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Due post di Milanovic (del 2021) sulla misurazione delle ricchezza in società diverse (dal blog Global Inequality, 12 maggio e 29 ottobre 2021)

 

May 12, 2021

Historical wealth. How to compare Croesus and Bezos

Branko Milanovic

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A few days ago I wrote a post on wealth comparisons over time. I have done such a comparison myself in “The haves and the have-nots” and have used Adam Smith’s argument that person’s wealth ought to be measured in the amount of labor he commands. In other words, wealth needs to be measured in its historical context. I gave two examples of misleading wealth comparisons: over time, when we try to use the same bundle of commodities to compare Croesus and Bezos, and when we conflate wealth and power.

Here I would like to explain a bit more the problems with historical comparisons of wealth (or income) because they have direct bearing on our understanding of the past, and raise also some essentially philosophical points.

The difficulty of measurement of wealth between different periods derives not only because of our lack of data for most of the past but from the inability to meaningfully compare wealth or consumption patterns in the past with those of today. Some economists believe that if people in the past did not have certain amenities that we have today they must have been infinitely poorer. This is what one finds in Nordhaus and DeLong’s view of historical progress as unfolfding through reduced cost of artificial lighting, the approach that Angus Maddison (in  “Contours of the World Economy: 1-2030”) termed a “hallucigenic history”.

The logic of such authors is as follows. Take the example of artificial lighting or voice recording. For Julius Caesar to read a book overnight, easily move at night around his palace, or listen to the songs he liked would have required perhaps hundreds of workers (slaves) to hold the torches or sing his favorite arias all night. Even Caesar, if he were to do that night after night, might, after some time, have run out of resources (or might have provoked a rebellion among the singers). But for us the expense for a similar pleasure is very small, even trivial, say $2 per night. Consequently, some people come to the conclusion that Caesar must have had tiny wealth measured in today’s bundle of goods since a repeated small nightly expense of $2 (in today’s prices) would have eventually ruined him. Other people at Caesar’s time had obviously much less: ergo, the world today is incomparably richer than before, and people then must have felt horribly poor and deprived of all pleasurable things. (Even if you cannot feel deprived of the things you do not know exist.)

The logic seems at first reasonable even if somewhat extreme. But it is not reasonable. Let’s extend this logic, now in a different direction, from us today to the next 500 years. Suppose that in 500 years people are able to choose for their vacation between Mars, Venus, Pluto or perhaps even to go further than that. Suppose they can fly around our solar system, go to the bottom of the ocean, zip from one end of the Earth to another in a few minutes, or do lots of fun things that we cannot imagine today, no more than Caesar could have imagined that his singers’ voices could be recorded on a tiny chip and reproduced ad infinitum at almost no cost. And when we then look at Jeff Bezos’ wealth today using the consumption opportunities of the future, that wealth is likely to look to us –from the vantage point of 500 years hence- insignificant. Bezos might be rich in our own terms, but he cannot fly to Mars this weekend, no matter how much he tries.

So should we then absurdly turn around and claim that Jeff Bezos, Bill Gates et al. are poor? Clearly not. But thus, equally clearly, rich Romans were not poor either. In other words, we cannot compare wealth of vastly different epochs by using one yardstick, whether it be the yardstick of the past (which is on balance more reasonable) or the yardstick of the present. This is a well-known problem for empirical economic historians. If time-periods are not vastly apart, or rather if technologies and consumption baskets are not vastly different, we can perhaps use some equal weighting of the baskets (½ of the past and ½ of the present). But that clearly will not do for the very remote periods.

This is why wealth has to be measured with a yardstick belonging to the same time when that wealth exists.* And this is why Adam Smith’s approach seems the only one that makes sense. No other commodity but labor power (an hour of unskilled work) is both as unchanged over time in terms of effort exerted, and yet paid the equivalent of different amounts of real goods and services reflecting the general level of productivity of a society. It is both covariant with wealth and an unvarying numeraire.

Angus Maddison who created the original series comparing incomes of countries over a very long-run was perfectly aware of the problem. He directed his scorn towards those who believed that looking at the past through our today’s lenses made them treat everybody who lived then as “cavemen”: “[Such authors as] Nordhaus and DeLong have constructed fairytale scenarios that greatly exaggerate progress since 1800, before which they seem to believe that people lived like cavemen. These views are fundamentally wrong.”

* The same problem technically applies to cross-country comparisons at a given point in time. However with globalization which brings similarity in technologies and consumption patterns across the world the comparisons are much more meaningful.

 

12 maggio 2021

La ricchezza nella storia. Come confrontare Creso con Bezos.

Di Branko Milanovic

 

Pochi giorni fa ho scritto un post sui confronti della ricchezza nel corso del tempo. Ho fatto io stesso un tale confronto in “Gli abbienti e i non-abbienti” ed ho usato l’argomento di Adam Smith secondo il quale la ricchezza di una persona dovrebbe essere misurata nella quantità di lavoro che essa ha a disposizione. In altre parole, la ricchezza deve essere misurata nel suo contesto storico. Ho fornito due esempi di confronti fuorvianti di ricchezza: quando noi cerchiamo, nel corso del tempo, di usare il medesimo gruppo di prodotti per confrontare Creso e Bezos, e quando identifichiamo ricchezza con potere.

Qua vorrei spiegare un po’ di più i problemi con i confronti storici della ricchezza (o del reddito) perché essi hanno un rilievo diretto sulla nostra comprensione del passato e sollevano anche aspetti essenzialmente filosofici.

La difficoltà della misurazione della ricchezza tra diversi periodi deriva non soltanto dalla nostra mancanza di dati per la maggior parte del passato, ma dalla impossibilità di paragonare con qualche significato la ricchezza o i modelli di consumo del passato con quelli odierni. Alcuni economisti credono che se le persone del passato non avevano certi servizi che noi abbiamo oggi, esse dovevano essere infinitamente più povere. Questo è quello che si trova nei punti di vista di Nordhaus e DeLong sul progresso storico come uno svolgimento attraverso i costi ridotti dell’illuminazione artificiale, l’approccio che Angus Maddison (ne “I profili dell’economia mondiale: dall’anno 1 al 2030”) definiva una “storia allucinogena”.

La logica di tali autori è la seguente. Si prenda l’esempio della illuminazione artificiale o della registrazione della voce. Per Giulio Cesare leggere un libro di notte, muoversi facilmente di notte attorno al suo palazzo, o ascoltare le canzoni che gli piacevano, avrebbe forse richiesto centinaia di lavoratori (schiavi) per tenere le torce o cantare le sue arie favorite nottetempo. Persino Cesare, se avesse dovuto farlo una notte dopo l’altra, dopo un po’ di tempo avrebbe esaurito le risorse (o magari avrebbe provocato una ribellione tra i cantanti). Ma per noi la spesa per un tale piacere è molto piccola, persino banale, diciamo 2 dollari a notte. Di conseguenza, alcuni giungono alla conclusione che Cesare deve aver avuto una ricchezza minuscola misurata nei termini dei gruppi di prodotti odierni, dato che una piccola ripetuta spesa notturna di 2 dollari alla fine l’avrebbe mandato in rovina. Le altre persone al tempo di Cesare avevano ovviamente molto meno: quindi il mondo odierno è incomparabilmente più ricco di prima, e le persone di allora devono essersi sentite terribilmente povere e private di tutte le cose piacevoli (anche se non si può sentirsi privati delle cose che non si sanno esistere).

Agli inizi la  logica sembra ragionevole anche se in qualche modo estrema. Ma non è ragionevole.  Si estenda questa logica, adesso in una diversa direzione, dai nostri tempi a 500 anni dopo. Si supponga che tra 500 anni le persone siano nelle condizioni di scegliere per le loro vacanze tra Marte, Venere, Plutone o forse persino oltre. Si supponga che si possa volare attorno al nostro sistema solare, andare in fondo agli oceani, sfrecciare da un’estremità all’altra della Terra in pochi minuti, o fare una grande quantità di cose spassose che oggi non possiamo immaginare, non più di quanto Cesare si sarebbe immaginato che le voci dei suoi cantanti potessero essere registrate su un minuscolo microchip e riprodotte all’infinito senza quasi alcun costo. E quando poi osserviamo la ricchezza odierna di Bezos utilizzando le opportunità di consumo del futuro, quella ricchezza è probabile ci appaia – dal punto di osservazione di 500 anni da qui – insignificante. Nei nostri termini Bezos potrebbe essere ricco, ma egli non può volare su Marte in questo fine settimana, per quanto ci provi.

Dovremmo allora assurdamente capovolgere il tutto e sostenere che Jeff Bezos, Bill Gates e gli altri sono poveri? Chiaramente no. Ma quindi, in modo altrettanto chiaro, neanche i ricchi romani erano poveri. In altre parole, non possiamo confrontare la ricchezza di epoche grandemente diverse utilizzando una stessa unità di misura, utilizzando l’unità di misura del passato (che è al confronto più ragionevole) o l’unità di misura del presente. Questo è un ben noto problema per gli storici empirici dell’economia. Se i periodi temporali non sono enormemente lontani, o piuttosto se le tecnologie e il paniere dei consumi non sono enormemente diversi, possiamo forse utilizzare una qualche eguale ponderazione dei panieri (una metà del passato ed una metà del presente). Ma chiaramente questo non varrà per periodi molto remoti.

Questa è la ragione per la quale la ricchezza deve essere misurata con un metro di misura che appartiene allo stesso tempo nel quale la ricchezza esiste *. E questa è la ragione per la quale l’approccio di Adam Smith sembra l’unico che ha senso. Nessun altra merce se non la forza lavoro (un’ora di lavoro non specializzato) resta immutata nel tempo nei termini dello sforzo messo in atto, e tuttavia viene pagata l’equivalente di diverse quantità di beni e servizi che riflettono il livello generale della produttività di una società. Essa è sia covariante con la ricchezza che un numerario invariabile.

Angus Maddison che creò le serie originali confrontando i redditi dei paesi su un periodo molto lungo era perfettamente consapevole del problema. Egli indirizzava il suo scherno verso coloro che credevano che guardare al passato attraverso le lenti del presente consentisse loro di trattare tutti coloro che avevano vissuto un tempo come “cavernicoli”: “[Tali autori come] Nordhaus e DeLong hanno costruito scenari fiabeschi che esagerano grandemente il progresso a partire dal 1800, prima di quando sembrano credere che gli uomini vivessero come cavernicoli. Questi punti di vista sono fondamentalmente sbagliati”.

 

 

* Lo stesso problema tecnicamente si applica ai confronti tra i paesi in un determinato periodo del tempo. Tuttavia, con la globalizzazione che comporta somiglianze nelle tecnologie e nei modelli di consumo in tutto il mondo, i confronti sono molto più significativi.

 

 

 

 

 

 

 

Oct 29, 2021

What is wealth? How to compare wealth in different societies.

Branko Milanovic

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It seems obvious. Let me start with the definitions that economists who work on inequality use. It is the sum total of all assets that you own (cash, house, car, furniture, paintings, money in the bank, value of shares, bonds etc.) plus what is called  “the surrender value” of life insurance and similar plans minus the amount of your debts. In other words, this is the amount of money that you would get if you had to liquidate today all your possessions and repay all your debts. (The amount can clearly be negative too.) The definition can get further complicated as some economists insist that we should also add the capitalized value of future (certain?) streams of income. That leads to the problems that I explained here—but be this as it may, in this post I would like to take a more historical view of wealth.

I did that too in my “The Haves and the Have-nots” when I discussed who might have been the richest person in history. If you want to compare people from different epochs you cannot just simply try to calculate their total wealth. That is impossible because of what is known as the “index number problem”: there is no way to compare the bundle of goods and services which are hugely dissimilar. If I can listen to a million songs and  read the whole night using a very good light, and if I put a high value on that, I may be thought to be wealthier than any king who lived 1000 years ago. Tocqueville noticed that too when he wrote that ancient kings lived lives of luxury but not comfort.

This is why we should  use Adam Smith’s definition of wealth: “[A person] must be rich or poor according to the quantity of labor which he can command”. This means that the extent of one’s wealth ought to be estimated within a historical context: how many thousands hours of labor one can command if he were to use his entire wealth. This metric however is easier to implement in the past than now. When, say in Roman times, countries were at approximately the same level of income, taking the richest person in Roman and Chinese empires, and comparing their wealth with the subsistence income (i.e. the usual wage at the time) made sense because that “usual wage” was the same in Rome as in China. But if you take Jeff Bezos or Bill Gates with whose wages should you compare their wealth? Wages of US labor or some notional global wage rate? If the former, should not then Carlos Slim’s or Russian oligarchs’ wealth be compared to the average wage in Mexico and Russia?  This is what I did in “The Haves and the Have-nots” and here are the results. They are from the year 2010-11, but could be easily updated. One can see that Slim and Khodorkovsky (the Russian super-oligarch before he was jailed by Putin) were probably the richest people in history—if their wealth is measured in terms of their county’s wages. And using the same yardstick, Rockefeller in 1937 was richer than Gates in 2005.

misure ricchezza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

When we do this kind of calculation, we implicitly look at billionaires’ potential domestic power: their ability to hire thousands of people.  But notice that here I have moved a bit the goalposts. I am really measuring wealth in the space of potential power. Now, that power does not always require actual financial wealth. It can come from straight political power. Stalin, to take one example, could have moved much more labor by his decisions than either Khodorkovsky or Slim. The same is true for many other dictators in history.

This conflation of the amount of money as such and the power to order workers  around leads people to believe that absolute rulers must have been extraordinary wealthy. The view is implicitly based on the values of our own contemporary societies that are fully commercialized,  and where having wealth comes close to having power. With people like Trump, Berlusconi, Thaksin, Bloomberg etc. it becomes even more “natural” to see wealth and power as just one and same thing.

Wealth also, it is thought, should include the ability to leave it to your heirs. After all, many people justify their amassing extraordinary amounts by their concern for family, or maybe for some philanthropic causes. But what happens when the actual private wealth is low even if the ability to control an enormous amount of resources is huge? This was the case, in an extreme way, with Stalin, but also with most communist leaders. Whoever among them was a supreme leader within his own country had a huge power to move resources around. They also used for themselves many resources; not (in the case of Stalin) in an  ostentatious Czarist  way but in order to showcase own power and the power of the state (as argued very convincingly in Vladimir Nevezhin’s “Dining with Stalin”, reviewed here). Resources were also used to pay for  incredibly high security costs so that no one could track the movement of the supreme leader. (The same reason that leads American presidents to always use two or three helicopters and not one.)  This resulted in Stalin having access to approximately twenty residences in different areas near Moscow and on the Black Sea coast. (Some of these residences were  only for his own use, others were shared with the rest of the leadership). Very similar was Mao’s situation. Tito had at least seven residences in different parts of the country.

But what neither of these dictators had was the ability to transfer such “wealth” to their offspring. Many of them did not much care about their nearest family—certainly the cases of Stalin and Tito. Mao cared just a bit more, but his son inherited little; Chiang Ching (Jiang Qing), his widow, even less and died in prison. Thus, if we make a simple table (see below) of what wealth consists of, we note that in these cases it did not fulfill all the functions that we normally assign to it. The reason why it failed to do so is because we ascribe to wealth the characteristics of our own  commercialized societies. In different societies even if they are relatively close in age and technological development to ours (like Stalin’s Soviet Union or Mao’s China) the function of wealth was different. Power was the true wealth—not the mansions that were used ex officio and that you could not bequeath to your heirs.

Functions of wealth in different societies

misure ricchezza 2

 

 

 

 

 

 

 

 

We thus find that comparing wealth over different ages is not only fraught with difficulties or rather impossible because we cannot assign values to the things that did not exist in the past and exist now, but because we have trouble comparing wealth in different societies with structurally different features. We have to realize that it is okay to compare wealth of the people on the Forbes list so long as they share similar social environment: the same ability to protect that wealth, to use it to boss people around, to bequeath it. The moment when these underlying  conditions diverge comparison ceases to be meaningful.

 

29 ottobre 2021 

Cos’è la ricchezza? Come confrontare la ricchezza in società diverse.

Di Branko Milanovic

 

Sembra evidente. Fatemi partire dalle definizioni che utilizzano gli economisti che lavorano sull’ineguaglianza. Essa è la somma totale degli asset che si possiedono (contante, casa, automobile, dipinti, soldi in banca, valore delle azioni, delle obbligazioni etc.) in aggiunta a quella che è definito “il valore di riscatto” delle assicurazioni sulla vita e di programmi simili, meno la quantità dei vostri debiti. In altre parole, questa è la quantità di denaro che avreste se doveste liquidare oggi tutto ciò che possedete e restituire tutti i vostri debiti (chiaramente quella quantità può anche essere negativa). La definizione può divenire ulteriormente complessa dal momento che alcuni economisti insistono che si dovrebbe anche aggiungere il valore capitalizzato di futuri (certi?) flussi di reddito. Ciò porta ai problemi che ho spiegato in questa connessione [1] – ma, in ogni modo, in questo post mi piacerebbe assumere un punto di vista sulla ricchezza più storico.

L’avevo fatto anche in “Gli abbienti e i non abbienti” quando discussi chi potrebbe essere stato la persona più ricca nella storia. Se volete confrontare persone di epoche diverse non potete semplicemente cercar di calcolare la loro ricchezza totale. Ciò è impossibile a causa di quello che è noto come il “problema del numero indice”: non c’è alcun modo di confrontare i gruppi dei beni e dei servizi, che sono enormemente dissimili. Se io posso ascoltare fino a un milione di canzoni e leggere per l’intera notte utilizzando un’ottima illuminazione, e se attribuisco un elevato valore a questo, potrei pensare di essere più ricco di qualsiasi re che sia vissuto mille anni fa. Tocqueville osservò che anche quando lui scriveva quegli anziani re passavano esistenze di lusso, ma non confortevoli.

Questa è la ragione per la quale dovremmo usare la definizione di ricchezza di Smith: “[Una persona] deve essere considerata ricca o povera a seconda della quantità di forza lavoro che ha a disposizione”. Questo comporta che la misura della ricchezza di ciascuno dovrebbe essere stimata entro un contesto storico: di quante migliaia di di ore di lavoro uno dovrebbe disporre se dovesse usare la sua intera ricchezza. Questo metro di misura, tuttavia, è più facile da applicare sul passato che sul presente. Quando, diciamo all’epoca dei Romani, i paesi erano approssimativamente allo stesso livello di reddito, considerare la persona più ricca degli imperi romano o cinese, e confrontare la loro ricchezza con il reddito del suo sostentamento (ovvero con il salario normale del tempo) aveva senso, giacché quel “salario normale” era lo stesso a Roma e in Cina. Ma se voi prendete Jeff Bezos o Bill Gates, con i salari di chi dovreste confrontare la loro ricchezza? I salari della forza lavoro negli Stati Uniti o qualche ipotetico tasso salariale globale? Nel primo caso, non dovrebbe allora la ricchezza di Carlos Slim [2] e degli oligarchi russi essere confrontata con i salari medi in Messico e in Russia? Questo è quello che io feci in “Gli abbienti e i non abbienti”, ed ecco i risultati. Essi sono riferiti agli anni 2010-11, ma potrebbero essere facilmente aggiornati. Uno può vedere che Slim e Khodorkovsky (il super oligarca russo prima di essere incarcerato da Putin) erano probabilmente le persone più ricche della storia – se la loro ricchezza viene misurata nei termini dei salari dei loro paesi. E utilizzando lo stesso metro di misura, Rockfeller nel 1937 era più ricco che Gates nel 2005.

misure ricchezza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[3]

Quando facciamo questo tipo di calcolo, noi implicitamente osserviamo il potenziale potere nazionale dei miliardari: la loro capacità di assumere migliaia di persone. Ma si noti che io ho un po’ cambiato le carte in tavola. Io sto davvero misurando la ricchezza nell’ambito del potere potenziale. Ora, quel potere non richiede sempre effettiva ricchezza finanziaria. Esso può derivare da un diretto potere politico. Stalin, per fare un esempio, potrebbe aver mosso più forza lavoro con le sue decisioni che non Khodorkovsky o Slim. Lo stesso è vero per molti altri dittatori nella storia.

Questa combinazione tra la quantità di denaro in quanto tale e il potere di disporre di lavoratori induce le persone a credere che i governanti assoluti debbono essere stati straordinariamente ricchi. Il punto di vista implicitamente è basato sui valori delle nostre società contemporanee che sono pianamente commercializzate, e dove avere ricchezza si avvicina ad avere potere. Con individui come Trump, Berlusconi, Thaksin, Bloomberg etc. diviene persino più “naturale” considerare la ricchezza e il potere semplicemente come un’unica e medesima cosa.

La ricchezza, si è anche pensato, dovrebbe includere la possibilità di trasmetterla ai propri eredi. Dopo tutto, molte persone giustificano il loro ammassare straordinarie quantità con la loro preoccupazione per la famiglia, o magari per qualche causa filantropica. Ma cosa accade quando l’effettiva ricchezza privata è bassa, anche se la possibilità di disporre di enormi quantitativi di risorse è enorme? Questo era il caso, in modo estremo, di Stalin, ma anche della maggior parte di leader comunisti. Chiunque tra loro sia stato un leader supremo all’interno del suo paese aveva un enorme potere nel mettere in circolazione risorse. Essi utilizzavano anche per loro stessi molte risorse; non (nel caso di Stalin) in una ostentata maniera zarista, ma allo scopo di mettere in mostra il proprio potere e il potere dello Stato (come si sostiene in modo molto convincente ne libro di Vladimir Nevzhin “A cena con Stalin”, che ho recensito in questa connessione). Le risorse erano anche usate per pagare costi di sicurezza incredibilmente alti, in modo che nessuno potesse seguire gli spostamenti del leader supremo (la stessa ragione che induce spesso i Presidenti americani ad usare due o tre elicotteri anziché uno). Nel caso d Stalin, questo comportava l’aver accesso approssimativamente a venti residenze in località diverse vicino a Mosca o sulla costa del Mar Nero (alcune d queste residenze erano solo per il suo uso personale, altre erano condivise con il resto della leadership). La situazione di Mao era molto simile. Tito aveva almeno sette residenze  in parti diverse del paese.

Ma quello che nessuno di questi dittatori aveva era la possibilità di trasferire tali “ricchezze” alla propria progenie. Molto di loro non si curavano granché dei loro familiari più prossimi – certamente non Stalin e Mao. Mao se ne curava un po’ di più, ma suo figlio ereditò poco; Chaing Ching (Jiang Quing), la sua vedova, anche meno e morì in prigione. Quindi, se facciamo una semplice tabella (vedi sotto) di ciò in cui consiste la ricchezza, osserviamo che in questi casi essa non adempie a tutte le funzioni che normalmente le attribuiamo. La ragione per la quale non lo fa è che noi attribuiamo alla ricchezza le caratteristiche delle nostre stesse società commercializzate.  In società diverse, anche se erano relativamente vicine nel tempo e nello sviluppo tecnologico alle nostre (come l’Unione Sovietica di Stalin o la Cina di Mao), la funzione dela ricchezza era diversa. Il potere era la vera ricchezza – non le ville che erano usate per la carica e che non si potevano lasciare in eredità agli eredi.

Funzioni della ricchezza nelle diverse società

 

 
Nelle società dispotiche del passato
Nel comunismo “remoto”
Nelle società commercializzate odierne
Disporre del lavoro delle persone
Spostare le risorse (in senso macroeconomico)
Solo se in rapporto al potere politico
Vivere nel lusso
Sì (ma non del tutto)
Lasciare agli eredi
No

Scopriamo quindi che confrontare la ricchezza su diverse epoche è non solo pieno di difficoltà se non impossibile perché non possiamo assegnare valori alle cose che non esistevano nel passato ed esistono oggi, ma perché abbiamo problemi a confrontare la ricchezza in società diverse con caratteristiche strutturalmente diverse. Dobbiamo convenire che è giusto confrontare la ricchezza delle persone sulla lista di Forbes finché esse condividono contesti sociali simili: la stessa capacità di proteggere quella ricchezza, di usarla per avere a disposizione persone attorno, di lasciarla in eredità. Al momento in cui queste condizioni sottostanti divergono, il confronto cessa di essere significativo.

 

 

 

 

 

 

[1] La connessione, nel testo inglese, è con un post di Milanovic del maggio del 2015 ancora sui temi della misurazione della ricchezza (“Sotto il socialismo ognno era milionario?”)

[2][2] Carlos Slim Domit è un imprenditore e filantropo messicano, Presidente del Consiglio di Amministrazione di Telmex, América Móvil, Grupo Carso e Grupo Sanborns. È anche direttore generale della catena di negozi e ristoranti Sanborns. Wikipedia

[3] La tabella misura i livelli della ricchezza di vari miliardari espressi dal numero dei ‘redditi medi nell’anno e nel paese in cui vivevano’, ovvero utilizzando il criterio indicato da Adam Smith relativo ai compensi della forza lavoro ‘comandata’. Come si vede, il romano Crasso totalizzava circa 30.000 salari dei lavoratori del suo tempo, Rockfeller circa 120.000, Gates circa 70.000, il russo Khodorkvsky 250.000, il messicano Carlos Slim 400.000.

 

 

 

 

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