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Mettere la tassazione internazionale in capo alle Nazioni Unite, di Jayati Ghosh, José Antonio Ocampo e Joseph E. Stiglitz (da Project Syndicate, 21 novembre 2023)

 

Nov 21, 2023

Put the UN in Charge of International Taxation

JAYATI GHOSHJOSÉ ANTONIO OCAMPO, and JOSEPH E. STIGLITZ

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NEW YORK – This week will witness either a historic achievement in creating a more equitable global economy or a terrible failure. A vote at the United Nations will decide whether the future of global decision-making on taxation will emerge from the negotiation of a genuinely inclusive framework convention, or if a group of rich countries will successfully insist on maintaining the current ineffective and exclusionary arrangements.

The importance of Wednesday’s vote reflects the urgency of addressing the unfairness and inefficiency of the current system of corporate and wealth taxation. It is also a clarion call for the world to use multilateral principles to reach multilateral solutions. Success would demonstrate that the world can forge a different and better multilateralism – truly inclusive but also able to deliver fundamental reforms.

Almost a decade of multilateral negotiations on a global tax treaty at the OECD has yielded insufficient progress. The process has generated innovative ideas and a technical foundation on which to build a global tax system, but the type of solutions that the world needs remain far off. Independent research shows that the proposed treaty’s two “pillars” would generate far less than the OECD had projected.

Disappointed that the intense OECD process has yielded so little, several African countries launched an initiative to shift the issue to the UN. The African Group’s proposal quickly gained impressive support from the G77 coalition of developing countries, which has been demanding a fair say in setting global tax rules for more than two decades.

The question to be decided this week is what rich economies like the United States and the European Union will do. If they oppose a binding UN framework convention (as they have signaled they will do), they will be sending a message that they prefer the current ineffective and unfair arrangements to the possibility of reforms that would benefit their own people by stemming the revenue losses their governments currently suffer.

It would be a mistake to think of a UN convention on tax cooperation in terms of antagonisms between international institutions. The African Group proposal, and the major support it has elicited from the G77, demonstrates that many developing countries want to improve the multilateral system without leaving anyone behind. Blocking the resolution on “Promotion of Inclusive and Effective Tax Cooperation at the United Nations” would send a dangerous signal that those who most loudly tout the benefits of a rules-based international order don’t actually believe in one.

We, the members of the Independent Commission for the Reform of International Corporate Taxation (ICRICT) believe that opposition to moving forward with negotiations for a specific convention at the UN would have dire consequences for the entire international system.

It is politically unwise to dismiss such broad support for global tax negotiations. And it is simply short-sighted to squander this opportunity to curb the revenue losses that all countries (including rich countries) and their people suffer due to untamed tax abuse.

The US and EU should reconsider their stance, and back the African Group’s resolution.

 

This open letter is co-signed by the following ICRICT commissioners: Edmund Valpy Fitzgerald, professor emeritus of international development finance at St Antony’s College at the University of Oxford; Martín Guzmán, former minister of economy of Argentina; Kim Jacinto-Henares, former commissioner of the Bureau of Internal Revenue of the Philippines; Eva Joly, former member of the European Parliament; Ricardo Martner, former chief of the Fiscal Affairs Unit of CEPAL/ECLAC; Léonce Ndikumana, professor of economics and director of the African Development Policy Program at the Political Economy Research Institute at the University of Massachusetts Amherst; Irene Ovonji-Odida, former MP of the East African Legislative Assembly; Thomas Piketty, professor of economics at the Paris School of Economics and co-director of the World Inequality Database; Magdalena Sepúlveda, executive director of the Global Initiative for Economic, Social, and Cultural Rights; Wayne Swan, president of the Australia Labor Party and a former deputy prime minister of Australia; and Gabriel Zucman, professor of economics at the University of California, Berkeley and co-director of the EU Tax Observatory.

 

 

 

Mettere la tassazione internazionale in capo alle Nazioni Unite,

di Jayati Ghosh, José Antonio Ocampo e Joseph E. Stiglitz

 

NEW YORK – Questa settimana assisteremo o ad un risultato storico nel creare una più equa economia globale, o a un terribile fallimento. Un voto alle Nazioni Unite deciderà se il futuro del potere decisionale sulla tassazione emergerà da una negoziazione di un modello di convenzione autenticamente inclusivo, oppure se un gruppo di paesi ricchi insisterà con successo nel mantenere gli attuali assetti inefficaci ed esclusivistici.

L’importanza del voto di mercoledì nasce dall’urgenza di affrontare l’ingiustizia e l’inefficienza dell’attuale sistema di tassazione delle società e delle ricchezze. È anche uno squillante appello per il mondo ad usare principi multilaterali per raggiungere soluzioni multilaterali. Il successo dimostrerebbe che il mondo può dar vita ad un multilateralismo diverso e migliore –  effettivamente inclusivo ma anche capace di dare alla luce riforme fondamentali.

Quasi un decennio di negoziati multilaterali su un trattato fiscale globale presso l’OCSE hanno prodotto un progresso insufficiente. Il processo ha generato idee innovative e un fondamento tecnico sul quale costruire un sistema fiscale globale, ma il genere di soluzioni di cui il mondo ha bisogno resta lontano. Una ricerca indipendente mostra che i proposti due “pilastri” del trattato genererebbero molto meno di quanto l’OCSE aveva previsto.

Delusi dal fatto che l’intensa procedura dell’OCSE abbia prodotto così poco, diversi paesi africani hanno lanciato un’iniziativa per spostare la tematica presso le Nazioni Unite. La proposta del Gruppo Africano ha rapidamente guadagnato lì impressionante sostegno della coalizione del G77 [1] dei paesi in via di sviluppo, che per più di due decenni è venuto rivendicando una equa voce in capitolo nello stabilire regole fiscali globali.

La questione che deve essere decisa questa settimana è che cosa faranno economie ricche come gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Se si opporranno ad un vincolante modello di convenzione della Nazioni Unite (come hanno segnalato di voler fare), in sostanza spediranno un messaggio secondo il quale preferiscono gli attuali inefficaci ed ingiusti assetti alla possibilità di riforme dalle quali trarrebbero beneficio le loro stesse popolazioni  interrompendo la perdita di entrate che attualmente subiscono i loro Governi.

Sarebbe un errore pensare ad una convenzione delle Nazioni Unite sulla cooperazione fiscale in termini di antagonismi tra istituzioni internazionali. La proposta del Gruppo Africano, e l’importante sostegno che essa ha ottenuto dal G77, dimostra che molti paesi in via di sviluppo vogliono migliorare il sistema multilaterale senza lasciare indietro nessun paese. Bloccare la risoluzione sulla “Promozione di una cooperazione fiscale inclusiva ed efficace presso le Nazioni Unite” invierebbe un pericoloso segnale per il quale coloro che con maggior clamore sostengono i benefici di un ordine internazionale basato sulle regole, in effetti non ci credono.

Noi, membri della Commissione indipendente per la riforma della tassazione internazionale delle grandi società (ICRICT) crediamo che opporsi al procedere con negoziati per una specifica convenzione presso le Nazioni Unite avrebbe terribili conseguenze per l’intero sistema internazionale.

È politicamente insensato rigettare un tale generale sostegno a negoziati per la tassazione globale. Ed è semplicemente miope sprecare questa opportunità di mettere a freno le perdite di entrate che tutti i paesi (compresi quelli ricchi) e le loro popolazioni patiscono a seguito di abusi fiscali incontrollati.

Gli Stati Uniti e l’Unione Europea debbono riconsiderare la loro posizione e aderire alla risoluzione del Gruppo Africano.

 

 

Questa lettera aperta è stata sottoscritta dai seguenti commissari dell’ICRICT: Edmund Valpy Fitzgerald, professore emerito di finanza internazionale dello sviluppo presso il St Antony College dell’Università di Oxford; Martin Guzmàn, passato Ministro dell’economia dell’Argentina; Kim Jacinto-Henares, passato commissario dell’Ufficio delle Entrate Interne delle Filippine; Eva Joly, passata componente del Parlamento Europeo; Ricardo Martner, passato capo dell’Unità per gli affari fiscali del CEPAL/ECLAC; Léonce Ndikumana, professore di economia e direttore del Programma Africano di Politica dello Sviluppo presso l’Istituto di ricerca di Politica Economica dell’Università Amherst del Massachusetts; Irene Ovonji-Odida, passata parlamentare della Assemblea Legislativa dell’Africa Orientale; Thomas Piketty, professore di economia alla Scuola di Economia d Parigi e codirettore del World Inequality Database; Magdalena Sepùlveda. Direttrice esecutiva di Global Initiative for Economic, Social and Cultural Rights; Wayne Swan, Presidente del Labor Party dell’Australia e Gabriel Zucman, professore di economia all’Università di Berkeley, California e condirettore dell’Osservatorio Fiscale dell’Unione Europea.

 

 

 

 

 

 

[1] Il Gruppo dei 77 o G77 è un’organizzazione intergovernativa delle Nazioni Unite, formata da 134 paesi del mondo, principalmente in via di sviluppo. Il gruppo dei 77 nacque il 15 giugno 1964, dai 77 paesi in via di sviluppo firmatari della “Dichiarazione unitaria dei 77 stati”, sottoscritta alla prima sessione della Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo e il Commercio (UNCTAD) svoltasi a Ginevra. Il primo incontro si tenne ad Algeri dal 10 al 25 ottobre 1967 e gli stati membri approvarono l’adozione della “Carta di Algeri”, una struttura istituzionale permanente che si sviluppò gradualmente, con l’obiettivo di creare le Sezioni del Gruppo dei 77, tramite gli uffici di collaborazione presenti a Ginevra (UNCTAD), Nairobi (UNEP), Parigi (UNESCO), Roma (FAO), Vienna (UNIDO), Washington D.C. (Gruppo dei 24). Attualmente gli Stati membri sono 134.

Nel 2011 gli Stati Membri delle Nazioni Unite erano 193, dunque i componenti del G77 corrispondoni a più del 90 per cento degli Stati del pianeta.

La Cina non si considera membro dell’organizzazione, nonostante lo sia e la finanzi attivamente dal 1994 (il gruppo si fa chiamare quindi nei comunicati ufficiali G77+China).

 

 

 

 

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