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Tre miti e mezzo sui salvataggi delle banche, di Paul Krugman (New York Times, 16 marzo 2023)

 

March 16, 2023

Three and a Half Myths About the Bank Bailouts

By Paul Krugman

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Last weekend, U.S. policymakers went all in on bailing out two medium-size banks: Silicon Valley Bank and Signature Bank.

And yes, they were bailouts. I wish the Biden administration weren’t trying to claim otherwise. Yes, stockholders were cleaned out. But legally, deposits are insured only up to $250,000; by choosing to make all depositors whole, the feds have done holders of big accounts a major favor.

It’s true that losses, if any — it’s not clear whether either bank was insolvent, as opposed to simply lacking the ready cash to handle a bank run — won’t be made up with higher conventional taxes; the money is coming from the Federal Deposit Insurance Corporation, which will recover funds, if necessary, by imposing higher fees on banks. But these fees will be passed on to the public, so taxpayers are de facto on the hook.

But was it a bad decision? I’ve heard four basic kinds of criticism. One is ridiculous. Two are dubious. But the last one has me a bit worried, although I think it’s probably wrong.

Let’s start with the silly stuff. On the right side of the political spectrum, many have quickly rallied around the claim that S.V.B. failed because it was excessively woke — which is only marginally less ludicrous than claiming that wokeness somehow causes train derailments.

For what it’s worth, no, S.V.B. didn’t stand out from other banks in its concern for diversity, the environment and so on. And banks have been going bust for centuries, since long before H.R. departments began including boilerplate language about social responsibility in their mission statements. So the talk about wokeness tells us nothing about bank failures — but a lot about the intellectual and moral bankruptcy of the modern American right.

On to more serious criticism. There is a reasonable argument, one that I largely agree with, to the effect that the failure of S.V.B. didn’t pose a systemic threat in the way that the failures of financial institutions beginning with Lehman Brothers did in 2008. So why rescue the depositors?

Well, one answer is that, like it or not, Silicon Valley Bank had come to play a key role in what you might call the financial ecosystem of the technology sector. Notably, if depositors had lost access to their money, even temporarily, this would apparently have left many technology companies unable to meet their payrolls and pay their bills — which might have done lasting damage. True, killing the crypto industry would be a public service, but there’s also a lot of good stuff that might get hurt.

In this sense the bailout of S.V.B. was something like the bailout of General Motors and Chrysler in 2009, which was also justified on the grounds that it would preserve a crucial piece of the economic ecosystem. And although the auto bailout was harshly criticized at the time, in retrospect it looks like the right call, even though it ended up costing taxpayers billions.

A third criticism is the claim that the feds have now established the principle that all deposits are effectively insured without imposing correspondingly tighter regulation on what banks do with those deposits — creating an incentive for irresponsible risk taking. But policymakers explicitly didn’t guarantee all deposits everywhere, and at least so far, we’re seeing an outflow of funds from smaller banks to more tightly regulated large banks. You may not like this — whatever else you may say about big financial institutions, they aren’t lovable. But on balance we seem to be seeing the financial system move toward reduced, not increased, risk taking.

Which brings me to the criticism I take seriously, although I think it’s probably wrong: claims that the bank failures will undermine efforts to control inflation.

It’s true that the bank blowups have caused investors to rethink the future course of Federal Reserve policy: a rate hike at the next Fed meeting, which seemed to be a done deal, now looks uncertain, with markets now pricing in the possibility of a rate cut and two-year interest rates (a good indicator of expected Fed policy over the near future) plunging. And some sensible people I talk to are now warning about financial dominance, in which the Fed puts a higher priority on protecting Wall Street than on stabilizing inflation.

But given the way the banking system is reacting to the S.V.B. affair, there are actually good reasons for the Fed to limit rate hikes, at least for a while. The Fed has been trying to cool off the economy; well, banks’ increased sensitivity to risk and the shift of deposits to more tightly regulated banks will probably cool the economy even if the Fed doesn’t raise rates. Some financial newsletters are even predicting a recession. And market expectations of inflation have, if anything, declined.

The fallout from banking problems has made a murky economic situation even murkier, and it will be a while — maybe forever — before we know whether policymakers made the right call. But I’m hearing a lot of apocalyptic rhetoric right now, none of which seems justified by the available facts.

 

Tre miti e mezzo sui salvataggi delle banche,

di Paul Krugman

 

La scorsa settimana, le autorità statunitensi hanno fatto di tutto per salvare due banche di medie dimensioni: la Silcon Valley Bank e la Signature Bank.

E diciamolo chiaramente, erano salvataggi. Mi avrebbe fatto piacere se l’Amministrazione Biden non avesse cercato di sostenere un’altra cosa. Sì, gli azionisti sono stati ripuliti. Ma legalmente, i depositi erano assicurati solo sino a 250 mila dollari; scegliendo di intervenire su tutti, i federali hanno fatto un importante favore ai possessori di grandi somme.

È vero che le perdite, se ce ne è stata qualcuna – non è chiaro se entrambe le banche fossero insolventi, o se semplicemente mancassero di contante disponibile per gestire un assalto agli sportelli –  non saranno compensate con più alte tasse convenzionali; i soldi sono in arrivo dalla Società di Assicurazione del Deposito Federale, che li recupererà, se necessario, imponendo costi più elevati sulle banche. Ma questi costi saranno trasferiti al pubblico, cosicché i contribuenti saranno di fatto coinvolti.

Ma è stata una decisione negativa? Ho sentito quattro fondamentali tipi di critiche. Una è ridicola. Due sono dubbie. Ma l’ultima mi ha un po’ preoccupato, per quanto pensi che sia probabilmente sbagliata.

Cominciamo con le stupidaggini. Sul lato destro dello schieramento politico, in molti si sono rapidamente radunati attorno alla pretesa che la SVB fosse fallita perché era eccessivamente ‘radicale’ – la qual cosa è appena meno comica che sostenere che il radicalismo in qualche modo provochi il deragliamento dei treni [1].

Per quel che vale, no, la Silicon Valley Bank non si distingue da altre banche per la sua preoccupazione per le diversità, per l’ambiente, e così via. E le banche sono andate in fallimento da secoli, molto tempo prima che i dipartimenti sulle ‘risorse umane’ cominciassero a includere un linguaggio con formule di rito sulla responsabilità sociale nelle loro dichiarazioni di intenti. Dunque, parlare di ‘radicalismo’ non ci dice niente sui fallimenti delle banche – ci dice invece molto della bancarotta intellettuale e morale della moderna destra americana.

A proposito delle critiche più serie. C’è un argomento ragionevole, con il quale in buona parte io concordo, secondo il quale il fallimento della SVB non ha costituito una minaccia sistemica nel senso dei fallimenti degli istituti finanziari, a partire da quello che interessò la Lehman Brothers nel 2008. Dunque, perché salvare i depositanti?

Ebbene, la risposta, che piaccia o no, è che la Silicon Valley Bank era arrivata a giocare un ruolo principale in quello che si potrebbe definire l’ecosistema finanziario del settore tecnologico.  In particolare, se i depositanti avessero perso l’accesso ai loro soldi, anche temporaneamente, questo avrebbe in apparenza lasciato molte società tecnologiche nell’impossibilità di soddisfare il proprio personale e di pagare i propri conti – il che avrebbe potuto provocare un danno duraturo. È vero, liquidare il settore delle criptovalute sarebbe stato un servizio pubblico, ma c’è anche una quantità di roba buona che poteva essere danneggiata.

In questo senso il salvataggio della SVB è stato qualcosa di simile al salvataggio della General Motors e della Chrysler nel 2009, che venne anch’esso giustificato sulla base dell’argomento che avrebbe preservato un pezzo cruciale dell’ecosistema economico. E sebbene il salvataggio del settore delle automobili venne aspramente criticato a quel tempo, retrospettivamente sembra sia stata una scelta giusta, anche se finì col costare miliardi ai contribuenti.

Una terza critica consiste nell’argomento che i federali hanno adesso sancito il principio che tutti i depositi sono effettivamente assicurati senza imporre in corrispondenza regolamentazioni più severe su ciò che le banche fanno con i loro depositi creando un incentivo ad una assunzione di rischi irresponsabile. Ma le autorità non hanno esplicitamente garantito tutti i depositi dappertutto e, almeno sinora, stiamo assistendo ad un flusso in uscita di finanziamenti dalle banche più piccole alle grandi banche più strettamente regolamentate. Questo può non piacere – qualsiasi altra cosa si possa dire dei grandi istituti finanziari, di certo non sono amabili. Ma nel complesso, pare che si stia assistendo ad un sistema finanziario che si sposta verso una minore assunzione di rischi, non verso una assunzione maggiore.

Il che mi porta alla critica che io prendo sul serio, sebbene pensi che sia probabilmente sbagliata: gli argomenti secondo i quali i fallimenti delle banche indeboliranno gli sforzi per ridurre l’inflazione.

È vero che i collassi bancari hanno spinto gli investitori a ripensare agli indirizzi futuri della politica della Federal Reserve: un rialzo del tasso al prossimo incontro della Fed, che sembrava essere una cosa fatta, adesso sembra incerto, con i mercati che adesso mettono nel conto la possibilità di un taglio del tasso e di un crollo dei tassi di interessi biennali (un buon indicatore della politica attesa dalla Fed per il futuro prossimo). E alcune persone sensate con le quali discuto stanno adesso mettendo in guardia su un dominio della finanza, per il quale la Fed attribuisca una priorità più elevata alla protezione di Wall Street che non alla stabilizzazione dell’inflazione.

Ma, considerato il modo in cui il sistema bancario sta reagendo alla faccenda della SVB, ci sono effettivamente buone ragioni perché la Fed limiti i rialzi del tassi, almeno per un po’. La Fed ha cercato di raffreddare l’economia; ebbene, l’accresciuta sensibilità al rischi delle banche e lo spostamento dei depositi verso banche più regolamentate probabilmente raffredderanno l’economia, anche se la Fed non alza i tassi. Alcune newsletter finanziarie stanno persino prevedendo una recessione. E le aspettative di mercato sull’inflazione, semmai, sono calate.

La ricaduta dei problemi bancari ha reso una situazione economica nebulosa ancora più torbida, e ci vorrà un po’ prima di capire se le autorità hanno fatto la scelta giusta – ammesso che mai avvenga. Ma in questo momento sto ascoltando un bel po’ di retorica apocalittica, che non sembra giustificata dai fatti disponibili.

 

 

 

 

 

[1] Il fenomeno “woke” – letteralmente “sveglio”, ovvero stare in guardia contro le ingiustizie sociali e razziali, una espressione agli inizi impiegata nell’inglese afro americano come sinonimo di “awake” – non è precisamente traducibile in italiano (anche perché è nato per indicare una condizione di sensibilità alle tematiche sociali e razziali, ma adesso viene utilizzato a destra quasi nel senso del ‘politicamente corretto’ della cultura della sinistra). Mi pare che tradurlo con “radicale” e “radicalismo” sia una approssimazione abbastanza accettabile. Quanto al rapporto con il deragliamento dei treni, effettivamente si è sentito anche qualcosa del genere in occasione del recente dibattito sull’incidente di East Palestine, un villaggio nello Stato dell’Ohio.

 

 

 

 

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