione, nei fatti, sta scendendo. Ma temo che la Fed di Powell abbia ragione a credere che mantenere la credibilità sia importante.

Ovviamente, Putin non ha preoccupazioni simili.

Il suo discorso di mercoledì era pieno di retorica apocalittica, ritraendo la Russia come una nazione sotto attacco da parte dell’intero Occidente. Ma egli non ha annunciato il genere di mobilitazione su vasta scala che quella retorica sembrerebbe implicare. Piuttosto, ha annunciato una serie di mezze misure che gli esperti della difesa dubitano faranno granché nel modificare la traiettoria militare in discesa della Russia. Né io ho alcuna ragione per mettere i dubbio il loro giudizio.

Quello che mi ha colpito, tuttavia, è stato che le nuove politiche corrispondono, di fatto, ad un tradimento dei russi che credevano nelle passate promesse di Putin. In particolare, i soldati a contratto – persone che si erano offerte volontariamente per un servizio in un tempo limitato – si sono improvvisamente scoperte bloccate in servizio per un futuro indefinito. Questo potrà rafforzare i numeri dei russi nei prossimi mesi; ma chi, nel futuro, sarà così sciocco da offrirsi volontario per l’esercito di Putin?

Gli sforzi maldestri di Putin nella guerra economica stanno, in un certo senso, determinando problemi simili di credibilità. La Russia ha in gran parte tagliato il flusso di gas naturale verso l’Europa, nella speranza di intimidire le democrazie occidentali a fermare il loro aiuto militare ed economico all’Ucraina. E sta avendo successo nel provocare molta sofferenza economica; i prezzi dell’energia sono saliti alle stelle, e una grave recessione europea sembra molto probabile.

Tuttavia l’Occidente non si sta orientando ad abbandonare l’Ucraina, in particolare considerando il successo dell’Ucraina sul campo di battaglia. Dunque la tentata prepotenza economica di Putin, come la sua parziale mobilitazione, probabilmente non cambieranno il corso della guerra. Ciò che stanno provocando, invece, è mostrare quanto sia pericoloso fare affari con un regime imprevedibile e autoritario. Questo comporta che persino se la guerra in Ucraina finisse, le relazioni commerciali della Russia non torneranno alla normalità: finché Putin o qualcuno come lui resterà a potere, l’Europa non si permetterà mai più di affidarsi così tanto all’energia russa.

In breve, Putin si è impegnato in quello che potremmo chiamare un falò della sua credibilità – i suoi sforzi disperati di mettere in salvo la sua guerra di aggressione stanno minando il futuro della Russia, rendendo chiaro che di lui non si può avere fiducia. Guardando avanti, i cittadini russi non si offriranno volontari per servire nell’esercito, per paura di finire intrappolati in una zona calda; le società europee non firmeranno contratti con i fornitori russi, per paura di ritrovare i loro affari incagliati in un ricatto economico.

La credibilità può sembrare un oggetto sfuggente, e se ne può abusare come una motivazione per politiche obiettivamente negative. Ed essere troppo rigidi nell’obbedire a regole che sono state superate dagli eventi può provocare molti danni.

Ma mantenere la credibilità – dimostrando che, nei fatti, entro limiti ragionevoli onorerete le vostre promesse – è tuttavia importante. In apparenza Putin non lo capisce, e il suo disprezzo per le promesse passate può essere la causa della sua rovina.

 

 

 

 

 

 

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