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L’incombente contagio finanziario, di Kenneth Rogoff (da Project Syndicate, 2 gennaio 2023)

 

Jan 2, 2023

The Looming Financial Contagion

KENNETH ROGOFF

Kenneth_Rogoff

CAMBRIDGE – The fact that the world did not experience a systemic financial crisis in 2022 is a minor miracle, given the surge in inflation and interest rates, not to mention a massive increase in geopolitical risk. But with public and private debt having risen to record levels during the now-bygone era of ultra-low interest rates, and recession risks high, the global financial system faces a huge stress test. A crisis in an advanced economy – for example, Japan or Italy – would be difficult to contain.

True, tighter regulation has reduced risks to the core banking sectors, but that has only led to risks shifting elsewhere in the financial system.  Rising interest rates, for example, have put huge pressure on private-equity firms that borrowed heavily to buy up property. Now, with housing and commercial real estate on the cusp of a sharp, sustained drop, some of those firms will most likely go bust.

In that case, the core banks that provided much of the funding for private equity real-estate purchases could be on the hook. That has not happened yet, partly because lightly regulated firms are under less pressure to mark their books to market. But suppose interest rates remain stubbornly high even during a recession (a distinct possibility as we exit the ultra-low-rate era). In that case, widespread payment delinquencies could make it hard to maintain appearances.

The United Kingdom’s recent financial misfortunes demonstrate the kind of unknowns that could pop up as global interest rates increase. Although former Prime Minister Liz Truss took all the blame for the near-meltdown of her country’s bond markets and pension system, the main culprit turned out to be pension-fund managers who essentially bet that long-term interest rates would not rise too fast.

Japan, where the central bank has kept interest rates at zero or negative for decades, might be the world’s most acutely vulnerable country. In addition to ultra-low rates, the Bank of Japan has also engaged in yield curve control, capping five-year and ten-year bonds at around zero. Given the increase in real interest rates around the world, the yen’s sharp depreciation, and high inflationary pressures, Japan may finally exit its near-zero era.

Higher interest rates would immediately put pressure on the Japanese government, as the country’s debt amounts to 260% of GDP. If one were to integrate the BOJ’s balance sheet, roughly half the government debt bought by the private sector is effectively in short-maturity bonds. A 2% interest-rate increase would be manageable in a high-growth environment, but Japan’s growth prospects will most likely decline as long-term real interest rates continue to rise.

Japan’s enormous government debt almost certainly constrains policymakers’ options for managing long-term growth. Still, given the government’s taxation powers and the possibility of inflating away the debt, the problem should be manageable. The real question is whether there are hidden vulnerabilities in the financial sector that could be unearthed if inflation continues creeping up and Japan’s real interest rates increase to US levels. That has been the norm through most of the past three decades, even though Japan’s inflation expectations are currently much lower than in the US.

The good news is that after nearly three decades of ultra-low interest rates, Japanese expectations for near-zero inflation are well anchored, albeit likely to change if today’s inflationary pressures prove long-lasting. The bad news is that the persistence of these conditions could easily lure some investors into believing that rates will never go up, or at least not by much. This means that bets on interest rates remaining relatively low might become rampant in Japan, as they previously had in the UK. In this scenario, further monetary tightening could blow things up, creating instability and adding to the government’s budget problems.

Italy is another example of latent risk. In many ways, ultra-low interest rates have been the glue holding the eurozone together. Open-ended guarantees for Italian debt, in line with former European Central Bank President Mario Draghi’s 2012 promise to do “whatever it takes,” were cheap when Germany could borrow at zero or negative rates. But this year’s rapid interest-rate hikes have changed that calculus. Today, Germany’s economy looks more like it did in the early 2000s, when some called it “the sick man of Europe.” And while Europe is comparatively new to ultra-low rates, one has to be concerned that a sustained wave of monetary tightening could, as with Japan, reveal enormous pockets of vulnerability.

If there is a global recession without a financial crisis, there is a decent chance that the coming economic downturn will be milder than expected. In an environment of negative growth, high inflation, and rising real interest rates, that would be a very fortunate outcome.

 

L’incombente contagio finanziario,

di Kenneth Rogoff

 

CAMBRIDGE – Il fatto che in mondo non abbia conosciuto nel 2022 una crisi finanziaria sistemica è un piccolo miracolo, considerata l’impennata nell’inflazione e nei tassi di interesse, per non parlare del massiccio incremento dei rischi geopolitici. Ma con il debito pubblico e privato salito a livelli record durante l’epoca ora passata dei tassi di interesse bassissimi, e i rischi alti di recessione, il sistema finanziario globale è di fronte ad una enorme prova da stress. Una crisi in una economia avanzata – ad esempio nel Giappone o in Italia – sarebbe difficile da contenere.

È vero, una regolamentazione più rigida ha ridotto i rischi dei settori bancari essenziali, ma ciò ha soltanto portato a spostare i rischi altrove nel sistema finanziario. I crescenti tassi di interesse, ad esempio, hanno collocato una grande spinta sulle imprese del capitale privato che si sono indebitate pesantemente per acquistare in blocco la proprietà. Adesso, con il settore immobiliare abitativo e commerciale sulla soglia di una brusca e prolungata caduta, alcune di quelle imprese molto probabilmente andranno in fallimento.

In quel caso, le banche principali che hanno finanziato gli acquisti dei capitali privati finirebbero in difficoltà. Ciò non è ancora avvenuto, in parte perché imprese leggermente regolamentate sono sotto minore pressione per registrare le loro contabilità sul mercato. Ma supponiamo che i tassi di interesse restino ostinatamente elevati anche durante una recessione (una chiara possibilità nel momento in cui usciamo dall’epoca dei tassi bassissimi). In quel caso, una generalizzata insolvenza nei pagamenti potrebbe rendere difficile mantenere le apparenze.

Le recenti disavventure finanziarie del Regno Unito hanno dimostrato il genere di imprevisti che saltano fuori con l’aumento dei tassi di interesse globali. Sebbene la Primo Ministro Liz Truss si sia presa tutta la responsabilità del quasi crollo del mercato obbligazionario e del sistema pensionistico del suo paese, si è scoperto che il principale colpevole erano i gestori dei fondi pensionistici che in sostanza avevano scommesso che  i tassi di interesse a lungo termine non sarebbero aumentati troppo rapidamente.

Il Giappone, dove la banca centrale ha mantenuto i tassi di interesse a zero o negativi per decenni, potrebbe essere il paese più acutamente vulnerabile al mondo. In aggiunta ai tassi ultra bassi, la Banca del Giappone (BOJ)  si è anche impegnata nel controllo della curva dei rendimenti, fissando un tetto circa a zero per le obbligazioni quinquennali e decennali. Considerato l’aumento nei tassi di interesse reali in tutto il mondo, la brusca svalutazione dello yen e le alte spinte inflazionistiche, il Giappone può finalmente venir fuori dalla sua epoca in prossimità dello zero.

Tassi di interesse più elevati metterebbero immediatamente pressione sul Governo giapponese, con il debito del paese che ammonta al 260% del PIL. Se si dovessero integrare gli equilibri patrimoniali della BOJ, grosso modo la metà del debito del Governo acquistato dal settore privato consiste di fatto in obbligazioni a breve scadenza. Un aumento del 2% del tasso di interesse sarebbe gestibile in un contesto di elevata crescita, ma le prospettive di crescita del Giappone più probabilmente caleranno mentre i tassi di interesse reali a lungo termine continueranno a crescere.

L’enorme debito pubblico del Giappone quasi certamente condiziona le opzioni delle autorità nel gestire la crescita a lungo termine. Tuttavia, dati i poteri di tassazione del Governo e la possibilità di ridurre il debito ricorrendo all’inflazione, il problema dovrebbe essere gestibile. La vera domanda è se ci sono vulnerabilità nascoste nel settore finanziario che potrebbero esser dissotterrate se l’inflazione continua ad aumentare e i tassi di interesse reali del Giappone crescono a livelli statunitensi. Nella maggior parte dei tre decenni passati quella è stata la norma, anche se le aspettative di inflazione del Giappone sono attualmente molto più basse che negli Stati Uniti.

La buona notizia è che dopo circa tre decenni di tassi di interesse ultra bassi, le aspettative giapponesi per una inflazione prossima allo zero sono ben ancorate, per quanto è probabile che cambino se le spinte inflazionistiche odierne si mostrassero di lunga durata. La cattiva notizia è che la persistenza di queste condizioni potrebbe facilmente indurre gli investitori a credere che i tassi non saliranno mai, o almeno non di molto. Questo comporta che in Giappone le scommesse su tassi di interesse che restano relativamente bassi,   potrebbero divenire incontrollate, come è accaduto in precedenza nel Regno Unito. In questo scenario, l’ulteriore restrizione monetaria potrebbe far esplodere la situazione, creando instabilità e aggiungendosi ai problemi di bilancio del Governo.

L’Italia è un altro esempio di rischio latente. In molti modi, i tassi di interesse ultra bassi sono stati il collante che ha tenuto assieme l’eurozona. Garanzie indefinite per il debito italiano, in linea con la promessa di fare “tutto quello che serve” del passato Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi nel 2012, erano convenienti quando la Germania poteva indebitarsi a tassi pari a zero o negativi. Ma i rapidi rialzi del tasso di interesse di quest’anno hanno modificato questo calcolo. Oggi, l’economia tedesca appare più simile a quello che era agli inizi del 2000, quando qualcuno la definiva il “malato d’Europa”. E mentre l’Europa è relativamente nuova a tassi di interesse ultra bassi, si deve essere preoccupati che un’ondata perdurante di restrizione monetaria potrebbe, come nel caso del Giappone, rivelare enormi sacche di vulnerabilità.

Se ci fosse una recessione globale senza una crisi finanziaria, ci sarebbe una discreta possibilità che il prossimo declino economico sia più leggero di quanto ci si attende. In un contesto di crescita negativa, di alta inflazione  e di crescenti tassi di interesse reali, quello sarebbe un risultato molto fortunato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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