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Una America del MAGA sarebbe preoccupante, di Paul Krugman (New York Times, 7 novembre 2022)

 

Nov. 7, 2022

A MAGA America Would Be Ugly

By Paul Krugman

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If you aren’t feeling a sense of dread on the eve of the midterm elections, you haven’t been paying attention.

We can talk about the conventional stakes of these elections — their implications for economic policy, major social programs, environmental policy, civil liberties and reproductive rights. And it’s not wrong to have these discussions: Life will go on whatever happens on the political scene, and government policies will continue to have a big impact on people’s lives.

But I, at least, always feel at least a bit guilty when writing about inflation or the fate of Medicare. Yes, these are my specialties. Focusing on them, however, feels a bit like denial, or at least evasion, when the fundamental stakes right now are so existential.

Ten or 20 years ago, those of us who warned that the Republican Party was becoming increasingly extremist and anti-democracy were often dismissed as alarmists. But the alarmists have been vindicated every step of the way, from the selling of the Iraq war on false pretenses to the Jan. 6 insurrection.

Indeed, these days it’s almost conventional wisdom that the G.O.P. will, if it can, turn America into something like Viktor Orban’s Hungary: a democracy on paper, but an ethnonationalist, authoritarian one-party state in practice. After all, U.S. conservatives have made no secret about viewing Hungary as a role model; they have feted Orban and featured him at their conferences.

At this point, however, I believe that even this conventional wisdom is wrong. If America descends into one-party rule, it will be much worse, much uglier, than what we see in today’s Hungary.

Before I get there, a word about the role of conventional policy issues in these elections.

If Democrats lose one or both houses of Congress, there will be a loud chorus of recriminations, much of it asserting that they should have focused on kitchen table issues and not talked at all about threats to democracy.

I don’t claim any expertise here, but I would note that an incumbent president’s party almost always loses seats in the midterms. The only exception to that rule this century was in 2002, when George W. Bush was able to deflect attention from a jobless recovery by posing as America’s defender against terrorism. That record suggests, if anything, that Democrats should have talked even more about issues beyond economics.

I’d also say that pretending that this was an ordinary election season, where only economic policy was at stake, would have been fundamentally dishonest.

Finally, even voters who are more worried about paychecks and living costs than about democracy should nonetheless be very concerned about the G.O.P.’s rejection of democratic norms.

For one thing, Republicans have been open about their plan to use the threat of economic chaos to extract concessions they couldn’t win through the normal legislative process.

Also, while I understand the instinct of voters to choose a different driver if they don’t like where the economy is going, they should understand that this time, voting Republican doesn’t just mean giving someone else a chance at the wheel; it may be a big step toward handing the G.O.P. permanent control, with no chance for voters to revisit that decision if they don’t like the results.

Which brings me to the question of what a one-party America would look like.

As I said, it’s now almost conventional wisdom that Republicans are trying to turn us into Hungary. Indeed, Hungary provides a case study in how democracies can die in the 21st century.

But what strikes me, reading about Orban’s rule, is that while his regime is deeply repressive, the repression is relatively subtle. It is, as one perceptive article put it, “soft fascism,” which makes dissidents powerless via its control of the economy and the news media without beating them up or putting them in jail.

Do you think a MAGA regime, with or without Donald Trump, would be equally subtle? Listen to the speeches at any Trump rally. They’re full of vindictiveness, of promises to imprison and punish anyone — including technocrats like Anthony Fauci — the movement dislikes.

And much of the American right is sympathetic to, or at least unwilling to condemn, violence against its opponents. The Republican reaction to the attack on Paul Pelosi by a MAGA-spouting intruder was telling: Many in the party didn’t even pretend to be horrified. Instead, they peddled ugly conspiracy theories. And the rest of the party didn’t ostracize or penalize the purveyors of vile falsehoods.

In short, if MAGA wins, we’ll probably find ourselves wishing its rule was as tolerant, relatively benign and relatively nonviolent as Orban’s.

Now, this catastrophe doesn’t have to happen. Even if Republicans win big in the midterms, it won’t be the end for democracy, although it will be a big blow. And nothing in politics, not even a full descent into authoritarianism, is permanent.

On the other hand, even if we get a reprieve this week, the fact remains that democracy is in deep danger from the authoritarian right. America as we know it is not yet lost, but it’s on the edge.

 

Una America del MAGA sarebbe minacciosa,

di Paul Krugman

 

Se non provate una sensazione di paura alla vigilia delle elezioni di medio termine, vuole dire che non state prestando attenzione.

Possiamo parlare dei convenzionali interessi in gioco in queste elezioni – le loro implicazioni per la politica economica, per importanti programmi sociali, per la politica ambientale, per le libertà civili e i diritti riproduttivi. E avere queste discussioni non è sbagliato: la vita andrà avanti qualsiasi cosa accada sulla scena politica, e le politiche del Governo continueranno ad avere un grande impatto sulla vita della gente.

Ma, per lo meno io, sento sempre almeno un po’ di senso di colpa quando scrivo del destino di Medicare. È vero, queste sono le mie specialità. Concentrarsi su di esse, tuttavia, provoca una sensazione un po’ simile al diniego, o almeno all’evasione, quando gli interessi in gioco in questo momento sono così vitali.

Dieci o venti anno fa, coloro tra noi che mettevano in guardia che il Partito Repubblicano stava diventando sempre più estremista e antidemocratico, venivano di solito liquidati come allarmisti. Ma ad ogni passo gli allarmisti sono stati confermati, dal far passare la guerra dell’Iraq con falsi pretesti all’insurrezione del 6 gennaio.

In effetti, di questi tempi è quasi senso comune percepire che il Partito Repubblicano, se sarà possibile, trasformerà l’America in qualcosa di simile all’Ungheria di Viktor Orban: una democrazia sulla carta, ma in pratica una Stato nazionalista su basi etniche, autoritario e con un partito unico. Dopo tutto, i conservatori statunitensi non hanno fatto alcun mistero di considerare l’Ungheria come un modello guida; hanno onorato Orban e l’hanno incluso nelle loro conferenze.

Io sento, tuttavia, che a questo punto anche questo senso comune sia sbagliato. Se l’America degenera nel governo di un partito unico, sarà molto peggio, molto più preoccupante, di quello che vediamo oggi in Ungheria.

Prima di arrivare a questo punto, una parola sul ruolo dei temi politici convenzionali in queste elezioni.

Se i democratici perdono in uno o nei due rami del Congresso, ci sarà un pressante coro di recriminazioni, gran parte delle quali sosterranno che essi avrebbero dovuto concentrarsi sui temi della vita quotidiana e non parlare di tutte quelle minacce alla democrazia.

In questo caso non pretendo di avere particolare competenza, ma osserverei che un Presidente in carica quasi sempre perde seggi nel medio termine. L’unica eccezione a quella regola fu nel 2002, quando George W. Bush fu capace di spostare l’attenzione da una ripresa senza posti di lavoro all’atteggiarsi come difensore dell’America contro il terrorismo. Quella testimonianza, semmai, indica che i democratici avrebbe dovuto parlare anche di più dei temi che vanno oltre l’economia.

Direi inoltre che fingere che questa sia stata una normale stagione elettorale, dove era in gioco soltanto la politica economica, sarebbe stato fondamentalmente disonesto.

Infine, persino gli elettori che sono più preoccupati degli stipendi e dei costi della vita che della democrazia, ciononostante dovrebbero essere molto preoccupati del rigetto delle regole democratiche da parte del Partito Repubblicano.

Da una parte, i repubblicani sono stati espliciti sul loro programma di utilizzare la minaccia del caos economico per estorcere concessioni che non potrebbero ottenere nel normale procedimento legislativo.

Inoltre, mentre comprendo l’istinto degli elettori di scegliere una guida diversa se non gradiscono dove sta andando l’economia, essi dovrebbero capire che, questa volta, votare repubblicano non comporta soltanto mettere qualcun altro al timone; può essere un gran passo nella consegna al Partito Repubblicano di un controllo permanente, con nessuna possibilità per gli elettori di rivedere quella decisione se non gradiscono i risultati.

Il che mi porta al tema di quello a cui un’America a partito unico assomiglierebbe.

Come ho detto, adesso è quasi senso comune ritenere che i repubblicani stiano cercando di trasformarci nell’Ungheria. In effetti, l’Ungheria fornisce un esempio da studiare su come, nel ventunesimo secolo, possono morire le democrazie.

Ma quello che mi colpisce, leggendo del governo di Orban, è che mentre il suo regime è profondamente repressivo, la repressione sia relativamente sottile. È, come si esprime un articolo perspicace, un “fascismo leggero” che rende i dissidenti impotenti attraverso il suo controllo dell’economia e dei media, senza aggredirli o metterli in carcere.

Pensate che un regime del MAGA, con o senza Donald Trump, sarebbe parimenti sottile? Ascoltate i discorsi a qualsiasi raduno di Trump. Sono pieni di vendicatività, di promesse di incarcerazione e di punizione di chiunque il movimento detesti – inclusi esperti come Anthony Fauci.

E buona parte dell’America di destra è solidale, o almeno indisponibile a condannare la violenza contro i suoi avversari. La reazione repubblicana all’attacco a Paul Pelosi da parte di un personaggio che blaterava sul MAGA è stata istruttiva: molti nel partito non hanno neanche fatto finta di essere scandalizzati. Semmai, hanno messo in  circolazione oscene teorie cospirative. E il resto del partito non ha messo ai margini o condannato coloro che diffondevano quelle vili falsità.

In breve, se vince il MAGA probabilmente ci ritroveremo a desiderare che il suo governo sia altrettanto tollerante, relativamente benevolo e non violento come quello di Orban.

Ora, questa catastrofe non deve aver luogo. Anche se i repubblicani vincessero nelle elezioni di medio termine, non sarà la fine della democrazia, sebbene sarà un colpo duro. E niente in politica, neppure una degenerazione piena nell’autoritarismo, è permanente.

D’altra parte, persino se questa settimana avremo una tregua, resta il fatto che la democrazia è in profondo pericolo a causa della destra autoritaria. L’America come la conosciamo non è ancora persa, ma è in bilico.

 

 

 

 

 

 

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