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Trump è debole, ma il Partito Repubblicano è più debole, di Paul Krugman (New York Times, 14 novembre 2022)

 

Nov. 14, 2022

Trump Is Weak, but the G.O.P. Is Weaker

By Paul Krugman

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After their party’s disappointing performance in the midterms, Republican elites seem to have decided that Donald Trump is their big problem. The Murdoch media empire has been trashing the former president. Many donors and operatives are reportedly rallying around Gov. Ron DeSantis of Florida. But Trump, who is widely expected to announce his 2024 presidential campaign on Tuesday, won’t go quietly.

Will Trump secure the nomination despite elite qualms? If he doesn’t, will a man who has never shown any loyalty to his party or, for that matter, anyone but himself, sabotage the G.O.P. out of spite? I don’t know more than anyone else who follows the news.

Let’s talk instead about how remarkable it is that someone like Trump managed to dominate one of America’s two major political parties and surely retains a substantial base.

I’m not talking about the fact that Trump holds what I consider reprehensible policy views or even the fact that he engaged in several acts, including an attempt to overturn a national election, that can reasonably be described as seditious. Clearly, most of the G.O.P. is OK with all of that.

I’m talking instead about the evident perception by many Republicans that Trump is a strong leader, when he is in reality extraordinarily weak.

Start with personal character — not my favorite subject (I’m much more comfortable talking about policy), but something that clearly matters when you’re choosing a commander in chief.

I don’t think it’s romanticizing the past to say that once upon a time politicians who sought the presidency had to appear, well, presidential. That is, they had to display gravitas and dignity; whatever their behavior behind closed doors, in public they had to appear mature and self-controlled.

Trump, however, comes across as 76 going on a very bratty 14. He veers, sometimes in consecutive sentences, between cringeworthy boasting (what kind of person describes himself as a stable genius?) and whining, between bombast and self-pity.

Beyond personal affect, what stands out about Trump’s time in office is his weakness, his inability to get things done.

On domestic policy, Trump ran in 2016 as a different kind of Republican, one who would break with the party’s tax-cutting, anti-government orthodoxy. Once in the White House, however, he was putty in Mitch McConnell’s hands. His only major domestic policy initiatives were a failed attempt to repeal Obamacare and a standard-issue G.O.P. tax cut for corporations and the wealthy.

What about his promises to invest in infrastructure? Nothing came of them: “It’s Infrastructure Week!” became a running joke.

On foreign policy, North Korea’s Kim Jong-un played Trump for a fool with empty reassurances about denuclearization. China’s Xi Jinping did much the same over trade, getting Trump to pause his tariff hikes in return for a promise to buy U.S. goods that proved entirely empty.

In short, Trump’s performance in office was feeble — especially compared with that of his successor.

President Biden didn’t get everything he wanted on domestic policy, but he did get a major infrastructure bill and, in the Inflation Reduction Act, both unprecedented spending to fight climate change and a significant strengthening of health care. And Democrats’ unexpectedly strong showing in the midterms probably ensures that these policy successes will endure.

Overseas, Biden assembled and held together a coalition in support of Ukraine that has enabled the invaded nation to resist Russia’s attack — a huge foreign-policy success reminiscent of America’s pre-Pearl Harbor role as the “arsenal of democracy.” And Biden’s China policy, centering on export restrictions designed to undermine China’s technological ambitions, is vastly more aggressive than anything Trump did, even if it hasn’t gotten nearly as much media attention.

Yet Biden is often portrayed as weak and out of it, while Trump was perceived by 90 percent of Republicans as a “strong leader” on the day he grudgingly left office. How is this possible?

The Trump personality cult may have been enabled in part by forces that go beyond politics. After all, we used to expect dignified behavior from captains of industry as well as politicians. But these days, perhaps because celebrity culture infects everything, business leaders are taken seriously even when they seem unable to refrain from flamboyant displays of ego and insecurity. (Cough. Elon Musk. Cough.)

Also, the Republican elites trying to distance themselves from Trump spent years fluffing his image. Until a few days ago Fox News, the main source of political information for much of the G.O.P. base, gave Trump the kind of hagiographic coverage you’d expect from state media in a dictatorship.

And Republican politicians, many of whom knew Trump for what he was, spent years praising him in language reminiscent of Politburo members praising the party chairman.

Now those same elites want to push Trump out of the picture. But while they may be able to deny him the nomination, they probably won’t be able to avoid paying a heavy price for their past cowardice.

 

Trump è debole, ma il Partito Repubblicano è più debole,

di Paul Krugman

 

Dopo la deludente prestazione del loro partito nelle elezioni di medio termine, sembra che i gruppi dirigenti repubblicani abbiano deciso che Donald Trump è il loro grande problema. I media dell’impero di Murdoch stanno liquidando il passato Presidente. Molti donatori e agenti stanno, a quanto si dice, stringendosi attorno al Governatore della Florida Ron DeSantis. Ma Trump, dal quale generalmente si aspetta per giovedì l’annuncio della sua campagna presidenziale per il 2024, non se ne andrà tranquillamente.

Trump si assicurerà la candidatura nonostante i timori del gruppo dirigente? Se non lo fa, un uomo che non ha mai mostrato alcuna fedeltà per il suo partito né, per la verità, per nessuno se non per se stesso, saboterà per dispetto il Partito Repubblicano? Non lo so, non più di chiunque altro segua le notizie.

Parliamo piuttosto di quanto sia  considerevole che qualcuno come Trump sia riuscito a dominare uno dei due principali partiti politici e sicuramente mantenga una base sostanziale.

Non sto parlando del fatto che Trump mantenga punti di vista che io considero riprovevoli e nemmeno del fatto che si sia impegnato in varie iniziative, compreso un tentativo di rovesciare elezioni nazionali, che possono ragionevolmente essere descritti come sediziosi. Su tutto ciò, chiaramente la maggior parte del Partito Repubblicano non ha alcun problema.

Sto parlando invece della evidente percezione da parte di molti repubblicani secondo la quale Trump sarebbe un leader forte, quando egli è in realtà straordinariamente debole.

Partiamo dal carattere della persona – tema che non è il mio preferito (sono molto più a mio agio  a parlare di politica), eppure qualcosa che è chiaramente importante quando si sceglie un ‘comandante in capo’.

Non penso che sia romanzare il passato affermare che un tempo i politici che miravano alla Presidenza dovevano apparire, diciamo pure, presidenziali. Ovvero, dovevano mostrare solennità e dignità; qualsiasi fosse la loro condotta dietro le porte, in pubblico dovevano apparire maturi e capaci di auto controllo.

Trump, tuttavia, si presenta come un settantaseienne che continua ad essere proprio un monello quattordicenne. Sbanda, talora in affermazioni consecutive, da vanterie imbarazzanti (quale genere di persona si descriverebbe come un ‘genio immutabile’?)  a piagnucolii, dal magniloquio all’autocommiserazione.

Aldilà dei suoi sentimenti personali, quello che emerge dal periodo in cui Trump è stato in carica, è la sua debolezza, la sua incapacità di concludere alcunché.

Sulla politica interna, Trump partecipò alle elezioni del 2016 come un tipo diverso di repubblicano, uno che avrebbe rotto con l’ortodossia del taglio delle tasse ed anti governamentale del partito. Una volta alla Casa Bianca, tuttavia, divenne argilla nelle mani di Mitch McConnell. Le sue sole iniziative di politica interna furono un tentativo fallito d abrogare la riforma sanitaria di Obama e un taglio delle tasse per le società e i ricchi di perfetta tradizione repubblicana.

Che dire delle sue promesse di investire nelle infrastrutture? Di esse non arrivò niente: ’E’ la settimana delle infrastrutture!” divenne una battura ricorrente.

Sulla politica estera, il nord coreano Kim Jong-un prese in giro Trump con vuote rassicurazioni sulla denuclearizzazione. Sul commercio il cinese Xi Jinping fece in gran parte lo stesso, ottenendo che Trump sospendesse i suoi rialzi nelle tariffe con la promessa di acquistare prodotti statunitensi che si mostrò interamente vuota.

In poche parole, la prestazione di Trump durante il suo mandato fu fiacca – specialmente al confronto con quella del suo successore.

Il Presidente Biden non ha ottenuto tutto quello che voleva in politica interna, ma ha promosso una importante proposta di legge sulle infrastrutture e, con la Legge per la Riduzione dell’Inflazione, una spesa senza precedenti sia per combattere il cambiamento climatico che per un significativo rafforzamento della assistenza sanitaria. E il mostrarsi inaspettatamente forti dei democratici nelle elezioni di medio termine probabilmente garantisce che questi successi politici proseguiranno.

All’estero, Biden ha messo assieme e tenuta unita una coalizione a sostegno dell’Ucraina che ha permesso alla nazione invasa di resistere all’attacco russo – un enorme successo di politica estera che ricorda il ruolo dell’America come l’ “arsenale della democrazia” prima di Pearl Harbor. E la politica di Biden verso la Cina, concentrata su restrizioni delle esportazioni destinate a mettere in crisi le ambizioni tecnologiche della Cina, è assai più aggressiva di tutto quello che fece Trump, pur non avendo ottenuto una attenzione dai media lontanamente paragonabile.

Tuttavia Biden viene descritto come debole e incapace di ragionare, mentre Trump era percepito dal 90 per cento dei repubblicani come un “leader forte” nel giorno che lasciò di malanimo il suo incarico. Com’è possibile questo?

Il culto della personalità di Trump potrebbe essere in parte stato consentito da forze che vanno oltre la politica. Dopo tutto, siamo abituati ad aspettarci condotte mirabili dai capitani d’industria come dai politici. Di questi tempi, forse perché una cultura delle celebrità guasta ogni cosa, proprio i dirigenti di impresa vengono presi sul serio persino quando sembrano incapaci di astenersi da vistose ostentazioni di egocentrismo e di insicurezza (Elon Musk, doppio colpetto di tosse).

Inoltre, i gruppi dirigenti repubblicani, nel tentativo di prendere le distanze da Trump, hanno passato anni a banalizzare la sua immagine. Sino a pochi giorni fa Fox News, la principale fonte di informazioni politiche per buona parte della base repubblicana, dava a Trump il genere di rappresentazione agiografica che ci si aspetterebbe dai media statali in una dittatura.

E i politici repubblicani, molti dei quali conoscevano Trump per quello che era, hanno speso anni ad elogiarlo con un linguaggio che ricordava i membri del Politburo che esaltano il capo del partito.

Adesso quegli stessi gruppi dirigenti vorrebbero spingere Trump fuori dalla scena. Ma mentre essi sono nelle condizioni di negargli la candidatura, probabilmente non saranno capaci di pagare un prezzo salato per la loro passata viltà.

 

 

 

 

 

 

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