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Il Pakistan e l’Iran sono sull’orlo di una guerra? Di Shahid Javed Burki (da Project Syndicate, 6 febbraio 2024)

 

Feb 6, 2024

Are Pakistan and Iran on the Brink of War?

SHAHID JAVED BURKI

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ISLAMABAD – Is the broader Middle East conflict drawing Pakistan in? The answer hinges on Iran. Not only are its proxies in Gaza, Lebanon, and Yemen keeping regional hostilities at a boil, but it also backs militant groups that have attacked positions in Syria, Iraq, and Pakistan – three countries that are generally friendly toward it (to varying degrees). Recent missile and drone strikes by Iran, a would-be nuclear power, on nuclear-armed Pakistan’s territory are particularly worrying.

Iran’s attacks on Syria, Iraq, and Pakistan are responses to hostile activities that it believes originated within those countries. Iranian strikes in Syria, for example, followed suicide bombings that killed nearly 100 people in the Iranian city of Kerman. In a sense, these episodes were nothing new. Iran and its proxies have been battling the Islamic State (ISIS) for years. Syrian President Bashar al-Assad himself has relied heavily on Iran in fighting ISIS (he also ultimately benefited immensely from US, Israeli, and Turkish offensives against the group).

By contrast, a recent Iranian attack on the Iraqi city of Erbil, the capital of Kurdistan, was intended to punish Israel. As General Amir Ali Hajizadeh of Iran’s Islamic Revolutionary Guard Corps (IRGC) Aerospace Force told Iranian state TV on January 16, Israel’s covert attacks on Iran’s nuclear facilities and assassinations of its nuclear scientists have been planned from a facility in Erbil. “We had to confront this and retaliate in the name of the blood of our martyrs,” he explained.

Similarly, according to Iranian Foreign Minister Hossein Amir-Abdollahian, the strikes on Pakistan’s restive Balochistan province the same day were directed at a training camp for a Sunni extremist group. The Iranians claim the group, Jaish al-Adl, specializes in attacking positions along Iran’s border with Pakistan, and it recently struck a police station in southeastern Iran, killing 11 officers.

Established in 2012, Jaish al-Adl emerged from the remnants of Jundallah, a Sunni militant organization whose strength waned after Iran captured and executed its leader, Abdolmalek Rigi, in 2010. In 2021, the IRGC carried out a cross-border operation to rescue two Iranian soldiers who were being held hostage by the group.

Following the Iranian strike last month, Ahmed Quraishi, a Middle East analyst based in Islamabad, warned that “the Pakistanis [cannot] afford to let this incident pass without a response. But retaliation, whenever it happens, will be swift and will maintain an element of surprise.” That is indeed what happened: On January 18, Pakistan launched air strikes against militant groups in Iran, killing nine people.

Iran and Pakistan have accused each other for years of sheltering militants along their shared 559-mile border. Pakistan has long believed that Iran is supporting separatist groups in Balochistan, and in 2017, it shot down an Iranian drone over the province. But the latest exchange of fire will add to Pakistan’s nervousness. Clearly, Iran believes it can strike its enemies at will. “We are a missile power,” Iranian Defense Minister Mohammad Reza Ashtiani recently told state media. “Where they want to threaten the Islamic Republic of Iran, we will react, and the reaction will definitely be proportionate, tough, and decisive.”

Hence, one goal of Iran’s recent missile strikes is to call attention to its rapidly developing, increasingly sophisticated weapons program. Unveiled only in 2022, the “Kheibar Shekan” used last month is a solid-propellant precision-guided missile with a range of 1,450 kilometers (900 miles), long enough to reach Israel.

Iran has come a long way since it first amassed an arsenal of crude Scud missiles acquired from Libya and North Korea in the 1980s. Today, it designs and manufactures its own missiles (both offensive and defensive), and these are central to its broader military and foreign policies. Having also developed its own missile and nuclear programs, Pakistan harbors no illusions about its neighbor’s growing military power.

Although the Pakistani and Iranian foreign ministers spoke by phone immediately after the Iranian strike, Pakistan nonetheless felt the need to retaliate. And although both sides said they had targeted separatist militant groups that pose cross-border threats, it is hard to believe their claims that the incident is not connected to the conflict between Israel and Hamas. With tensions rising and proxy forces being unleashed across the region, events are becoming ever more difficult to predict.

For now, though, both governments seem anxious to lower the temperature. Amir-Abdollahian has stressed that Iran “targeted only Iranian terrorists in Pakistan,” not Pakistani citizens; and the Pakistanis have justified their own strikes in much the same way. Both sides highlight that they have had friendly relations for decades, and that they intend to return to that status quo. But as long as proxy armies and forces are committed to raising tensions and exploiting the fog of war, no one can dismiss the risk of renewed violence between these two regional powers.

 

Il Pakistan e l’Iran sono sull’orlo di una guerra?

Di Shahid Javed Burki

 

ISLAMABAD – Il più generale conflitto in Medio Oriente sta attirando il Pakistan? La risposta dipende dall’Iran. Non sono solo coloro che agiscono per suo conto a Gaza, nel Libano e nello Yemen che stanno portando le ostilità regionali a un punto di rottura; l’Iran sostiene anche i gruppi militanti che hanno attaccato le posizioni in Siria, in Iraq e nel Pakistan – tre paesi che generalmente hanno rapporti amichevoli (di varia gradazione) con essa. Il recente missile e drone lanciati dall’Iran, una aspirante potenza nucleare, sul territorio del Pakistan dotato di armi nucleari sono particolarmente preoccupanti.

Gli attacchi dell’Iran alla Siria, all’Iraq e al Pakistan sono risposte alle attività ostili che essa crede siano originate all’interno di quei paesi. Gli attacchi iraniani in Siria, ad esempio, hanno fatto seguito agli attentati suicidi che hanno ucciso circa 100 persone nella città iraniana di Kerman. In un certo senso, questi episodi non erano affatto nuovi. L’Iran e il suoi alleati stanno combattendo da anni lo Stato Islamico (ISIS). Lo stesso Presidente siriano Bashar-al-Assad si è basato pesantemente sull’Iran nel combattere l’ISIS (egli ultimamente ha tratto immenso beneficio dalle offensive degli Stati Uniti, di Israele e della Turchia contro il gruppo).

All’opposto, un recente attacco iraniano sulla città irachena di Erbil, era concepito per punire Israele. Come ha riferito alla televisione di Stato iraniana  il Generale Amir Ali Hajizadeh della forza aerospaziale dei Corpi di Guardia Rivoluzionari Islamici (IRGC), gli attacchi coperti di Israele sulle strutture nucleari dell’Iran e gli assassinii dei suoi scienziati nucleari sono stati programmati da una struttura ad Erbil. “Noi dovevamo fare  conti con questo e vendicarci nel nome del sangue dei nostri martiri”, egli ha spiegato.

In modo simile, secondo il Ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian, gli attacchi dello stesso giorno sulla insofferente provincia Balochistan del Pakistan  erano diretti ad un campo di addestramento per un gruppo estremista sunnita. Gli iraniani sostengono che il gruppo, Jaish al-Adl, si specializza nell’attaccare posizioni lungo il confine dell’Iran col Pakistan, e di recente ha colpito una stazione di polizia nell’Iran sudorientale, uccidendo 11 ufficiali.

Fondato nel 2012, Jaish al-Adl è emerso dai resti di Jundallah, una organizzazione militante sunnita la cui forza era svanita dopo che l’Iran aveva catturato il suo capo, Abdolmalek Rigi, nel 2010. Nel 2021 gli IRGC, avevano effettuato una operazione oltre confine per salvare due soldati iraniani che erano tenuti n ostaggio dal gruppo.

A seguito dell’attacco iraniano del mese scorso, Ahmed Quairishi, un analista mediorientale con sede a  Islamabad, ha messo in guardia che “i pakistani [non possono] permettere che questo incidente passi senza una risposta. Ma la ritorsione, ovunque avverrà, sarà rapida e manterrà un elemento di sorpresa”. Il che è effettivamente ciò che è accaduto: il 18 gennaio, il Pakistan ha lanciato attacchi aerei contro gruppi militanti in Iran, uccidendo nove persone.

Iran e Pakistan si sono accusati l’uno con l’altro per anni di dare rifugio ai militanti lungo le 559 miglia del loro confine. Il Pakistan ha a lungo creduto che l’Iran stia sostenendo gruppi separatisti in Balochistan, e nel 2017 ha abbattuto un drone iraniano sulla provincia. Ma l’ultimo scambio di fuoco aumenterà il nervosismo del Pakistan. Chiaramente, l’Iran crede di poter colpire i suoi nemici a volontà. “Siamo una potenza missilistica”, ha di recente detto ai media statali il Ministro iraniano della Difesa Mohammad Reza Ashtiani. “Laddove essi vorranno minacciare la Repubblica Islamica dell’Iran, noi reagiremo e la reazione sarà certamente proporzionata, dura e risoluta”.

Dunque, un obbiettivo dei recenti attacchi missilistici dell’Iran è di richiamare l’attenzione sul suo programma di armamenti in rapido sviluppo e sempre più sofisticato. Rivelato soltanto nel 2022, lo “Kheibar Shekan” utilizzato il mese scorso è un missile a propellente solido guidato con precisione con un raggio di 1.450 chilometri (900 miglia), lungo abbastanza da raggiungere Israele.

L’Iran ha fatto una lunga strada da quando agli inizi ammassò un arsenale di primitivi missili Scud acquistati negli anni ‘980 dalla Libia e dalla Corea del Nord. Oggi, essa progetta e realizza i propri missili (sia offensivi che difensivi), e questi sono fondamentali nelle sue più ampie politiche militari ed estere. Avendo anch’esso sviluppato i suoi programmi missilistici e nucleari, il Pakistan non nutre alcuna illusione sulla crescente potenza militare dei suoi vicini.

Sebbene i Ministri degli Esteri pakistano e iraniano si siano parlati per telefono subito dopo l’attacco iraniano, ciononostante il Pakistan ha sentito il bisogno di una ritorsione. E sebbene entrambe le parti abbiano affermato che esse hanno preso di mira gruppi militanti separatisti che costituiscono minacce ai loro confini, è difficile credere alle loro affermazioni che l’incidente non sia connesso col conflitto tra Israele ed Hamas. Con le tensioni che crescono e le forze che agiscono su delega che vengono sguinzagliate nella regione, gli eventi stanno divenendo sempre più difficili da prevedere.

Ciononostante, per adesso entrambi i Governi sembrano ansiosi di abbassare la temperatura. Amir-Abdollahian ha insistito che l’Iran “ha preso di mira soltanto terroristi in Pakistan”, non cittadini pakistani; e i pakistani hanno giustificato i loro propri attacchi in buona parte nello stesso modo. Entrambi gli schieramenti mettono in evidenza di aver avuto relazioni amichevoli per decenni, e che intendono tornare a quello status quo. Ma finché eserciti e forze che agiscono per procura sono impegnate ad aumentare le tensioni e a sfruttare la nebbia della guerra, nessuno può sottovalutare i rischio di una rinnovata violenza tra queste due potenze regionali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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