Mentre la grande maggioranza dei repubblicani continua a credere che le elezioni presidenziali vinte da Biden siano state un furto, una maggioranza anche più grande di loro sostiene le proposte economiche del nuovo Presidente. Cioè: sono d'accordo con le politiche dell'usurpatore. E' possibile, ma è sicuramente strano. Una analisi delle possibili ragioni di questa "dissonanza cognitiva", che sembra destinata ad avere effetti sul futuro dell'America.
Il disastro texano - vaste interruzioni delle linee elettriche durante un periodo di grande gelo, che hanno provocato anche non pochi morti - è stato a suo modo istruttivo. La teoria era che agli eventi nei casi estremi ci avrebbe pensato il libero mercato. In quei casi l'elettricità sarebbe costata assai di più e le società avrebbero avuto interesse a predisporre sistemi solidi. Ma si tratta di una teoria che per funzionare dovrebbe essere messa in atto da tutti, mentre c'è stata concorrenza a risparmiare ed a sfruttare le economie di sistemi deboli. Peraltro, i pochi che erano pronti, hanno poi spedito bollette da migliaia di dollari. Persino il repubblicano Ted Cruz si è indignato.
Una ondata di gelo ha portato al collasso la rete elettrica del Texas, con persone che muoiono per la mancanza di riscaldamento nelle abitazioni. E i dirigenti repubblicani di quello Stato, con il sostegno dei media della destra, danno la colpa all'energia eolica. Che non c'entra praticamente niente, dato che i problemi sono derivati dal mancato condizionamento degli impianti e delle condutture alla stagione invernale, per avere energia più economica. Ovviamente, la bugia è rivenduta per compiacere il settore dei combustibili fossili. Ma essa è soprattutto all'insegna della politica della 'post-verità'. Visto che due terzi dei repubblicani credono alla fandonia secondo la quale l'assalto al Campidoglio del 6 gennaio è stato provocato dagli Antifa, si può ben sperare che credano anche alle colpe dell'eolico texano.
I repubblicani americani si oppongono anche - nell'ambito delle misure per le emergenza - agli aiuti alle famiglie con figli. L'argomento è il solito: aiutare le persone riduce la loro voglia di contare sulle proprie forze, ovvero di lavorare. A parte il fatto che è un argomento fasullo anche in altri casi, nel caso dei sussidi per i figli è insensato, visto che i crediti di imposta varrebbero per tutte le condizioni di reddito. Una famiglia con basso reddito non sarebbe scoraggiata a star meglio per il timore di perdere il sussidio, perché esso resterebbe. Il punto è che oggi esiste un sussidio, ma i redditi più bassi non ne hanno diritto. In sostanza, si vuole continuare a discriminare i redditi inferiori.
L'entità del programma di aiuti previsto dalla Amministrazione Biden riceve, nei sondaggi, il sostegno della stragrande maggioranza degli americani. Ci sono alcune ragioni di questo fenomeno imprevisto. Nonostante la profondità delle divisioni ideologiche tra i partiti, gli americani capiscono che aiutare che è stato colpito dalla pandemia nel lavoro e nel reddito è giusto. Poi non si entusiasmano più agli atteggiamenti di ostilità ai deficit dei repubblicani: troppe volte hanno constatato che le loro previsioni di disastri non sono arrivate, e troppe volte li hanno visti fare politiche opposte, come con i tagli delle tasse per i più ricchi. I repubblicani resteranno contrari, ma non saranno in sintonia con il paese e nemmeno con buona parte del loro elettorato. Che pare non sia inflessibile sui temi del rispetto delle regole democratiche, ma è assai più flessibile su tema della "pagnotta".
Ci sono novità sostanziali nel modo in cui i democratici americani intendono sia l'economia che la politica. Il programma per l'emergenza di Biden ha dimensioni ragguardevoli, non cade nell'errore che commise Obama quando cercò di attenuare il suo programma per uscire dalla Grande Recessione trovando un punto di intesa con i repubblicani. Si sono superati vari pregiudizi sull'economia, come l'ossessione per il debito. Si comprende che fare troppo poco sarebbe un rischio superiore ad un surriscaldamento dell'economia, per quanto improbabile. E in questo conta anche una mutata percezione politica che ha varie cause, non ultima la comprensione che una politica coraggiosa unisce gli americani, mentre le esitazioni dinanzi ad un Partito Repubblicano estremistico servirebbero solo ad aggravare la sua arroganza.
La vicenda delle azioni di GameStop - una catena americana di negozi di videogiochi di modesta entità - ha fatto molto clamore. Ma in pratica si tratta di una storia molto vecchia: un tentativo di speculare al ribasso su una azione da parte di fondi finanziari che è stato contrastato da un movimento imitativo sui social media, ed ha poi portato, nell'ultima settimana, ad un calo del valore azionario sino quasi ai livelli originari. Una vicenda nella quale, dunque, parecchi piccoli investitori ci hanno rimesso molto. Nel mezzo, vari politici americani che si dilettano di teorie della cospirazione, anche con qualche aderente progressista. Niente a che fare con i bisogni dei lavoratori americani, che non riguardano l'opportunità di scommesse sulle azioni, ma la rimessa in moto di salari stagnanti.
Una decina di congressisti repubblicani hanno presentato la controfferta del loro partito al piano di aiuti di Biden. In pratica, il taglio di due terzi degli aiuti, l'eliminazione della prosecuzione dei sussidi di disoccupazione, la loro scadenza a giugno (nonostante che a quella data i disoccupati saranno ancora moltissimi), il taglio degli aiuti agli Stati ed alle comunità locali, l'eliminazione degli aiuti per la povertà infantile. Il tutto con la pretesa dell'argomento della collaborazione interpartitica, da parte di un partito nel quale la maggioranza dei congressisti non ha ancora ammesso la vittoria di Biden. Una volta che li avrà ascoltati, Biden deve andare avanti per la sua strada.
Cosa è cambiato per i repubblicani a seguita della per loro apparentemente disastrosa vicenda dell'assalto al Congresso incitato da Trump? Dopo qualche incertezza, sembra che si siano di nuovo allineati su posizioni estremistiche. Questo è avvenuto su scala nazionale e, in particolare, ai livelli dei singoli Stati. Quello che non è chiaro è se questo è un piano inclinato che porterà ad un loro complessivo ridimensionamento, oppure se porterà ad un cambiamento della nazione. Perché se il circolo vizioso dei paradossi in genere comporta un crollo nelle posizioni di potere negli Stati (come è accaduto in California e sta accadendo nell'Oregon), non è affatto detto che lo stesso accada a livello nazionale, con meccanismi che consentono loro di vincere anche senza maggioranze. La partita si giocherà molto sui diritti di voto.
Uno dei primi test sulle condotte dei repubblicani al Senato americano sarà probabilmente una proposta di lege dei democratici per aumentare i sussidi alle famiglie con figli. L'America spende molto poco nella assistenza all'infanzia, circa un terzo di quanto spendono in media paesi simili. E aiutare i bambini a non vivere in condizioni di indigenza è una politica i cui effetti, economici e non solo morali, è una ovvietà. Ma è quasi certo che i repubblicani si opporranno ricorrendo al consueto armamentario degli argomenti conservatori.
Ci si può aspettare che gli sforzi di Biden verso una ragionevole unità nazionale abbiano effetto? Emergono due tipi psicologici tra i repubblicani: personaggi come Ted Cruz, che si affidano interamente ad una demagogia verso i peggiori istinti della sua base - quindi operano per approfondire il baratro - e personaggi come Mitt Romney, che ha avuto - quasi unico - il merito di prendere per tempo le distanze dal trumpismo, ma sembra incapace di comprendere la natura dei problemi odierni dell'America. Quindi non c'è molto da sperare. E' giusto che Biden ci provi, ma deve ricordarsi che soprattutto c'è bisogno di salvare l'America.
Il programma economico della ripresa di Biden contiene la proposta di un aumento a 15 dollari all'ora dei minimi salariali. I repubblicani l'hanno indicata come la proposta che, meglio di tutte le altre, spiega la loro opposizione. Sennonché il 70 per cento degli americani sono d'accordo, e sono anche d'accordo una maggioranza degli elettori repubblicani, oltre che la larga maggioranza degli economisti. Si tratta di una prima buona rappresentazione di quelli che saranno gli estremisti dei prossimi anni.
Le quattro regole dovrebbero essere: avere fiducia sulla efficacia di giuste politiche pubbliche; non avere ossessioni sul debito; non preoccuparsi dell'inflazione; non dipendere dall'aiuto dei repubblicani, che non ci sarà. Ovvero, mostrare di aver compreso le lezioni dell'ultimo decennio, dagli errori di Obama nella ricerca di soluzioni interpartitiche, al consenso ormai ampio tra gli economisti di politiche pubbliche coraggiose, alla ormai definitiva comprensione della deriva repubblicana dopo i fatti dell'assalto al Campidoglio.
Le radici lunghe dell'assalto al Campidoglio datano dagli anni '70, quando il Partito Repubblicano cominciò a vezzeggiare un estremismo di destra che nella società americana ha una storia profonda, che inizia col razzismo. Ma quell'estremismo c'era sempre stato. La novità è che a partire da Reagan esso è stato corteggiato da uno dei principali partiti americani. In un primo tempo semplicemente a sostegno di un programma a favore dei più ricchi, ovvero per un calcolo cinico. Poi - dal Tea Party a Trump - i 'vezzeggiati' hanno preso il controllo del Partito. E i dirigenti repubblicani si sono sottomessi.
Dunque Trump è un fascista. Ovvero è un politico autoritario che non esclude l'uso della violenza per raggiungere i suoi obbiettivi personali, nazionalistici e razzisti. Essere concilianti con fenomeni del genere non li ha mai scoraggiati; anzi, ha creato attorno ad essi un senso si impunità che li ha spinti a far peggio. Ma cosa significa "essere concilianti"? Significa precisamente considerarli come nuovi fenomeni fisiologici con i quali convivere. Ma nei prossimi mesi l'America potrà convivere con il ripetersi di rischi di quella natura? Krugman chiede una risposta più forte da parte dello Stato. Sembra meno attento al peso che potrebbe avere quella che noi chiameremmo mobilitazione democratica.