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Gli otto semplici punti di Olivier Blanchard che hanno (un po’ sorprendentemente) riaperto un dibattito tra gli economisti sull’inflazione, (da Twitter, 30 dicembre 2022)

 

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Gli otto semplici punti di Olivier Blanchard che hanno (un po’ sorprendentemente) riaperto un dibattito tra gli economisti sull’inflazione,

(da Twitter, 30 dicembre 2022) [1]

 

1/8. Un punto che spesso si perde nelle discussioni sull’inflazione e sulla politica della banca centrale: l’inflazione è fondamentalmente il risultato di un conflitto distributivo, tra le imprese, i lavoratori ed i contribuenti. Esso si ferma soltanto quando i vari attori sono costretti ad accettarne il risultato.

2/8. La fonte del conflitto può essere un’economia surriscaldata: nel mercato del lavoro i lavoratori possono essere in una posizione più forte per contrattare salari più alti in relazione ai prezzi. Ma, nel mercato dei prodotti, anche le imprese possono essere in una posizione più forte per aumentare i prezzi in relazione ai salari. E così si procede.

3/8. La fonte del conflitto può anche essere prezzi troppo alti delle materie prime, come l’energia. Per riflettere i costi più elevati degli input intermedi, le imprese vogliono aumentare i prezzi in relazione ai salari. I lavoratori vogliono resistere alla diminuzione dei salari reali, e chiedono salari più alti. E così si procede.

4/8. Lo Stato può giocare vari ruoli. Attraverso la politica della finanza pubblica, può rallentare l’economia ed eliminare il surriscaldamento. Può sussidiare il costo dell’energia, limitando la diminuzione dei salari reali e la pressione sui salari nominali.

5/8. Esso può finanziare i sussidi aumentando le tasse su alcuni attuali contribuenti, ad esempio tasse sui profitti eccezionali, o attraverso deficit e tasse finali sui futuri contribuenti (che  nella vicenda hanno poco da dire …)

6/8. Ma alla fine, costringere gli attori ad accettare il risultato, e quindi stabilizzare l’inflazione, viene normalmente lasciato alla banca centrale. Rallentando l’economia, essa può costringere le imprese ad accettare prezzi più bassi in relazione ai salari, ed i lavoratori ad accettare salari più bassi in relazione ai prezzi.

7/8. Questo è un modo altamente inefficiente di misurarsi con il conflitto distributivo. Si può/si dovrebbe fantasticare su un negoziato tra lavoratori, imprese e Stato, nel quale il risultato sia realizzato senza innescare inflazione e senza richiedere un doloroso rallentamento.

8/8. Ma sfortunatamente questo richiede maggiore fiducia di quella in cui si può sperare e precisamente è ciò che non accade. Eppure, questo modo di pensare l’inflazione mostra quale sia il problema, e come riflettere sulla soluzione meno dolorosa.

 

 

 

 

 

 

[1] Il giorno della fine dell’anno, Olivier Blanchard ha pubblicato su Twitter questi otto punti. Blanchard ha ottenuto un dottorato in Economia nel 1977 al MIT. Ha insegnato ad Harvard tra il 1977 e il 1983, dopodiché è tornato al MIT come professore. Tra il 1998 e il 2003 Blanchard fu anche direttore del Dipartimento di Economia in questa università. È docente di Economia al Massachusetts Institute of Technology, ma dal settembre 2008 ha ricoperto la posizione di capo economista al FMI, a cui ha dedicato gran parte del suo temp. Nel 2015 si è ritirato da tale organo. È inoltre un consigliere della Federal Reserve di Boston (dal 1995) e di New York (dal 2004). (Wikipedia)

Il prestigio di Blanchard tra gli economisti è un po’ speciale, come se gli fosse implicitamente riservato un ruolo particolare a seguito di una riconosciuta competenza che si colloca oltre anche i maggiori livelli consueti. Ad esempio, pochi anni fa egli tenne una prolusione nella quale smentiva tutti i luoghi comuni delle politiche dell’austerità, che da allora divenne un punto di riferimento obbligato quasi per tutti. Il che, probabilmente, gli consente in alcuni casi di intervenire in forme un po’ particolari, che si distaccano per assertività e per semplicità dai dibattiti in corso.

È quello che ha fatto in questa occasione, con questi ‘otto punti’ che hanno provocato in questi giorni un vasto dibattito. Un post di Paul Krugman – che pubblichiamo su FataTurchina contemporaneamente ai punti di Blanchard – accenna a quel dibattito. Lo stesso ha fatto Adam Tooze in una sua ricostruzione delle varie posizioni, pubblicata su blog “Chartbook”.

In pratica, Blanchard ha rimesso al centro della discussione il fatto che l’inflazione non sia altro che un periodo nel quale si riaccende una competizione per diversi ‘equilibri di mercato’ tra imprese, lavoratori e Stati. Tale processo può essere innescato da vari fattori – variazioni dei contesti, pandemie, eccessi di domanda anche provocati da politiche di temporanea redistribuzione da parte degli Stati, difficoltà nelle catene dell’offerta; ma gli attori di quel processo, dal momento in cui si avvia, sono quei soggetti sociali e istituzionali che si contendono la quota della torta dei redditi. Questo può sembrare non del tutto evidente, in un periodo storico nel quale il potere contrattuale dei lavoratori è molto ridotto. Ma questo non sembra che infici del tutto il ragionamento di Blanchard, perché comunque la competizione tra quei soggetti è attiva in forme molto diffuse, e probabilmente perché i lavoratori hanno strumenti deboli ma non completamente inefficaci nel competere (ad esempio quando rifiutano di tornare a fare lavori percepiti come eccessivamente alienanti, o determinano scarsità nel mercato del lavoro quando le condizioni e le retribuzioni suggeriscono loro di continuare a ricercare soluzioni migliori, oppure come quando – come elettori – attribuiscono grande importanza all’inflazione nello loro scelte elettorali, il che influisce seriamente nelle cosiddette ‘aspettative’ generali).

Come sostiene Blanchard nei punti 7 ed 8, considerare l’inflazione materia esclusiva per politiche di restrizione monetaria delle banche centrali, è altamente ‘inefficiente’. Ed anche soltanto il rimettere sulle sue gambe una comprensione del processo di inflazione, aiuterebbe almeno nel cercare di individuare terreni più efficaci di risposta positiva. Che è un po’ il ragionamento avanzato settimane fa da Stiglitz, in un articolo qua tradotto (Il pieno di sofferenze e nessun vantaggio da tassi di interesse più alti, FataTurchina, 8 dicembre 2022). 

 

 

 

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